Capitolo 3

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MIREA

Rimango a fissare i grandi occhi color cioccolato di Cristian per qualche secondo per poi esordire con:

< Cri! Che cosa vuoi adesso? >

< Mirea, lasciami spiegare, so che sono stato un'idiota, ma... >

Sento che il suo tono è spezzato quasi come se si stesse mettendo a piangere, si capisce che sta trattenendo le lacrime e ha il maone in gola. Devo ammettere che mi è venuto un nodo allo stomaco a sentirlo parlare così, ma non devo cedere, non può vincere lui, anche se l'istinto sarebbe quello di asciugargli la lacrime che gli è appena uscita dall'occhio sinistro, stringerlo in un abbraccio e dirgli che andrà tutto bene, che ora ci penso io a lui.

Ma cosa sto dicendo! Sono forse impazzita? Scuota la testa e con uno strattone mi libero dalla sua presa. Gli do le spalle e faccio per andarmene quando il mio istinto mi blocca. Le mie gambe non si vogliono muovere, questo è un segno. Devo affrontare la situazione a testa alta. 

Mia madre mi ha sempre detto che se non affronti i problemi subito si ripresentano in futuro ancora più grandi di quello che erano. Stringo i pugni, prendo un bel respiro a pieni polmoni e mi rivolto trovandomi faccia a faccia con lui. 

Cerco dentro di me tutta la rabbia che ho in corpo e come un serpente gli sputo in faccia tutto il veleno che ormai si è impossessato del mio esile corpo.

< Allora sarò breve e concise, non voglio più sprecare il mio fiato, ma soprattutto il mio tempo con te, perché non so se ne sei a conoscenza, ma il tempo perso non ce l'ho restituisce nessuno. Sono stanca delle promesse fatte e non mantenute. Tu sei stato un vigliacco, una persona senza cuore dopo tutto quello che sto passando. Detto questo ti auguro tutto il meglio dalla vita Cristian. >

Credo che le mie parole l'abbiano ferito, non si aspettava una reazione del genere, credo pensasse che l'avrei abbracciato e perdonato, ma non sempre bastano delle belle parole per far sì che tutto torni come prima. Buttate un piatto a terra, ovviamente questo si rompe in mille pezzi. Chiedetegli scusa. Il piatto non torno com'era agli inizi. Possiamo provare a rincollarlo, ma le crepe rimangono e il piatto diventa più fragile, basta anche un minimo urto per farlo frantumare senza rimedio. Ecco, vi presento il mio cuore, il mio povero cuore è come quel piatto che si è frantumato.

Mentre sono immersa nei mie dilemmi della vita, vedo Cri sbiancare improvvisamente. Anche se sono arrabbiata con lui, mi viene spontaneo preoccuparmi per la sua salute, tanto che mi avvicino a lui e guardandolo gli dico.

< Tutto bene? ti vedo pallido.>

< Si, tutto bene, solo che.. ecco vedi..>

Non è da lui balbettare. La prima cosa che mi viene in mente è che forse essendo stata troppo dura nei suoi confronti io gli abbia  provocato una specie di shock. Bisogna che io faccia qualcosa, così lo prendo per il braccio e comincio a scuoterlo con violenza, poi aggiungo.

 < Solo che cosa? Parla, mi stai facendo preoccupare, per tua fortuna ho ancora un cuore.>

All'improvviso lo vedo alzare la testa di scatto come se si fosse risvegliato da una paralisi e senza prendere neanche il respiro mi dice.

< Ho trovato una foto nel mio portafogli, non so cosa ci facesse li, Caren l'ha vista, mi ha chiesto di straparla e io l'ho fatto.>

Eccola lì, la maledetta lacrima che mi esce dall'occhio e mi riga il viso arrivando fino alle mie labbra. Il sapore è salato, come se stessi bevendo l'acqua del mare. Eccone un'altra. Il suo gesto mi ha letteralmente uccisa dentro. Ho potuto sentire il mio cuore andare in frantumi. Mi tremano le mani e le gambe, mi sento come una foglia in autunno che danza tranquilla nell'aria per poi toccare il suolo e non rialzarsi mai più. 

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