Capitolo 4

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«Sono venuta solo per sentire delle scuse per quello che è successo in mensa altrimenti me ne vado» dico per convincere più me stessa che lui. Mi avvicino ma non troppo.

«Io non ho intenzione di chiederti scusa» dice a braccia incrociate come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

«Ah no? Allora posso anche andarmene»

Mi giro verso la porta per uscire ma lui fa un passo verso di me e mi afferra il polso, di nuovo. Il suo contatto mi provoca un brivido che mi percorre tutta la schiena.

La sua continua arroganza mi irrita. Chi crede di essere per potermi bloccare così ogni volta che vuole? Sono furiosa.

«Ma la smetti? Chi credi di essere? Sei solo un montato, vai a fare i tuoi giochetti ridicoli a qualcun'altra!» gli grido a dieci centimetri dal viso. Non volevo avvicinarmi così tanto ma lui mi ha costretto. Non riesco a controllarmi. È come se non ragionassi prima di parlare. Mi manda fuori testa.

Mi guarda con occhi attenti e profondi. Le sue pupille sono dilatate e la mascella tesa. Mi sta ancora tenendo il braccio con la mano enorme da cui non sono riuscita a liberarmi.

«Ti ho fatta venire semplicemente perché domani la partita di football è stata spostata di un'ora e dovresti farlo sapere a tuo fratello» dice praticamente incurante di quello che gli ho gridato due secondi fa.

Si sta prendendo gioco di me e io non so che fare. Sento la rabbia che ho dentro aumentare ancora di più. Dovrei mandarlo a quel paese e andarmene subito da qui ma riesco solo a fargli la domanda più banale che ci sia.

«Mi hai fatta venire solo per questo? Non potevi dirglielo tu?» chiedo incredula con un filo di voce.

Si avvicina ancora di più tenendomi il braccio. Noto le pupille dilatate e la mascella più tesa di prima. Trattengo il respiro, i brividi mi percorrono tutto il corpo e il mio cuore accelera. Si avvicina e mi sussurra all'orecchio.

«Se glielo avessi detto io non avrei trovato la scusa perfetta per vederti»

Mi guarda negli occhi per un tempo che sembra infinito, e se ne va lasciandomi lì. Non sono riuscita a dirgli niente, come se non avessi più voce.

Quando mi lascia così, le insicurezze dentro di me diventano sempre più forti e incontrollabili. Mi fa sentire piccola e impotente. Non mi piace. Fa sembrare il suo comportamento una cosa ovvia ma non sa che prima di lui nessun ragazzo mi si era avvicinato così. Non sa cosa vuol dire per me una vicinanza del genere. Lui sarà anche abituato a giocare così con tutte le ragazze che incontra ma io no. Io non sono così. Non voglio stare ai suoi giochetti.

Il messaggio di Emma in cui mi dice che sto facendo tardi a lezione mi riporta alla realtà. Non le ho raccontato ancora niente di Luke ma pranzeremo insieme oggi quindi avrò tutto il tempo a mia disposizione.

Corro in classe e passo il resto della giornata con la testa altrove.
Aveva veramente voglia di vedermi o mi stava solo prendendo in giro? Non dovrei pensarci così tanto perché la risposta è ovvia: si sta solo divertendo a prendere in giro l'unica ragazza che ancora non gli si è attaccata al collo. Non mi farò fregare da due occhi neri come i suoi.

La campanella suona e mi dirigo nell'atrio per aspettare Emma.

«Ciao tesoro! Come stai?» Mi saluta con un abbraccio e si porta una ciocca dei capelli biondi dietro l'orecchio. È uno dei suoi più grandi vizi. Si tocca sempre i capelli sia quando è felice ed euforica sia quando è agitata.

Ci dirigiamo verso la mensa e nel frattempo le acceno ciò che le racconterò più tardi.
Oggi nel menù c'è la doppia scelta finalmente, prendo un po' di pasta in bianco e l'acqua. Con i vassoi ci dirigiamo verso il nostro tavolo ma ci blocchiamo contemporaneamente. È occupato. Di nuovo. Di nuovo lui.

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ALLISON ADAMS

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LUKE COLLINS

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EMMA YOUNG

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