La principessa e il babydoll bianco

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"La principessa e il babydoll bianco"

Avery oggi sembra stare meglio del solito, ha ancora le occhiaie e il volto emaciato, ma il pallore del suo viso è meno preponderante, segno che forse le medicine hanno iniziato a farle effetto prima del previsto. Piega il suo origami con una facilità quasi innaturale, ignorando del tutto la mia presenza. «Ti avevo detto di non venire mai più.»

«Ti avevo detto che me ne frego altamente di quello che vuoi» ribadisco con forza, seduta sulla poltrona di fronte a lei, separata da quest'assassina solo dal tavolino in vetro pieno di fogli colorati.

Lei si stringe nelle spalle, continua a non guardarmi, i suoi occhi sono rivolti unicamente alla carta che sta piegando. «Vuoi tormentarmi, Sophia? Vuoi distruggermi? Non ti devi preoccupare. Ci ho già pensato da sola.»

«Non abbastanza.»

Non sembra sorpresa, né infastidita dalle mie parole. Sta creando quello che sembra un piccolo tirannosauro. Mi domando che se ne faccia, di tutti questi animali di carta. Li userà come collezione? Ci giocherà come una bambina gioca con le sue bambole?

«Andrew mi parlava sempre di te».

Sussulto, un colpo al cuore. E' terribilmente doloroso sentirla pronunciare il suo nome con così tanta naturalezza, nonostante lei sia il motivo per cui ora non potrò più chiamarlo come prima. «Ti amava davvero tanto, lo sai?»

«Perché mi stai dicendo queste cose?»

«E' solo la verità.»

«Lo sapevo. L'ho sempre saputo.» Non ho mai messo in dubbio l'amore di Andrew nei miei confronti, neanche quando credevo che si fosse suicidato. Neanche quando pensavo che si fosse buttato da solo da quella finestra, senza più pensare a me. Sapevo che mi amava, sapevo che mi custodiva. Lo avrebbe fatto per sempre.

«Sei un'egoista, Sophia King.» La sua voce è scarna, quasi trasparente.

«Io sarei un'egoista?»

«So perché sei qui» ribatte, prendendo un altro foglio azzurro. «Vuoi farmi sentire in colpa, vuoi che io soffra, vuoi che io stia male e ti supplicchi piangendo di perdonarmi, così che tu possa sputarmi addosso tutta la rabbia che stai covando dentro. Vuoi uccidermi per davvero, non è così? Perché non hai il coraggio di affrontare il tuo dolore.»

«Non hai il diritto di rimproverarmi per questo, e comunque dovresti esser malata, ma sembra che i tuoi ragionamenti siano più lucidi che mai.»

«Sono pazza, non stupida.»

Stringo con violenza la mascella.

«Cosa vuoi da me, Sophia?» mi domanda di nuovo, la sua voce sembra quasi esasperata. «Non posso ridarti indietro Andrew. Fidati, se potessi lo farei. Io lo amavo.»

Non volevo sentirle dire queste parole. Non volevo che mi dicesse questo. La consapevolezza che i miei sentimenti e i suoi fossero gli stessi mi tormenta anche durante il sonno. «Tu lo hai ucciso.»

«L'ho fatto» ammette con una risata amara. «E quindi? Cosa vuoi che faccia? Che mi uccida a mia volta? E' questo, quello che speri? Di indurmi al suicidio?»

Vorrei poter rispondere che sì, è proprio questo il mio desiderio. Che sì, è questo il mio sogno nel cassetto. Vorrei dirle "sì, devi morire, non meriti questa vita dopo che ti sei portata via quella del ragazzo che amavo", ma non posso. Non riesco ad essere così crudele. La principessa è ancora parte di me, Cenerentola non vuole andarsene, e io non so come cancellarla per sempre dalla mia esistenza.

Il campanello della sala suona, segno per lei che è ora di tornare nella sua stanza e per me che è giunto il momento di andarmene. Afferro la mia pochette e mi sollevo dalla poltrona, Avery, invece, non si sposta dalla sua.

Mai più CenerentolaWhere stories live. Discover now