La principessa e i ciocchi di legno

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Capitolo dieci

La principessa e i ciocchi di legno

Wonder. La palestra più grande di Beystick Locks, dispone di due piani e si trova all'interno del grande centro commerciale che è ubicato in pieno centro città. Il piano terra è formato dagli spogliatoi maschili e femminili e dalla sala pesi, dove le persone vanno per dimagrire, farsi i muscoli o restare attivi. Il piano superiore è dedicato invece ai vari corsi privati, come lo yoga, il pilates e altre cose che, sono sicura, Sasha considera più che ridicole.

<<Cosa diavolo doveva essere quello, un pugno? Mi ha a stento fatto il solletico>> Sasha scoppia in una fragorosa risata e mi si avvicina con tutta la sua imponenza fisica. E' incredibile, a fatica riesco a respirare, mentre lei sembra fresca come una rosa. Lascio scivolare il mio sguardo sul suo corpo, il top nero che sigilla il suo seno permette a tutti i presenti di vedere gli addominali e la tartaruga scolpiti, le sue braccia sembrano fatte di ferro, non sono voluminose, ma non nascondono nemmeno i bicipiti ben allenati. I pantaloncini grigi sono attaccati su di lei come una seconda pelle. <<Aspetta, ora ti aiuto.>>

<<Dico davvero...>> mormoro fra l'affanno, mentre lei mi aiuta a posizionare il mio corpo. <<Non riesco a credere che tu faccia questo da quando avevi sedici anni.>>

<<In realtà lo faccio da quando ne avevo quattordici>> mi corregge lei con un sorrisetto divertito. La parete fatta di specchi ci riflette alla perfezione, mostrando una donna di un metro e ottanta che aiuta una ragazzina di uno e sessanta ad assumere la giusta posizione per colpire un nemico invisibile. <<E non per i motivi giusti, quindi devi esser felice di non aver mai avuto la necessità di imparare a difenderti.>>

Mi asciugo una goccia di sudore che è colata sul mio mento con il guanto da boxe che lei mi ha prestato. La gente attorno neanche bada a noi due, i clienti della palestra sono per lo più uomini che vogliono rinforzarsi e donne che vogliono mantenersi in forma. Riesco a scorgere dallo specchio, dietro il mio corpo, la figura di una ragazza che frequenta la mia stessa università. Sta facendo il tapis roulant, forse col terrore di aver preso dei chili in più. <<Tuo fratello mi ucciderà quando verrà a sapere che ti sto insegnando a picchiare la gente>> nonostante quest'affermazione, sembra più divertita che mai.

<<Non glielo permetteresti.>>

<<Vero, ma ora non concentriamoci su di me. Tieni il braccio così. Ecco, brava. Questo si chiama jab....>>

Due ore più tardi, dopo esserci fatte una doccia e esserci scrollate di dosso il sudore che aveva avvolto entrambe, Sasha mi guarda con sospetto, ferma in piedi all'ingresso della palestra, le sopracciglia folte aggrottate. Stringe la tracolla del suo borsone con forza, e continua a scrutarmi fra la perplessità e il suo sospetto. La tuta grigia che indossa sempre dopo aver fatto palestra sembra starle più larga del solito. Che abbia perso peso in questo breve arco di tempo? Si aggiusta la zip per farla salire fino al colletto. <<Non sei messa così male come dicevi>> commenta alla fine, avviandosi insieme a me verso la piazza della città, dove potremo andare a sederci sui tavolini del bar il cui panino al salame a lei tanto piace. <<Ti sei sempre tenuta allenata, l'ho notato, cosa credi. E ora riesco a spiegarmi come fai ad avere un culo così sodo.>>

Scoppio in una fragorosa risata e slego i miei capelli, così da poter rimettere al suo posto l'elastico coi pompon. Deve restare al sicuro, deve restare al mio fianco. Ogni volta. Comunque. Per sempre. <<Strano ma vero, sei una brava allenatrice.>>

<<Non esagerare, ora, non ho ancora iniziato a torturarti per davvero>> canticchia lei, il volto malizioso. Superiamo la fontana e raggiungiamo il piccolo bar che si affaccia ad essa da un edificio che la affianca. Sasha posa il borsone accanto a un tavolino lasciato fuori sotto un ombrellone e si mette a sedere con un sospiro. <<Mi sembri più serena, oggi.>>

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