17•capitolo -l'intervista-

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Mi ritrovo davanti due giornalisti più i cameraman e vicino a me, c'è mio marito. Sono in ansia e ho paura di dire la cosa sbagliata. Ho cercato di togliere quelle occhiaie profonde sotto gli occhi con il correttore, ma sono certa che ci sono ancora. Nel frattempo, arrivano anche Gaia e Chris. Subito i miei occhi vengono calamitati al suo prato, che mi stanno fissando, provocandomi la solita fitta al petto. Distolgo lo sguardo e mi concentro sui giornalisti che mi osservano.

E smettila Chris, smettila di avere il controllo della mia mente soltanto con uno sguardo. Smettila di farmi immaginare un futuro insieme nel momento in cui mi perdo nei tuoi occhi. Smettila, perché io lo so che non potrà succedere mai e che tu rimarrai solo un sogno.

"Possiamo cominciare?", domanda uno di loro, probabilmente quello che mi intervisterà.

"Va bene!", mormoro non convinta. Non voglio parlare di Alfredo, fa ancora troppo male sapere che non c'è più a causa mia.

"Sembra una domanda del tutto fuori luogo, ma dobbiamo chiederglielo: come state prendendo la scomparsa di Alfredo?"

Deglutisco a fatica e abbasso lo sguardo. Distruggo le cuticole con le unghie, ma cerco la sicurezza che ormai fingo da troppo tempo. La cerco e la trovo quando punto i miei occhi su quelli di Chris, che mi guarda come se volesse rassicurarmi.

"Come potrà immaginare sopportare un lutto del genere non è facile. Alfredo era molto imp...". Non riesco a continuare perché mi si forma un groppo in gola. Ma continuo, perché non posso venir meno a questo incarico. "... molto importante per tutta la famiglia"

"Non viveva con voi. Come mai?", mi domanda ancora.

"Sicuramente non per ciò che ho letto nei giornali. Noi non avevamo nessun problema con lui. Anzi, Alfredo era un gran lavoratore. Si occupava degli affari in tutto il mondo, per questo motivo era poco in città!". Mi sembra di dire un copione, mi sento falsa come sempre. E vorrei urlare a tutta questa gente che nessuno conosceva Alfredo, che io invece si e doveva scappare da questa famiglia. Dovevamo farlo insieme. Io e lui. Solo noi. Noi ci capivamo, lui mi sosteneva. Lui c'era e io non potrò mai più vivere con questo peso opprimente che sono i sensi di colpa nei suoi confronti.

Perché Alfredo era puro come poche persone nel mondo, e io gli ho portato via la sua vita per egoismo.

E mi sento ormai come quelle persone che al momento della morte, elencano ogni pregio, classica frase: era una bella persona. Ma Alfredo era molto di più di questo: era generoso, altruista, testardo. Lui ti dava un tocco di vita solamente con il suo sorriso, con la voglia di vivere.

"Come mai la figlia di suo marito l'altro giorno al funerale ha urlato quelle cose spiacevoli sul suo conto?" Ecco la domanda tanto temuta. I miei occhi si catalizzano verso Gaia, la quale mi guarda con astio. Due occhi che sbattono prepotenti nei miei, il suo sospiro che sento anche da lontano infrangersi sul mio viso e le mie mani che si stringono per la rabbia che sento dentro nel sapere che quello che pensa sul mio conto, è la pura verità.

"Lei era solo presa dal dolore. Non stava pensando lucidamente!", mi limito a dire. Ma ovviamente la smorfia del giornalista di fronte a me, lascia intendere che non crede alle mie parole.

Cambia argomento e si concentra su altro. Comincia a fare domande di cortesia, alla quale molto spesso, risponde mio marito al posto mio. E dopo aver finito questa agonia, lo salutiamo davanti alla porta e quando l'apriamo, due uomini in divisa sono piazzati davanti alla porta. Deglutisco a forza e respiro in affanno.

"Buongiorno, possiamo esservi utili?" Interviene immediatamente mio marito.

"Si, abbiamo delle domande da fare a sua moglie. Deve seguirci in caserma". Gli occhi si spalancano, e mio marito scuote la testa.

Da soli, insieme! (COMPLETA)On viuen les histories. Descobreix ara