Un primo appuntamento alle due di notte (parte uno)

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<<Cosa avresti fatto se avessi perso?>> La domanda di Aaron è lecita, non si può dire altrettanto per la sua fastidiosa presenza nel mio piccolo angolo di paradiso. <<Ce li avevi davvero cinquecento dollari?>>

<<Come hai fatto a trovarmi?>>

Lui scrolla le spalle e si avvicina alla fontana, aspetto seduta sull'erba, ai piedi della fontana, fino a quando non si ferma, di fronte a me. <<E' stato facile, mi è bastato seguire il richiamo della solitudine e della misantropia assoluta.>>

<<Ah-ah, come sei divertente.>>

<<Sei una persona a cui piace stare in luoghi poco affollati, questo posto brulica di gente, e ad eccezione del bagno questa zona è l'unica isolata dalla villa. Tra l'altro, stai rischiando di sporcare un monumento che è costato più di ottocentomila dollari.>>

Sollevo le sopracciglia e mi volto per osservare siffatto monumento, speravo sinceramente di essermela svigata dal casino nella villa, scoprire che la zona posteriore è praticamente vuota e che avrei potuto nascondermi dietro questo grosso aggeggio che spruzza acqua mi ha resa estremamente felice. Evidentemente mi sbagliavo.

<<Allora, come avresti fatto se avessi perso?>>

Sospiro e mi stringo nelle spalle, mentre giocherello con gli steli d'erba. <<Avrei addebitato tutto a mio zio, così lo avrei fatto arrabbiare, quindi, sotto certi aspetti, avrei comunque vinto>> ribatto.

Socchiude leggermente gli occhi. Con la notte, il loro verde foresta sembra farsi più intenso, fosforescente. È fastidioso, è crudele, sembra in grado di spogliarmi di qualsiasi barriera, sembra in grado di attraversare le mie mura difensive e scoprire tutto, archiviare tutto. <<Odi così tanto tuo zio?>>

<<Si può sapere perché sei venuto a cercarmi?>>

Il cambio d'argomento non gli sfugge, ma oggi deve essersi svegliato sotto una buona stella, perché decide di non indagare oltre. <<Sophia ti ha persa di vista e si era preoccupata che fossi scappata via.>>

<<Stavo per farlo, poi mi sono ricordata che non ho la macchina e nemmeno il cellulare, perciò dovrei chiedere a qualcuno di prestarmelo per chiamare un taxi, e mi sono resa conto che nessuno lo farebbe, perciò eccomi qui, a riflettere sui dilemmi della vita.>>

<<Non hai la macchina? Come sei venuta fino a qua?>>

<<A piedi.>>

Il suo sguardo si riempe di rimprovero. Aiuto, predica in arrivo. <<Hai la minima idea di quanto sia pericoloso? Avresti potuto chiedere un passaggio a qualcuno! I tuoi cugini non sono qui?>>

<<I miei cugini si farebbero sterilizzare piuttosto che darmi un passaggio>> gli ricordo saccente. <<Il mio pick-up è andato, ha tirato le cuoia stamattina mentre tornavo da scuola, e a quanto pare non c'è nulla che possa ripararlo, perciò, da ora in poi, dovrò sempre usare le mie gambe per spostarmi. Potrei scroccare i passaggi alle altre persone, ma non ho abbastanza vita sociale per potermelo permettere.>>

<<Comprati una nuova macchina, no?>>

<<E chiedere i soldi a mio zio? No, grazie, camminare mi fa bene, e fa bene anche a Luke, perciò, no.>> Lascio scivolare le gambe per terra, i jeans saranno già sporchi di terriccio. Aaron è ancora fermo, in piedi di fronte a me, e per qualche secondo non sembra avere alcuna intenzione di proseguire la conversazione, la speranza che se ne vada e mi lasci in pace muore, tuttavia, non appena afferra la mia mano con la sua. <<Che stai facendo?>>

La custode di cuori {COMPLETA} (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora