Amos

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Nel tragitto verso Polis, Alexis si lasciò trasportare dai suoi pensieri. Ma uno tra tutti spiccò sul resto: i suoi incubi. Iniziavano sempre in una foresta, e poi finivano in altro luogo. Sembrava sempre che qualcuno la stesse seguendo e le frasi erano sempre in latino.

Abyssus abyssum invocat.
Mala tempora currunt.
A fronte praecipitium, a tergo lupi.

Queste erano le frasi che fin ora i suoi sogni avevano deciso di mostrarle. Ma che collegamento potevano avere fra loro, oltre che l'oscurità?

L'abisso invoca l'abisso. Questa poteva significare qualsiasi cosa, ma forse andava interpretata semplicemente come la si leggeva. Il male porterà il male. Il bene porterà il bene. Quindi, se farai del male riceverai del male; se invece farai del bene riceverai del bene. Ma cosa poteva centrare con tutti loro? Forse voleva avvisarla sulle scelte che avrebbero preso da lì in avanti?

Corrono brutti tempi. Questa era facile da interpretare, visto la situazione in cui lei stessa era. Ma oltre a questo, anche la situazione generale non era delle migliori. Forse era solo un avviso che tutto questo potrebbero ancora peggiorare, o che potrebbe comunque prendere una piega sempre più oscura.

Un precipizio di fronte, dietro i lupi. Solitamente vorrebbe dire essere in pericolo in ogni verso. Perciò forse Alexis non si sbagliava, forse sia Pike che Azgeda erano una minaccia per Arcadia. Purtroppo però, suo padre non aveva la minima intenzione di ascoltarla e Pike sarebbe stato la loro rovina. Il suo sesto senso non si sbagliava mai. Oltretutto, anche i suoi sogni lo dicevano, dunque doveva esserci un motivo a tutto ciò. Doveva esserci per forza qualche collegamento tra una cosa e l'altra. Altrimenti, perché avere quegli incubi?

***

Quando arrivò a Polis, Amos l'accolse calorosamente. «Alex!» urlò, non appena la vide, correndole incontro con gioia ed entusiasmo.

L'abbracciò, ed Alexis fu alquanto stupita da quel gesto tanto improvviso ma non ci badò molto: avevano legato abbastanza durante il loro viaggio e la loro permanenza a Polis. «Che fai qui?» chiese quindi.

Alexis fece spallucce. «Niente. Lexa aveva detto che potevo tornare quando volevo, quindi eccomi qua.» mentì lei.

Amos le arrivò una leggera gomitata, con un sorrisetto tanto provocatorio quanto beffardo stampato in volto. «Non dirmi che ti mancavo, eh?» la canzonò quindi lui. Alexis, con la sua solita finezza, gli arrivò un pugno dritto in pancia. Il ragazzo si piegò in due, tenendosi l'addome con le braccia.

«Così impari a dire un'altra cosa del genere.» l'ammonì lei, mentre Amos alzava un braccio facendole il segno dell'"okay" con le dita, in segno di comprensione.

Tutt'un tratto poi, delle braccia andarono a circondare le spalle di Alexis. «Trattalo bene, povero Amos.» ridacchiò lo sconosciuto. Tuttavia Alexis capì subito di chi si trattava: avrebbe riconosciuto quell'irritante voce ovunque.

«Ciao anche a te, Roan.» disse, mentre l'uomo le scompigliava i capelli in modo scherzoso. Alexis borbottò qualcosa d'incomprensibile, andando a sistemarseli. Nel frattempo Roan interagiva col fedele compagno di Alexis, sotto lo sguardo guardingo di Amos.

«Ci vediamo più tardi, Alex.» dichiarò quindi Amos, salutando anche Roan con malavoglia e uscendosene di scena. Alexis non capì il motivo per cui Amos se n'era andato così di fretta, solo dopo l'arrivo di Roan.

Survivors || The 100Where stories live. Discover now