Mi mettono nella lista degli invitati su Facebook

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Luke ama andare a camminare. Lunghe e lente passeggiate che si protaggono per ore. L'ha sempre amato, forse perché camminare gli permette di non pensare, di guardarsi attorno e rendersi conto di tutte le cose che ancora non sa, che ancora non possiede. Lui e la mamma uscivano insieme praticamente ogni giorno, si tenevano a braccetto e camminavano, camminavano e camminavano. Era un loro rituale, a cui non volevano rinunciare nemmeno nei giorni di pioggia.

Da quando la mamma non c'è più, ho iniziato a sostituirla. Non mi piace l'idea che se ne vada in giro per strada da solo. È... spaventoso. Ho paura di quello che possa succedergli. Il mondo è pieno di nemici, di persone che non capiscono, di gente che non vede. Così, quando ha iniziato a chiedermi di andare a camminare insieme, ho accettato. E da allora lo facciamo almeno tre volte a settimana. Credo di capire perché a lui e alla mamma piacesse tanto, c'è un che di magico nel potersi rilassare e guardarsi attorno solo per il piacere di farlo.

Durante le nostre passeggiate, io e Luke parliamo, e parliamo, e parliamo ancora. Del più e del meno, del tempo, di quello che manca, di quello che non abbiamo mai avuto. A volte Luke piange, altre volte ride, io invece lo ascolto e basta, e vorrei poterlo fare per sempre, vorrei poterlo custodire per sempre. A volte, quando sono sicura che non mi ascolti, gli sussurro parole di sconforto, la paura che provo all'idea che anche lui un giorno possa scomparire. Esprimerlo ad alta voce rende i miei timori molto più reali e concreti, e mi spaventano, mi tormentano.

<<Pensi che la mamma sia in cielo, Sasha?>> mi domanda Luke, mentre percorriamo il percorso di un parco in mezzo ai boschi, dove le foglie e il rumore di ciottoli che rotolano sono la nostra unica compagnia. Il braccio di Luke stringe forte il mio. <<Zia Tess dice che è in cielo, come nostra sorella. Tu hai conosciuto nostra sorella, Sasha?>>

La mamma non parlava quasi mai dell'aborto. La disperazione per aver appena perso il donatore di sperma, i debiti che ci aveva lasciato, e la mancanza di un lavoro l'avevano portata alla disperazione, il suo corpo non aveva più retto, e si era rifiutato di accettare l'ultimo frutto del suo amore non corrisposto. Cassandra Porter. Era così che avrebbe dovuto chiamarsi mia sorella, se fosse nata.

Credo non se lo sia mai perdonato. Nella sua testa, probabilmente, deve essere scattato un meccanismo. È colpa mia. Ho ucciso la mia stessa figlia. Da allora la mamma è cambiata molto, sorrideva, ma non più come prima, era consapevole che le cose non si sarebbero mai sistemate da sole. E se da un lato questo l'ha rinvigorita, dall'altro l'ha spezzata per sempre. E a ogni giorno che passava, il suo sorriso era più sbiadito, più costruito.

<<No, Campione, nostra sorella... be', lei non è mai nata.>>

<<E pensi che la mamma stia con lei ora?>>

Scuoto la testa, perché queste domande, per quanto banali possano apparire, provocano sempre tanti problemi per chi deve rispondere. Non è così stupido, non è così facile. Credere, credere in qualcosa, in qualcuno, perché non riusciamo ad accettare che la vita sia sempre così, così crudele e egoista. Perché vogliamo sperare che anche per quelli come noi c'è una luce in fondo al tunnel, un posto dove poter metter da parte tutti i nostri guai, un posto in cui riposarsi per sempre, sapendo di aver fatto tutto il possibile, sapendo che ogni errore commesso era in buona fede, consapevole del fatto che ora è giunto il momento: non devi più lottare contro tutto e tutti. Solo fermarti. Un attimo. Un secondo. Per sempre.

<<Lo spero tanto.>>

<<Lo sai, Sasha, la mamma diceva sempre che tu non piangi mai.>>

È vero, non lo nego. La mamma era a dir poco assillante su questo. Piangi, Sasha. Piangi, starai meglio. Perché non lo fai? Perché non ti sfoghi? Perché non ti lasci andare? Sempre, continuamente. Piangi. Piangi. Piangi. Ma non c'è nulla da piangere, non c'è nulla per cui valga la pena farlo, perché le mie lacrime non faranno ritornare indietro niente e nessuno. Sono inutili e vuote. <<Si preoccupava tanto per questo, e anche io mi preoccupo, Sasha. Hai litigato col ragazzo che mi ha preso il braccialetto?>>

La custode di cuori {COMPLETA} (IN REVISIONE)Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang