Capitolo 19

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Sono giorni che sono chiusa in casa, esco solo per la scuola. 

Non ho letteralmente voglia di fare nulla se non piangere e urlare col cuscino che mi tappa la bocca così da potermi sentire solo io, non voglio condividere il mio dolore con nessun altro, non la trovo una cosa giusta.

Un dolore del genere l'ho provato solo quando è morta mamma e speravo di non doverlo provare mai più, ma grazie al mio ormai ex, ci sono cascata nuovamente. 

Mio padre e mio fratello sono preoccupati, ma non mi importa, sono sicura che lo supererò come ho sempre superato ogni cosa. 

Sono distesa sul letto con le cuffie che hanno il potere di trasportarmi nel mio mondo, almeno qui non soffro. 

Ascolto la stessa canzone a ripetizione, tanto anche se togliessi le cuffie la sentirei comunque rimbombarmi nella testa per quante volte la sto riascoltando, ma io sono fatta così, quando mi fisso su di una cosa nulla riesce togliermela dalla testa. 

Il volume dalla musica si abbassa improvvisamente, segnale che c'è una nuova notifica. 

Tiro su il telefono dal cuscino, abbasso il pannello notifiche e leggo il destinatario, rimango basita quando leggo "Cri". 

Sono giorni che mi tempesta di messaggi e telefonate a cui io ovviamente, non rispondo. 

Non visualizzo nemmeno il messaggio, mi limito a cancellare la chat, non ho alcune intenzione di sentirlo. 

Guardo l'ora, due e un quarto. 

Ho un senso d'oblio nel cervello, mi sento stanca e ho la mente completamente annebbiata, mi sento inerme davanti al mio dolore. 

Mi volto verso il muro e il mio sguardo ricade proprio sull'unica foto che ritrae me, Cristian e Nicole al mare. 

Sento le lacrime uscirmi dagli occhi e bagnarmi le guance, mi lascio andare a quel pianto disperato che mi svuota completamente da ogni emozione facendomi addormentare tra le lacrime. 

Vengo svegliata da un rumore di pneumatici fuori casa che a contatto con l'asfalto urlano. 

Mi alzo in preda al panico dal letto e mi affaccio dalla finestra per vedere di chi si tratta, e li sul mio vialetto di casa lo vedo. 

Cristian. 

Rimango a fissarlo dalla finestra senza farmi vedere, non voglio mi veda. 

Una morsa allo stomaco mi coglie impreparata, le gambe si fanno deboli e il cuore mi scoppia in petto. 

Il campanello di casa suona, ma io non voglio aprire la porta, mi condurrebbe all'inferno, ma so che questa tortura non cesserà finché non aprirò quella dannata porta. 

Mi asciugo le lacrime con la manica della felpa, mi infilo le ciabatte ed abbandono la mia stanza che fino a poco fa è stata la mia dimora fissa negli ultimi giorni. 

Mi dirigo con passo veloce e arrivata dinanzi la porta d'ingresso faccio un respiro profondo.

< Chi è? >

La voce al di là della porta, risponde con quella voce che in questi giorni ha riecheggiato nelle mie orecchie per ore intere, non mi ha mai dato un attimo di tregua.

<Cristian. >

Ancora una volta sento quelle maledette lacrime chiedono libero sfogo, ma stavolta no, non cederò.

Cerco con ogni forza a me rimasta di trattenere queste maledette, non è il momento di fare le persone deboli o quelle che si piangono addosso.

Conto fino a tre, anche se so a che destino vado incontro e la cosa non mi entusiasma. 

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