Spettro del passato

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<<Come si chiama?>>

La voce di Aaron mi interrompe, chiudo la piccola lampada della scrivania e mi volto così da controllare in che condizioni si trova il mio paziente. Devo dire che queste due ore di riposo hanno migliorato decisamente il suo aspetto prima molto macabro e inquietante, se prima somigliava a uno zombie deperito, ora è più vicino a un vampiro che non beve sangue da un paio di giorni. Insomma, meglio di prima. Aaron si guarda attorno, le sue mani scivolano lungo il petto, alla camicia di flanella a quadretti e ai pantaloni coordinati che gli ho infilato mentre dormiva. Le sue sopracciglia si sollevano fino a raggiungere l'attaccatura dei capelli, ma continua a non parlare.

<<Come ti senti?>> gli domando. <<Perché non ne posso più di ascoltare i tuoi gemiti di sofferenza, non hai fatto altro che rantolarti nel tuo dolore per tutto il tempo, non sono riuscita a studiare.>>

<<Tu sì che sai come far star meglio un malato>> tossisce lui. <<Per quanto tempo ho dormito?>>

<<Più o meno due ore, il che mi porta a chiedere come sia possibile che in questo breve lasso di tempo tu sia riuscito a riacquisire il dono della parola, avrei davvero voluto continuare ad approfittare della tua mancanza di salivazione per poterti sfottere senza che mi insultassi a tua volta.>> Mi alzo dalla scrivania, e una volta averlo raggiunto tasto la sua fronte con la mia mano. <<La febbre sembra esser scesa, ma fra due ore dovrai prendere di nuovo le medicine, e le prenderai, te le farò ingoiare con un imbuto, se necessario.>>

<<Sei stata tu a vestirmi?>>

<<Certo che sono stata io. Ho pure dovuto asciugare tutto il sudore che ricopriva il tuo corpo, e non hai la minima idea di quanto ho faticato per metterti i pantaloni.>> A ogni mossa temevo di poterlo svegliare, e di non riuscire a smettere di guardare il suo corpo allenato. Non sono mai stata interessata al sesso maschile, che sia per romanticismo o per semplice desiderio carnale, ma anche io ho due occhi, la cui vista funziona a meraviglia. Mai avuto bisogno di occhiali, per fortuna del nostro portafogli vuoto. <<Sono settanta dollari, ma dato che in parte sono responsabile del tuo stato malaticcio, ti farò uno sconto e scenderò a cinquanta.>>

<<In parte?>> ripete lui con un'evidente espressione di ironia.

<<Ehi, se mi fossi ammalata io tu neanche saresti venuto a controllarmi, perciò non ti lamentare. Sono stata una buona infermiera, ho rinunciato alle mie ore di autocommiserazione per badare a un ingrato come te che non sa neanche dove sia di casa il riconoscimento.>> Ah, forse mi sto ammalando anche io, i miei occhi faticano a tenersi aperti, tentare di studiare qualcosa di chimica è stata una pessima scelta, non ha fatto altro che aumentare il mio desiderio di poltrire.

<<Non hai risposto alla domanda.>>

<<Quale domanda?>>

<<La canzone che canticchiavi, come si chiama?>>

Oh, ora mi spiego il perché non avessi compreso all'inizio a cosa si stesse riferendo, mi avrà sentita mentre studiavo. <<Non la conosci? Per davvero? E' Unchained Melody, la cover dei Righteous Brother. E' famosissima. Non hai mai visto Ghost?>>

<<Quel film del tizio fantasma?>>

<<Proprio quello.>>

<<No, non l'ho mai visto. Sophia ci ha provato un paio di volte, ma fallendo sempre miseramente.>>

Mi stringo nelle spalle, prendo l'asciugamano umido che si è scostato dal viso e lo risciacquo nella scodella. <<Sei brava.>>

<<A cantare? Una dote innata.>> Strizzo l'acqua con tutta la forza possibile, ma continuo a percepire il suo sguardo mentre mi brucia la schiena.

La custode di cuori {COMPLETA} (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now