CAPITOLO 16

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Quella notte non riuscii a dormire, la frase dei medici mi rimbombava in testa: "Le probabilità che si svegli sono  poche" .
Mi rigirai più volte fra le lenzuola con un nodo alla gola:mi sarebbe piaciuto urlare quanto mi mancava, ma mi limitai a stringere al petto quel romanzo che ero passata da odiare ad amare. Guardai l'ora, erano solo le 3. Mancavano ancora 4 lunghissime ed interminabili ore prima che la sveglia suonasse, così mi alzai il più lentamente possibile e andai in bagno a farmi una doccia tranquilla.
Lasciai che i capelli si asciugassero da soli e mi misi una strana crema sulla pelle, tanto per perdere del tempo.
Quando finalmente suonò la sveglia andai in camera e mi vestii con la solita felpa e i soliti jeans; non mi truccai, non ne avevo la forza.
Scesi in cucina con le mani in tasca.
"Hey, come mai così puntuale?" disse ridendo mia madre.
"Ho una verifica e volevo ripassare" risposi rifilando la prima scusa che mi era passata per la testa.
"Okay... Ah Andrea oggi dopo scuola io e tuo padre non ci saremo, ti arrangi tu vero?"
"Si tranquilla mamma, ora vado" le sorrisi e uscii di casa.
Fuori c'era Abby:
"Ciao dormigliona"
"Hey Abby"
"Tutto bene? Ti vedo un po' pallida"
"Avrò confuso il fondotinta con il correttore" sdrammatizzai ridendo.
"Ahaha okay".
Arrivammo a scuola e entrammo.
Le ore di matematica non finivano più, e sapevo che anche le altre sarebbero state lunghissime.  Finalmente suonò l'ultima campanella. Fuori diluviava, ma non mi importava. Tirai su il cappuccio della felpa e iniziai a correre, corsi più veloce di quanto avessi mai fatto, sapevo dove volevo andare. E non avevo intenzione di fermarmi. La milza mi provocava un dolore atroce ma non smisi di divorare l'asfalto bagnato. Il mio corpo non era abituato a essere messo così tanto sotto sforzo, ma quella frase, quella fottutissima frase non mi lasciava in pace.Ad un certo punto mi bloccai, guardai il cielo, e urlai singhiozzando, urlai più forte che potevo; la pioggia mi bagnò il viso, e le gocce si mescolarono alle lacrime: "Perchè?!?! Perchè mi hai lasciata sola?!?! Non avevi alcun diritto di farlo! Sei un egoista bastardo!!". Non so quanto tempo passai sotto la pioggia a fissare il vuoto, con le lacrime che mi solcavano le guance bollenti, appannandomi gli occhiali. Dopo 10 minuti, o forse ore intere, passate a perdermi nei ricordi,si fermò a pochi passi da me una macchina.
Scese un ragazzo che corse verso di me. Gli occhi velati di lacrime mi impedirono di capire chi fosse. Si tolse la giacca e l'appoggiò sopra le mie spalle.
Quell'odore che mi inebriava il cervello lo avevo giá sentito, ma non lo riconobbi. Mi abbracciò per scaldarmi e mi accompagnò sul sedile posteriore della macchina.
"Andrea sono Nathan mi riconosci?"
Le gola secca mi impediva di parlare, così feci un piccolo cenno con la testa.
Nathan guidò veloce. Vidi la sua espressione preoccupata nello specchietto retrovisore.
Dopo pochi minuti fermò la macchina, mi tolse la cintura, mi prese in braccio e mi portò velocemente in camera sua.  Non c'erano ragazzi nei dormitori. Probabilmente erano a quella stupida festa che aveva organizzato America. Mi appoggiò sul letto come se fossi l'oggetto più delicato del mondo. Poi andò in un'altra stanza, che probabilmente era il bagno, e tornò con degli asciugamani. Si sedette vicino a me, e delicatamente mi tolse la felpa. Quando mi sfilò la maglietta, prese uno dei teli e lo passò sul mio petto velocemente,ma sfiorandomi appena. Avevo il reggiseno bagnato, e prima di toglierlo prese una maglietta dal suo armadio e me la mise. Quando mi tolse i jeans si infilò sotto le coperte insieme a me e mi strinse. Il freddò passò dopo poco,e in una decina di secondi mi addormentai.

La mattina dopo

Quando aprii gli occhi mi alzai all'istante. Non ricordavo assolutamente niente della sera prima. E il modo in cui ero vestita non prometteva nulla di buono. Mi strinsi la testa e a voce alta dissi:"cazzo!!"
"Oh, vedo che ti sei svegliata" sorrise Nathan.
"Cos'è successo?"
"Beh eravamo alla festa di America, eri ubriaca e..."
"E...?" lo intimai preoccupata.
"Beh insomma.."
"Oddio no"
"Andrea, davvero non ti ricordi niente?" La sua espressione cambiò radicalmente. Improvvisamente divenne serio.
"Beh,no."
"Eri sotto la pioggia a fissare il vuoto in mezzo a una strada"
In quel momento ricordai tutto. La corsa, le grida.
Avevo dormito con Nathan affianco.
Io odiavo il contatto fisico.
"Allora? Vuoi spiegarmi cos'è successo?"Mi alzai di scatto dal letto e iniziai a cercare una tazza per il caffè.
"Beh nulla, stavo facendo una passeggiata" .
"Sotto la pioggia, al freddo ,e senza giacca?"
"Sì"
"E i tagli sulle braccia?"
Mi bloccai.
"È... è stato il gatto." Dissi con voce incerta.
"Le unghie del gatto non fanno tagli così profondi"
"Il mio si, e poi chi ti ha dato il permesso di infilarti sotto le coperte con me?! Mettiamo subito in chiaro una cosa. Io non sono una tua 'preda' e non verrò mai e poi mai a letto con te!"
"Andrea.."
"Cosa c'è?!"
"Stavi tremando; un corpo umano si riscalda più velocemente se a contatto con un'altro corpo umano"
Diventai rossa. Lo avevo accusato di voler fare sesso con me quando stava solo cercando di  aiutarmi.
"Scusa"
"Non fa niente"
Prese le sue cose e mi lasciò sola nella stanza aspettando che mi cambiassi.
Quandò uscii dalla porta andammo a lezione. Scrissi ai miei genitori che stavo bene, e mia madre mi rispose che avevo quasi diciotto anni, e che potevo stare fuori una notte senza avvisare.
Cavolo, si fidavano tanto.
A lezione non riuscivo a stare attenta. Ad un certo punto mi arrivò un bigliettino che mi riportò alla realtà.
'Quando sarai pronta a dirmi cos'è successo io sono qui' -Nathan.
Cavolo, non pensavo avesse un cervello, figuriamoci un cuore.Non mi fidavo affatto di lui, insomma non lo conoscevo nemmeno bene. 
Decisi di concentrarmi sulla lezione di storia dell'arte per il momento.

I Hate Your Smile But I Love ItDove le storie prendono vita. Scoprilo ora