Capitolo 14 - Lei, lui

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-Lei, Lui-

(Capitolo 14)

Fare quattro passi mi avrebbe aiutata a dimenticare ciò che avevo fatto. Il parco dietro il palazzo era perfetto: nessuna delle altre ragazze andava lì e così potevo stare tranquilla e in solitudine.

La mia coscienza era sporca. Ecco, sporca. Era così che mi sentivo.
Dopo aver passato anni di solitudine, avevo finalmente trovato qualcuno che forse mi apprezzava veramente. Gli attimi passati insieme, seppur pochi, mi fanno credere che sia così. Ma ho rovinato tutto, al solito.
I miei pensieri vennero bruscamente interrotti da un rumore proveniente dall'albero alla mia destra: un Caterpie, tutto agitato, dava piccoli morsi ad una grossa mela rossa. L'istinto mi suggerì di catturarlo.
<<Vai, Charmeleon, catturiamo quel Caterpie>>.
Dalla sfera più vecchia che avevo uscì il mio primo pokémon: Charmeleon. Ricordo ancora quando, dalla finestra della camera del primo orfanotrofio in cui mi trovavo, intravidi un cesto dal quale si intravedeva una fioca luce rossa. Senza farmi vedere dalle suore, uscii da casa e corsi a recuperare quel fagotto: un piccolo Charmender piangeva al suo interno. Fu amore a prima vista. Entrambi soli, senza genitori, senza qualcuno che ci volesse bene...era destino che diventasse il mio primo pokémon.
Charmeleon, adesso, aspettava miei ordini. Gli suggerii di attaccare con graffio. Lui obbedì ma nel frattempo il piccolo coleottero si nascose impaurito fra le fronde del melo.
Il mio istinto mi suggeriva ancora di catturare quel pokémon.
Charmeleon salì sull'albero e cercò di acchiappare Caterpie con le zampe ma non ci riuscì: quell'insetto era più vispo di quanto sembrava.
<<Charmeleon, attacca con incendio>>.
Charmeleon fu felice del mio ordine. Dalle sue fauci uscirono velocemente lingue di fuoco che bruciarono, in un istante, tutto il melo. Caterpie, terrorizzato e bruciacchiato, uscì fuori.
Era il momento. Lanciai la pokéball. Questa colpì il vermiciattolo e lo trasformò in una brillante luce rossa che poi si chiuse all'interno della ball.
Pochi attimi e...fatto, Caterpie era mio.
<<CASSANDRA CHE DIAVOLO STAI COMBINANDO?>>
Le urla delle mie compagne di collegio, così isteriche ed esagerate, mi davano sui nervi. Una di questa poi, Rhama per l'esattezza, corse verso di me con il suo Poliwag per spegnere il fuoco.
Subito dopo aver estinto le fiamme, si diresse verso di me con fare serio: <<Katrine ti aspetta nel suo studio, e questa volta è molto, molto arrabbiata, più di tutte le altre volte, Cassy>>.

Non diedi tanta importanza alle sue parole, feci tornare Charmeleon al sicuro e mi diressi nello studio di Katrine.

Mi chiedevo ancora quale strano motivo mi avesse spinta così ardentemente a catturare quel verme. Ah, ecco... "Il simile conosce il simile", dicevano i filosofi: avevo catturato un verme, un verme come me.
La faccia con cui Katrine mi accolse non fu delle migliori, ma ero abituata a questi tipi di trattamento.
<<Cassandra... sono stufa di dover subire ogni giorno le tue follie. Lo sai che tengo molto a te, più di tutte le altre. E forse loro lo hanno capito, dato che non ti punisco mai per quello che fai. Ti avevo dato quella missione da compiere anche per allontanarti un po' da questo posto. Sei così intelligente, furba...perché sprechi le tue doti facendo queste stupidaggini? Sono basita...>>
Le parole di Katrine non mi erano indifferenti, ma questa volta il mio gesto aveva uno specifico significato.
<<Ho scoperto chi sono, e cosa voglio. Ho cercato di spiegarti in tutti i modi che non mi va di portare a termine il compito che mi hai affidato>>
<<Una ragazza tosta come te che si lascia ammaliare dal primo bel faccino che incontra? Non me lo aspettavo, Cassandra. Ti sei forse dimenticata il perché è necessario che tu compia questa missione?>>.
Ed ecco che, come al solito, colpiva il mio punto debole. La motivazione che mi spingeva a dover portare a termine quel compito, nonostante non volessi.
<<Non mettere in mezzo Susan, lei non c'entra niente>>.
Katrine rise, eccola...la sua solita, perfida, risata.
<<Ti ricordo che tua sorella, in questo momento, è assistita dai migliori medici di Works e se non dovessi portare a termine la missione, taglierò i fondi per le sue cure e ti caccerò dal collegio. Sai bene che non puoi fare a meno del mio aiuto. Forse potrebbe sembrare sbagliato, ma è così che va la vita, cara Cassandra. E adesso vai a finire ciò che avevi cominciato>>.
Uscii dalla stanza disgustata dalle parole di quella donna. Come poteva un essere umano dire cose simili? Come poteva approfittare della malattia di una bimba di sette anni per perseguire i suoi scopi? Cosa potevo fare per uscire da quest'incubo?
Una cosa da fare, forse, c'era: mettere da parte Jackie e rassegnarmi al fatto di dover allontanare la persona che per la prima volta mi ha guardato nel modo in cui da sempre avrei voluto essere guardata. 

Lanciai la sfera di Swoobat dalla finestra: il mio pokémon venne fuori e io mi aggrappai alle sue zampe: era il momento di tornare a Hannington.

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<<Dai Jackie, mettici più grinta con quel lanciafiamme!>>
<<Ma Mike, Tepig è al massimo delle sue forze>> Replicai al mio maestro.
<<La forza di un pokémon non conosce limiti. I limiti sono conosciuti dai deboli. Tu sei debole Jack?>>
<<No, Mike, no>>
<<E allora trasmetti la tua forza a quel pokémon e fagli sentire che tu credi veramente in lui>>.
Le parole di Mike mi incoraggiavano sempre di più e mi spingevano sempre a dare il meglio di me e pretendere il massimo dai miei amici pokémon.
<<TEPIG, LANCIAFIAMME>>.
Tepig percepì la mia energia e la trasformò in carburante per il suo fuoco.
Le fiamme invasero tutta la sala d'allenamento, riuscendo a distruggere tutti gli obiettivi di legno che Guendalina aveva sapientemente costruito per migliorare la precisione del mio pokémon.
Erano passate tre settimane, ormai, dal mio arrivo all'accademia. Ero migliorato tantissimo e Mike era riuscito a indicarmi la strada giusta per allenare al meglio i miei pokémon: lavoro, dedizione, coraggio, amore.
I faticosissimi allenamenti, nonostante mi stancassero molto, non riuscivano a distogliere la mia attenzione dai pensieri che inondavano la mia mente. Cassandra non si era fatta più viva e la cosa mi preoccupava, mi infastidiva e mi rattristava nello stesso momento.
E' assurdo come una persona possa entrarti così nel profondo dopo solo un paio di giorni passati insieme, ma niente e nessuno riusciva a distogliere il mio pensiero su di lei e l'assurda convinzione che in noi fosse nato qualcosa di speciale in così poco tempo.
La rabbia causata sua scomparsa, il mistero attorno le cose dette e non dette poi... erano cose che non mi facevano dormire la notte. Volevo sapere di più, me lo doveva.

Al termine del mio allenamento, giunta ormai la sera, tornai in camera per riposare. Joseph non era in camera e questo mi dispiaceva. In queste settimane passate a stretto contatto con lui mi sono reso conto di quanto fosse speciale. Credo fermamente di aver trovato un amico in lui...
Ogni notte, in quella stanza, ci lasciavamo andare a lunghi discorsi sui nostri sogni, le nostre ambizioni, le nostre paure. Gli raccontai anche di Cassandra e del perché quella sera mi trovò da solo in mezzo alle fiamme a combattere contro quei pokémon.
Ma stasera niente chiacchiere, così ne approfittai per sdraiarmi sul letto con la speranza, per una volta, di prendere subito sonno. Non passarono neanche dieci minuti da quando spensi la luce dell'abat-jour che fui distratto da un rumore che proveniva dalla finestra. Qualcuno stava lanciando dei sassolini. Mi rialzai di scatto dal letto, sicuro di trovare in cortile Joseph intento a fare i suoi soliti scherzi.

Aprii la finestra: non era Joseph.

Era lei.

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