CAPITOLO 40

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"Tutto bene con la scuola?" chiese.
Lo guardai per un secondo, studiando la sua espressione mentre beveva la cioccolata calda. In effetti, era logico che mi fossi infatuata di lui. Si notava tra la folla, diciamo.
Era simpatico, carino, dolce....ma non sarebbe mai stato all'altezza di Nathan. Nessuno sarebbe mai stato alla sua altezza.
"Abbastanza bene, se escludiamo quando me ne sono andata al concerto e quello che ne è conseguito" ridacchiai.
"Quando non sei uscita dalle quinte, avresti dovuto vedere la faccia della preside. Ci dispiace ma la nostre cantante non è disponibile al momento" la scimmiottò.
Risi talmente tanto che il thè caldo mi andò di traverso, e iniziai a tossire come una stupida nel bar piano di gente.
Iniziò una catena di risate che non riuscivamo a interrompere, e che ricominciava ad ogni sguardo. Tutto l'imbarazzo dovuto al tentato bacio di prima era già sparito, come se fossimo stati amici da una vita.
Sbirciai l'orologio appeso alla parete e mi stupii che fossero già passate due ore. Ero decisamente in ritardo sulla tabella di marcia. Matthew notò il mio sguardo repentino e chiamò la cameriera per il conto. "Matt, pago io. Non insistere." Lo fermai, bloccando il suo braccio.
"Non ci provare. Ti ho invitato io al bar, quindi pago io."
Ci guardando un secondo negli occhi e scattammo insieme verso la cassa. Io ero avvantaggiata dalla posizione della sedia, e una frazione di secondo prima che arrivasse il mio amico, diedi i soldi al cassiere che mi guardava perplesso.
Matt tenne il broncio fino a quando non uscimmo.
"Oh, andiamo, non fare così! Mi devi aiutare a prendere i regali, ricordi?" ridacchia spintonandolo leggermente con la spalla.
Lui scosse la testa divertito, e ci buttammo nella shopping sfrenato.
~~~
"Dovrebbe esistere un girone dell'Inferno per le commesse che ti stanno sul fiato sul collo tutto il tempo." borbottai contrariata uscendo dal negozio di camice in cui avevo preso il regalo per mio padre.
"Quoto. Il prossimo nella lista?" mi chiese Matthew.
"Abbiamo finito!" realizzai felice dopo qualche istante.
Non avevo preso il regalo per Nathan, ma ero riuscita ad acquistare furtivamente un CD dei Gun's N'Roses per il mio accompagnatore, che ignaro di tutto stava cercando un disco di lirica per mia madre.
"Già..." sussurrò lui triste.
"Abbiamo finito. Purtoppo devo andare, si è fatto tardi..."
Eravamo arrivati alla fontana del centro commerciale, ed era ora di salutarci. Lui mi guardò per qualche istante, e poi mi abbracciò di slancio.
"Mi mancherai" sussurrò tra i miei capelli. Decisi che per lui avrei cercato di ricambiare la stretta, ma ero un po' impacciata, e soprattutto negata, in quel tipo di cose.
Quando si staccò da me, con sguardo malinconico arretrò di qualche passo, e poi si voltò. "Aspetta" lo chiamai ancora. Quando si girò verso di me, gli corsi incontro e lo abbracciai di nuovo.
Ci separammo dopo qualche inerminabile secondo.
"Allora ciao" mormorai triste.
Sembrò una sentenza difinitiva, ma infondo sapevo di non essera pronta a lasciarlo andare per sempre.

Tornando a casa in macchina qualche calda lacrima sfuggì al mio controllo, e rigò le mie guance altrimenti gelate.
Entrai in garage, spensi il motore, e rimasi in attesa. Di cosa, non ne avevo idea.
Il cellulare vibrò, strappandomi dai miei pensieri, e lessi il messaggio che mi aveva inviato Abby. Mi chiedeva se sarei andata con lei alla festa di quella sera. Risposi che no, non ne avevo voglia, e buttai il cellulare nella borsa uscendo dalla macchina. Feci in tempo ad entrare in casa e fare una veloce chiamata a mia sorella Ariana, dicendole che i nostri genitori erano partiti e non avevo la minima idea di quando sarebbero tornati, che il campanello suonò.
Appena aprii la porta, delle braccia circondarono i miei fianchi e delle labbra fredde si fiondarono sulle mie. Dopo qualche secondo, Nathan si staccò e sorrise a un centimetro dal mio viso.
"Non ti vedevo da troppo tempo" si giustificò con uno sguardo furbo.
"Stamattina abbiamo fatto colazione insieme, e anche il pranzo. E ci siamo visti a lezione di letteratura" gli ricordai.
"Beh, è passato comunque troppo tempo" rispose baciandomi di nuovo.
"Ora ti prego, posso entrare? Sto congelando" mi chiese.
Avevo voglia di provocarlo, anche per distrarmi dalla partenza di Matthew.
"Si è approfittato di me solo per vitto e alloggio, signor Mills? Sono sconvolta!" feci in modo teatrale, ma facendolo comunque entrare.
"Non si preoccupi, signorina Clark" rispose lui entrando e muovendo la mano come per scacciare una mosca, "potrei fare anche di peggio" si voltò con un sorrisino ben poco affidabile.
Deglutii a vuoto e cercai di nascondere il rossore sulle gote andando in cucina e chiedendogli se volesse qualcosa da bere. Ero talmente occupata a non farmi paranoie inutili che non mi accorsi che mi aveva seguito in cucina, dopo essersi tolto il giubbotto, e che si era appoggiato allo stipite, di nuovo.
"Che hai? Ti sei innamorato delle porte di questa casa?" chiesi ridacchiando nervosamente. Quel suo sorrisino mi aveva mandato in paranoia, e quella frase che aveva il solo scopo di mettermi agitazione stava riuscendo nel suo intento.
Mi guardò confuso.
"Tutte le volte che apro la porta, sei appoggiato allo stipite. Anche in bagno l'ultima volta ." spiegai, pentendomi subito dopo di quello che avevo detto. Potevo essere così stupida?
"Ah già" avanzò lentamente, "in bagno" concluse con la voce bassa e roca.
Tossicchiai leggermente, e gli diedi le spalle per prendere il bicchiere dall'armadietto.
Pessima mossa.
Lui si avvicinò ancora di più, si allungò e lo prese al posto mio.
"Sei troppo bassa" sussurrò al mio orecchio.
"G-grazie. Per il bicchiere intendo.....non-non per la statura" balbettai in confusione

Smettila di balbettare, idiota!
Ok, calma e sangue freddo. È solamente vicino. Molto vicino. Estramente vicino. Ok, ti stai ripetendo.
Oh. Mio. Dio. Quanti muscoli ha? Può un essere umano essere così perfetto?

Mi tolse dalle mani il bicchiere e mi fece girare dì scatto, baciandomi quasi con urgenza. Gli allacciai le braccia intorno al collo, mentre le sue mani circondarono le mie guance.
Le sue labbra non erano più gelate, ma estremamente bollenti e...buone. Erano decisamente buone. Il suo profumo mi invase le narici e raggiunse il cervello, facendomi torturare ancora di più la sua bocca.

Si può morire per un bacio? Io, in quel momento, stavo per morire. Rischiai letteralmente di svenire quando lo sentii sollevarmi per le cosce e trasportarmi fino all'isola, al centro della cucina.
Le mie gote erano costanti ad una temperatura che probabilmente avrebbe potuto far concorrenza al sole, e la situazione peggiorò quando le sue mani sollevarono i bordi della mia maglia e cinsero i miei fianchi. Sembrava volesse lasciare un impronta sulla mia pelle, ma non solo quella dei fianchi. Le sue labbra scesero dalle mie all'orecchio, iniziando a mordicchiare il lobo, per poi lasciare dei baci continui sul collo. Strinsi i suoi ricci chiudendo gli occhi, godendomi la sensazione fantastica che mi regalava.
E saremmo andati avanti, eccome se saremmo andati avanti, se il campanello non ci avesse interrotti.
Mugugnò in protesta contro le mia labbra, e fui costretta a staccarlo a forza.
"Nathan..." ridacchiai cercando di spostarlo.
Lui, in risposta, si fece ancora più vicino, mordendomi leggermente il collo.
Lo richiamai, ma con meno convinzione. In fondo, non volevo davvero che smettesse, anzi il contrario. Sarei stata lì a bearmi dei suoi baci per l'eternità e anche oltre, se un insistente bussare non mi avesse risvegliato, di nuovo
"Cristo" gli sentii sussurrare quando si avviò improvvisamente alla porta.


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