Respira. - Capitolo1

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"Mamma sbrigati" dico urlando a mia madre

"Arrivo Chiara"

Ogni volta è la stessa storia. Prima usciamo e prima torniamo a casa. Ma sembra che mia mamma non capisca questa mia politica.

Ho 20 anni eppure di esperienze ne ho fatte nella vita. Scegliere una strada diversa da quella normale, scegliere di portare avanti il sogno di mio padre, finito nel dimenticatoio dopo la sua morte.

Già... mio padre. Un magistrato siciliano, trasferito a Pavia dopo la stagione degli attentati. Lui, criticato perché vedeva la mafia ovunque, dove "la mafia non c'era". E invece la magia c'era Era proprio lì. Davanti ai nostri occhi. Ucciso da coloro che lui stava per accusare.

Mia madre, mi ha cresciuto da sola dopo la sua morte. Oddio, cresciuta... ero già cresciuta. Mia sorella, forse, era troppo piccola per capire. Ancora oggi, nonostante abbia sedici anni, ritiene suo padre colui che mia mamma ha scelto come secondo compagno.

"hai preso i biglietti?" chiede guardandomi mentre sono già alla porta con le chiavi della macchina in mano.

"si. ti prego sbrigati." Dico alzandomi gli occhi al cielo "già non ci voglio andare. Sto rinunciando a una serata di studio disperato"

"non me li regalavi i biglietti." Dice mia mamma uscendo di casa e andando verso la macchina

Salgo al posto guida e metto apposto il sedile. E poi parto, uscendo dal cancello grande della villa. Mi dirigo verso Milano.

Dopo tutto quello che ha fatto mia mamma, le ho regalato un concerto a cui lei tiene tantissimo. È il 29 gennaio, e i ragazzi del volo si esibiranno a Milano. Lei non lo sa, ma sono riuscita ad ottenere dei passeggeri per entrare nei back stage per le prove, e per il dopo concerto

Parcheggio, e andiamo verso il posto prestabilito. Vado con una scusa a ritirare il pass, e qualche attimo dopo torno da mamma.

"andiamo vieni." Dico sorridendo "ti ho fatto un altro regalo."

La scorto fino alle porte del backstage, le metto il pass al collo e la faccio entrare, dopo aver chiesto a uno della sicurezza di scortarci. Ha vinto una visita guidata per tutto il backstage, mentre io ho chiesto di rimanere in un punto ferma. Mi danno anche una sedia. Così mi siedo, mentre aspetto mia madre.

"Barbara... Piero sta male!" è un uomo sulla cinquantina. Ha gli occhiali ed è bello grosso "non gli è mai successo... non so che ha" sembra agitato

Mi alzo. Ed entro lentamente nella porta qualche metro lontana da me. Vedo un ragazzo con una mano sul petto, bianco in volto. Mi avvicino le lentamente a lui.

"Ciao... sono chiara" dico provando a calmarlo "hai male al petto?" chiedo chinandomi al suo livello.

Poche cose ho imparato dal mio lavoro, e riconoscere un attacco di panico, è uno di queste. Lui annuisce.

"Segui me, respira con naso e bocca" dico prendendogli una mano e poggiandola sulla mia pancia

Inizio una respirazione diaframmatica, e lo aiuto a regolarizzare il respiro.

Piano piano vedo che riprende colore e riesce a respirare meglio. Lo guardo mentre lentamente riprende il respiro. Entrano velocemente delle persone nel camerino, proprio mentre io sono ancora chinato ad aiutarlo.

"signorina lei qui non può stare!!!" urla un uomo sulla sessantina con gli occhiali e una camicia bianca

"lasciala Michele. È grazie a lei se mio figlio ha ripreso a respirare normalmente." Dice il padre di quello che ho capito chiamarsi Piero.

"è un attacco di panico... niente di che..." dico per poi alzarmi lentamente "Piero, giusto?" lui annuisce "continua a respirare profondamente

"si... grazie" dice facendomi sentire per la prima volta la sua voce.

"devo chiederti di firmare un accordo di riservatezza. Tutto quello che è successo qui dentro, deve rimanere qui." Mi dice il manager

"ho fatto solo quello che dovevi fare. Non dirò niente in giro, non è mio interesse. Mi dica dove firmare, se la farà stare tranquillo." Dico fredda per poi puntare gli occhi in quelli di quell'uomo.

"la sua carta d'identità, o un documento valido." Mi dice anche lui freddo. Senza alcun timore, gli passo la carta d'identità.

Mi giro verso il ragazzo che ha ripreso colore, e sembra stare meglio. Mi guarda, mi sorride dolcemente. Io lo guardo negli occhi e sorriso il più freddo possibile. Sono sempre fredda con tutti, a parte quando lavoro. Con i miei ragazzi non sono mai fredda. Studio didattica della musica, e tra poco mi laureo. Il mio lavoro è tutto, non voglio distrazioni.

"ecco qui il foglio, Chiara Puglisi. Giusto?" chiede l'uomo guardandomi io annuisco "nata a Cefalù, giorno 8/03/1995"

"dove?" chiedo guardandolo il foglio. Lui mi indica la linea vuota. Firmo velocemente

"bene. Un grande piacere davvero." Dico sorridendo fintamente per poi uscire dal camerino, tornando al posto in cui avevo lasciato mia madre, e dove per fortuna la ritrovo.

La convinco ad andare a mangiare, prima del concerto. Così ci avviamo verso l'uscita, arrivando al ristorante più vicino. Sembra vuoto. Per fortuna. Entriamo e chiediamo un tavolo. Ci sediamo e scegliamo cosa ordinare. Mia mamma mi chiede più volte se ho qualcosa, ma io rimango fredda e distante.

"no... non ci credo..." dice mia madre guardando dietro di me

"cosa?" chiedo non capendo

"sono qui!!!"

"chi?"

"il volo!"

Mi giro lentamente e li vedo prendere posto a pochi tavoli da noi. Vedo Piero, il ragazzo che ho soccorso alzare il viso e guardarmi. Mi sorride, ma io giro la testa, rimanendo impassibile al suo sorriso. Mi sistemo sulla sedia e parlo con mia mamma.

"quanti esami ti mancano quindi?" mi chiede continuando a guardare dietro di me.

"2 e la presentazione della tesi. Manca poco." Dico per poi alzare il sopracciglio "smettila di guardarli. Non c'è niente da guardare" dico bevendo dal mio bicchiere

Lei sbuffa, e finalmente dopo poco arrivano i nostri piatti. Mangiamo, chiacchierando tra noi. Prima di uscire vado in bagno, mi do una rinfrescata, mi sistemo il trucco, ed esco poco dopo dal bagno. Ma vengo Bloccata, perché mi ritrovo a faccia a faccia con lui.

Balzo in aria dallo spavento per ritrovarmelo davanti. Lui mi sorride ancora una volta e poi prende parola.

"ciao... so che lo sai... ma sono Piero. Piacere." Mi porge la mano

"ok..." dico senza stringere la sua mano "devo andare"

"perché?" mi chiede fermandomi "perché mi hai aiutato?"

"perché non sono abituata a lasciare nella merda le persone." Dico fredda "lasciami andare."

"è perché sei così cattiva ora?" dice guardandomi diritto negli occhi. Rimaniamo a fissarsi per qualche secondo. È come se mi stesse leggendo dentro, senza che io dica niente "mi hai aiutato. Ti volevo solo ringraziare e restituirti il favore...."

"non mi serve. Non dire nulla a mia madre, non deve sapere niente" dico fredda, senza guardarlo "lasciami andare."

Lascia il mio braccio e io vado lentamente da mia madre, mi giro, ci guardiamo, mi rigiro e cammino verso mia madre, confusa, scossa, con un gran peso nello stomaco.  

Insegnami a SorridereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora