Un primo appuntamento alle due di notte (parte due)

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Lo sguardo di Luke si rivolge speranzoso nella mia direzione, con un cenno del capo gli faccio segno d'assenso, e il sorriso sulle sue labbra si ingigantisce, fino a raggiungere le orecchie. Una volta che richiude la porta della stanza per correre in salone, Pamela ruota con la sua sedia fino a guardarmi divertita. <<Sembra il tuo piccolo cagnolino.>>

<<Luke non è un cane>> ribatto, tornando a guardare il grosso libro pieno di immagini terrificanti sulla seconda guerra mondiale.

<<Nel senso che è adorabile, tenero e puccioso>> mi corregge. <<E farebbe di tutto per te. Come tu faresti di tutto per lui. È... bellissimo. È una cosa straordinaria, il legame che c'è fra voi due.>>

Mi stringo nelle spalle, non sono molto abituata a questo genere di commenti, preferisco non sbilanciarmi troppo, ho paura che noterebbe l'emozione nei miei occhi o il tremore nella mia voce se esitassi un solo istante. <<Lui è la mia famiglia>> sussurro soltanto, ed è la cosa più vera che possa mai aver pronunciato fino ad ora. Mi siedo sul materasso del letto e incrocio le gambe mentre fingo di continuare a leggere il libro. <<E' tutto quello che mi rimane.>>

Per un po', nessuna delle due parla, rimaniamo in silenzio a osservare il materiale raccolto fino ad ora. Delle risate e una voce profonda arrivano attutite dal salone, sicuramente Luke e Mr Polish, sforzarmi di non sorridere è un'impresa titanica. <<Parli facilmente di tua madre a Luke>> commenta alla fine Pamela, cliccando sul mouse del suo pc per stampare altri fogli.

<<Ah, sì>> una ciocca di capelli scivola sul mio volto fino a finirmi negli occhi, con un soffio la sposto via. <<Luke adora parlare di lei, e anche io, mi permette di ricordarla in ogni dettaglio. Ho paura che se smettessi di farlo dopo un po' non riuscirei più a riconoscerla nelle foto.>> Credo sia la prima volta in tutta la mia vita che mi confido in questo modo con una quasi sconosciuta, nella mia testa cerco di farla passare come una cosa razionale – non c'è nulla di male nelle mie parole, si tratta solo di un presentimento legittimo – ma il cuore ha paura, è spaventato. Mossa sbagliata, Porter, e ora ne pagherai le conseguenze.

Ma Pamela non ride, e con mio sommo sollievo non sembra colpita dal mio improvviso desiderio di confidenze, non credo lo abbia notato. I suoi occhi grigi sembrano esser persi in un mondo di sofferenze, in quella nebbia fitta che annida questo appartamento. <<Io non sono così coraggiosa>> commenta alla fine, con una risatina nervosa. <<Vado a prendere un po' di limonata, aspettami qui.>>

Non prova minimamente a camuffare la fuga, non che ce ne sia bisogno, non sono così crudele da costringerla a parlarmi di un argomento su cui non vuole nemmeno pensarci a lungo. Sospiro, torno a guardare il libro che ho smesso di comprendere dalla seconda pagina e mi gratto la nuca, ancora leggermente scossa.

Giusto per mostrare una parvenza di impegno in questa ricerca, mi affretto a evidenziare alcune frasi a casaccio sulla pagina aperta, per scoprire, con mio grosso rammarico, di aver sfruttato questo trucco già in precedenza e aver così portato all'essiccamento del pennarello.

<<Maledetto>> digrigno a denti stretti. Scivolo dal letto e guardo sulla scrivania, non mi sembra di vedere altri evidenziatori in giro, forse stanno in uno dei cassetti. Il primo, no. Solo assorbenti interni. Secondo, oh, devo chiederle di prestarmi questo fumetto. Terzo cassetto, nah, un po' di nastro adesivo, dei pacchetti di sigarette che dovrebbero renderla trasgressiva e una foto.

Un momento.

La mano si blocca prima che possa richiudere il cassetto, e le dita si fiondano sull'oggetto che ha attirato la mia attenzione prima che possa impedirlo. Riconosco i bambini in questa foto. Li riconoscerei anche da un chilometro di distanza, nonostante all'epoca sembrassero degli angioletti e non avessero le facce da "siamo ricchi, siamo belli, siamo potenti, insomma, perfetti!".

I fratelli King.

Tutti e tre, e dovevano avere poco più di dieci anni a giudicare la mancanza di tette da parte di Sophia. Non riesco a credere che Pamela abbia una loro foto. Che lei stessa sia nella foto. Quella bambina è decisamente lei e sta abbracciando Sophia come Luke abbraccerebbe un pinguino.

Erano amici, amici d'infanzia, ora molte cose mi tornano chiare, mentre altre diventano più confuse.

Sembrano così felici, qua dentro, Pamela ha un sorriso a trentadue denti che le illumina tutto il volto, è completamente diversa dalla ragazza che conosco io ora, è come se stessi guardando la foto di una sconosciuta. I suoi occhi sono liberi dai demoni che la tormentano, proprio come quelli di tutti i fratelli King.

Con l'unica mano libera sta stringendo la mano a Bill, alla sua sinistra. Sono felice di constatare che all'epoca non si fosse già trasformato in Ridarella. Il suo sorriso è smorzato, non è ancora diventato quello beota di adesso, e i suoi occhi sono puntati unicamente alla mia amica, in uno sguardo carico di emozioni che vale più di mille parole. Molto interessante.

All'angolino, invece, si trova Aaron, già all'epoca totalmente inespressivo, il suo sguardo da uomo fiero e coraggioso mi fa ridacchiare, come sospettavo è nato con quella faccia di bronzo. Fissa l'obbiettivo della fotocamera con un orgoglio a dir poco inquietante per un bambino e sembra il più serio di tutto il gruppo.

Il paesaggio dietro di loro è poco familiare, riesco a scorgere quello che sembra un giardino e le figure distanti e sfocate di altre persone sullo sfondo. I veri protagonisti sono in primo piano, tutti e cinque vestiti in modo principesco. Tutti sembrano felici. Tutti sembrano... liberi. Soprattutto quello in mezzo, quello che non conosco.

È il più piccolino, il più mingherlino fra tutti, colui che si trova in mezzo, dietro il tavolino pieno di cibo, in attesa di spegnere le candeline sulla torta gigantesca davanti a lui. Ha uno di quegli stupidi cappellini in testa a forma di corno. È così simile a Pamela da provocarmi un moto di tenerezza, le sue guance a pagnotta sembrano lucide, il suo sorriso sdentato mi provoca una risatina. Risatina che muore subito, non appena leggo la scritta di glassa sulla torta su cui sta spegnendo le candeline.

Buon compleanno, Andrew!

Andrew, come il secondo nome di Luke, un bel nome. Molto meglio di tanti altri.

Uno studente si uccise qui, anni fa.

Oh merda.

Si chiamava Andrew.

Cazzo.

N.A.

Salve a tutti! Mi vorrei scusare se in questi ultimi capitoli troverete più errori del solito, la verità è che sto avendo parecchie difficoltà a bilanciare studio universitario e scrittura personale, quindi molte volte mi ritrovo a digitare sul momento, non appena mi capita l'occasione. Sto cercando di pubblicare un capitolo ogni due, tre giorni, ma non potrò rispettare sempre questo ritmo, ahimè!

Comunque, grazie per aver seguito la mia storia fino a qui! Da questo capitolo in poi inizieranno le vere avventure di Sasha, ho notato che ultimamente la trama è diventata un po' troppo monotona, cercherò di rimediare, sperando di avere abbastanza immaginazione per farlo!

Grazie ancora per avermi seguita fino a questo punto, fatemi sapere cosa ne pensate in un commento! A presto! 😘😍

#Simo

La custode di cuori {COMPLETA} (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now