23_Un nemico in meno

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Il Maosheziri era seduto in plancia e stava sorseggiando lentamente una bevanda con un forte potere calmante. Da parecchio tempo l'astronave scansionava lo spazio senza trovare tracce di civiltà progredite e lui era molto contrariato.

Alcuni giorni prima avevano raso al suolo due villaggi, su di un pianeta privo di qualsiasi interesse per lui se non quello di servire a scaricare tutta la frustrazione accumulata in quel periodo.

Erano giunti con alcune navette, una delle quali pilotata da lui personalmente, nel mezzo di una probabile disputa fra due popoli confinanti, vicini ad un fiume. Nascosto dietro agli schermi di occultamento era invisibile e per un po' rimase a fissare quei selvaggi, ben lontani anche solo a una parvenza di civiltà.

Stavano picchiandosi a mani nude, qualcuno brandiva dei bastoni: uno spettacolo veramente rivoltante se non fosse stato per la violenza primitiva generata da quello scontro e utile a scatenare tutta la sua aggressività ancestrale presente ancora nelle profondità del suo essere.

Usò il fuoco sulle persone e si scagliò sulle capanne di paglia e fango, e quando non ci fu più nulla da distruggere se la prese coi boschi limitrofi e gli animali in fuga dalle fiamme, rasando ogni cosa in quella zona, emettendo urla selvagge così come aveva sentito fare prima, nel pieno della battaglia, da coloro che per lui erano solo delle bestie.

Questo era servito a calmarlo per il resto della giornata e parte della successiva.

Bevve ancora un sorso della pozione tranquillizzante mentre osservava lo spazio esterno scuro, senza preoccuparsi di dove si trovasse, meditando sul presente.

Com'è possibile che in questo universo ci siano così pochi indizi della presenza di vita intelligente. Anche se giovane ha già una vita abbastanza lunga per essere popolato da svariate razze e relative colonie, e invece sembra deserto. Tutte le analisi svolte non hanno rilevato nulla di particolare, niente di così diverso da quanto abbiamo riscontrato in parecchi altri universi. Tuttavia né io né la seconda astronave abbiamo trovato tracce di vita degne di nota e ciò è molto strano. Non è un universo piccolo. Le sue dimensioni sono simili a quelle riscontate in tanti altri già esplorati, eppure qualcosa, in qualche modo, deve aver impedito la nascita di nuove specie e aver frenato lo sviluppo di quelle presenti.

Il Maosheziri appoggiò il contenitore della bevanda sul ripiano accanto a sé.

Qualcosa o qualcuno.

Ragionò per qualche momento su questa possibilità. Una razza talmente progredita, almeno quanto la sua, e quindi in grado di dominare quell'intero universo, di tenerlo in pugno nelle proprie mani. Alla fine scartò l'idea. Se così fosse, questi esseri si sarebbero già mostrati. Nessuno può mangiare nel tuo giardino senza avere prima chiesto il permesso, e cacciarli sarebbe un tuo diritto e dovere.

Dopo gli avvenimenti dei giorni precedenti nessuno dell'equipaggio aveva osato rivolgere parola al comandante. Quando era in quelle condizioni era inavvicinabile da chiunque fuorché dall'astronave stessa: l'unica contro cui non poteva sfogare tutta la propria insoddisfazione per gli scarsi risultati ottenuti fino a quel momento.

La quiete presente in sala era solo apparente, un'illusione, e sarebbe svanita al primo rumore eccessivo o, al comparire di una nota fuori posto e allora la tensione latente sarebbe certamente esplosa e qualcuno ne avrebbe pagato le conseguenze.

Fra i più anziani girava un racconto di come una volta, nell'universo Diarchan, circondati da centinaia di astronavi nemiche, il Submaosheziri, avesse avanzato l'idea di arrendersi, appoggiato da una parte dell'equipaggio. Stante l'incombenza della battaglia il Maosheziri aveva agito rapidamente e dopo averlo ucciso all'istante ne aveva conficcato la testa su di una picca ponendola all'ingresso della plancia di comando come monito per chiunque avesse voluto tentare di entrare con la forza e destituirlo.

Una luce fra le stelleWhere stories live. Discover now