Prologo

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Edgard era lì, di fronte a me, con l'atteggiamento fiero di chi sa di essere superiore. I grattacieli troneggiavano tutt'intorno a noi, rendendo piazza Sun, più grande di Tian'an Men, quasi claustrofobica. Lo Stregone sembrava più basso, con un abito rosso fuoco e intarsi dorati abbinato ad un mantello in pelliccia. Sulla sua testa sfoggiava una corona dalle pietre incastonate fiammeggianti, che di fatto non simboleggiava nulla.

Pareva quasi proteggere sua moglie, nuova di zecca. Candace aveva un vestito viola leggero, le pieghe carezzavano dolcemente le caviglie, mosse dalla brezza.

Dalle strade si affacciavano i vari eserciti: Golem come rinforzi per Edgard, cittadini con i telefoni pronti a filmare lo scontro. Io non avevo un mio esercito personale, solo i miei amici e qualche suicida volontario che mi incitava.

Ero convinto Edgard fosse più alto di me, ma era solo un'apparenza: le sue spalle larghe facevano posto ad un tronco ben impostato e una pancetta che faceva capolino dalla veste cerimoniale. In quella piazza, tutto sembrava ridimensionato, io mi sentivo come un piccolo puntino in mezzo all'oceano.

Il mio avversario rise. Una risata potente, che fece tremare i vetri degli edifici più vicini a lui, ma allo stesso tempo fragile, per allietare il suo senso di superiorità e nascondere la sua insicurezza. Alzai un sopracciglio, senza ottenere l'effetto sperato. L'ilarità non abbandonò il viso di Edgard, ma si creò un'ombra che la coprì per una manciata di secondi.

«Perché ridi? Sai chi hai di fronte?» tuonai, sperando di incutere timore se non allo Stregone, almeno ai suoi alleati. Candace fece un paio di passi indietro, spaventata.

«Neppure te. Io sono Edgard il Magnifico» mi rispose, spalancando le braccia. Di magnifico aveva solo la giacca che conteneva la pancetta. «Ah, sai la nuova? Io e tua zia ci siamo sposati».

«Veramente? Non lo sapevo». Tutto questo sarcasmo non era adatto all'occasione.

«Perché non sei stupito? Chi te l'ha detto?» indagò lui, ingenuamente.

«Lo so da un pezzo, siete entrambi talmente ingenui...».

«Come osi?! Ti sfido in un duello all'ultimo sangue!» mi puntò l'indice contro, in preda all'agitazione.

«Con che coraggio, se neanche riesci a chiamarmi per nome» lo provocai. Stavo riuscendo nel mio obiettivo di innervosirlo.

«Cosa hai detto, scusa?» chiese, distratto e infastidito dal mio commento.

«Ti ho chiesto, chi sono io?».

«Tu...tu sei Matthew Harper» balbettò. Il mio nome era impronunciabile per alcuni soggetti, come lo Stregone che avevo di fronte. «L'ultimo erede al trono di Moonshine».

Applaudii, amplificando il mio gesto già teatrale di suo.

«Allora, accetti la mia sfida?» deglutì, torcendosi le mani.

«Quanto soffrirebbe mia zia a sapere che ti ho ucciso?» insinuai, cercando di dissuadere più Candace che suo marito.

«Tu non puoi uccidermi» sussurrò, più a sé che a me. Il vento portò via le sue parole, lontane dalle orecchie degli spettatori.

«Se sei convinto, accetto».

Mia zia Candace, intanto, stava battendo in ritirata. Non me lo potevo permettere, con i suoi precedenti lei non poteva passarla liscia. Evocai una lancia d'oro, luccicante sotto i raggi incerti del sole. La deviò, come previsto. Si scostò di lato, verso il centro della piazza, distraendosi quanto bastasse. Edgard non si mosse, sembrava avesse le radici in quel punto. In pochi secondi le fui dietro, sotto forma di serpente e tentai un primo attacco. Candace si girò, attratta dal sibilo sommesso che mi era scappato e urlò terrorizzata. La sua voce, squillante e acuta, rimbombò tra le pareti di vetro, come riflessa e fu seguita da un vociare concitato dei cittadini. Non avevano mai visto una trasformazione del genere.

Le avvolsi il collo tra le mie spire, intenzionato a soffocarla. Edgard recuperò un'arma dal suo esercito, che non entrò in piazza atterrito, e si avvicinò a grandi passi. Prima di lasciare mia zia al suo destino, le morsi la pelle morbida, in corrispondenza della giugulare. Il veleno scivolò via dai miei denti facilmente, come la pioggia su un ombrello. Cadde a terra, priva di sensi. Il veleno l'avrebbe uccisa a breve. Occhio per occhio, dente per dente.

Mi scagliai su Edgard con tutto la forza che avevo, non era un gioco da ragazzi saltare facendo perno su una coda viscida. Lo Stregone abbandonò l'arma e, come me, si trasformò in un serpente. Cominciammo una lotta scandita da morsi e code avvinghiate alla gola (o qualsiasi cosa sia quella tra la testa e il corpo). Edgard affondò i denti nel mio fianco, aprendomi uno squarcio abbastanza profondo da far schizzare fuori il sangue.

Ripresi controllo del mio corpo umano, un braccio a tamponare la ferita. Indietreggiai di qualche passo, quel che bastava per prendere aria. Il sangue mi pulsava forte contro le pareti del taglio, premendo sulle dita. Mi ricordò il graffio del licantropo sul petto, il dolore era intenso uguale. La mia vista si stava annebbiando e le mie gambe tremavano sotto al mio peso. Raccolsi le ultime energie e evocai un pugnale, passai la lama sul fianco impregnandola di sangue e veleno. Edgard non riusciva a tornare umano e, approfittando dei miei istanti di insicurezza, si rotolava gongolando sul lastricato. Anche lui era ferito, lasciava delle tracce di sangue scuro e lucido. Per colpirlo, avevo bisogno tornasse in sé. Mi piegai, cercando di placare la fuoriuscita di sangue e altri liquidi contro la coscia. Dovevo rimanere cosciente, per poco. Poi tutto sarebbe finito.

La pancia di Edgard fece capolino da sotto la pelle di serpente e quello che era una animale sinuoso divenne un umano grasso e rosso. La veste mascherava bene i rivoli rossi che scendevano dagli strappi, appiccicandosi sul tessuto. Presi un ultimo, profondo respiro, respingendo il veleno che ormai aveva raggiunto il mio cervello. Allungai il braccio, slanciandomi con tutto il corpo verso quel colosso rosso. Lui non si accorse della mia mossa, troppo avventata, e non si difese in maniera appropriata. Il pugnale si conficcò nel mezzo del suo petto con tutta la lama. Mi accasciai a terra, sentii dei passi veloci e leggeri raggiungermi e coprirmi il fianco.

Un urlo straziante e uno schianto fortissimo furono le ultime cose che percepii. Già con un piede nell'altro mondo, avvertii la mano della mia ragazza stringere la mia, con una collana dorata e sottile che scivolò al suolo. Le sue lacrime mi punteggiarono il volto provato, esprimendo tutto il dolore che provava.

Era tutto finito. Avevo sconfitto Edgard, sacrificandomi. Era andata esattamente come previsto.

Moonshine I ~ Lo Stregone di FuocoWhere stories live. Discover now