Capitolo 3

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Stamattina il letto non ha voluto lasciarmi andare al suono della sveglia così sono arrivata in ritardo a scuola.
I corridoi sono vuoti e le classi silenziose. Mi dirigo verso l'aula di scienze ma una mano mi blocca.
"Cosa vuoi?" dico, quando riconosco Clayton.

"Sei in ritardo, quindi perché non salti la prima ora e stai un po' con il tuo ragazzo?"

"Per finta." aggiungo. "E comunque no, non ne ho voglia."

"Dai tesoruccio, non te ne pentirai." mi prende per mano e mi trascina in cortile, in un posto più appartato.

Ci sediamo sotto un albero e il biondo estrae dalla tasca dei jeans un pacchetto di sigarette.
"Non sapevo fumassi."

"Non sai molte cose di me." mi guarda divertito.

"Facciamo il gioco delle domande, ci stai?" propongo e stranamente acconsente.
"Ok."

"Qual'è il tuo colore preferito?"

"Nero."

"Persona che ami?" continuo.

"Semplice, me stesso."

Poco modesto il ragazzo.

"Ora ricordo perché mi stai antipatico, sei troppo vanitoso e sicuro di te."

"Non mi sopporti eppure sei qui a farmi domande. Cos'è, sei bipolare?" cerca di infastidirmi.

"No, cretino. Non lo sono, stavo cercando di essere gentile ma siccome sei un coglione patentato, vado via e non provare a seguirmi." sbuffo stufa delle sue lamentele.

Clayton non batte ciglio e si sdraia per prendere il sole, nemmeno se fosse in spiaggia con il costume.
Patetico.
Attraverso la porta ma mi fermo di botto.

Ammettilo che vuoi stare con lui.

Taci coscienza dei miei stivali, non sparare cavolate.

Allora perché ti sei fermata? Io sono la tua coscienza, so tutto e rifletto quello che pensi.

Guardo verso Clayton e il suo bel faccino da schiaffi è illuminato dal sole caldo di inizio Maggio. Per essere uno stronzo certificato è parecchio bello, tutte le ragazze gli vanno dietro e lui le usa per poi scaricarle. Se abbasso la guardia e cerco di conoscerlo di più, farò la loro stessa fino. Quindi devo continuare la mia strategia del "non innamorarsi dello stronzo" iniziata quattro anni fa.
Sarebbe tempo sprecato e soprattutto lacrime sprecate.

"Bambolina ti sei bloccata?" una voce fastidiosa mi richiama.

Alzo gli occhi e davanti a me c'è Travis Donovan, l'altro figo della scuola.
"Lasciami in pace, Donovan."
Preferisco essere acida che rispondere cordialmente ad un tipo come lui, tutto muscoli e niente cervello.

"Era solo una domanda, hai visto Clay?" osa perfino chiedere.

"È laggiù sotto quell'albero stile lucertola. E la prossima volta evita di parlarmi di lui."

"Ieri mattina siete venuti insieme a scuola, se non sbaglio." continua con il suo interrogatorio.

Sbuffo spazientita, ne ho abbastanza. "Senti, è successo a causa dei nostri genitori. Quindi smettetela di associarmi ad un essere ripugnante come lui. Siete ridicoli, tutti."

Esco di nuovo in cortile ma vado a sedermi molto distante dal ragazzo biondo e dal suo amico che è andato a cercarlo. Stanno ridendo di non so cosa ma quando entrambi si voltano nella mia direzione capisco. Stanno ridendo di me, del mio aspetto e del mio carattere. Poco ma sicuro.
Che si fottano, il criceto che hanno in testa ha smesso di girare la ruota da un bel po', quindi come biasimare la loro ignoranza.
Estraggo dallo zaino le cuffiette e mi metto comoda ad ascoltare musica. È l'unica cosa che riesce a calmarmi, a farmi rilassare. Quando sono arrabbiata o semplicemente triste, mi chiudo in camera e sto ore ed ore ad ascoltare la mia amata musica. Mi isolo dal mondo intero, per me non esiste nessuno in quel momento se non io e le mie cuffiette.
Ho sentito dire che molte ragazze della mia età lo fanno, anche maschi, e che i genitori si lamentano sempre di questa loro mania. Ma quello che non capiscono è che non è una mania, ma una scelta di vita. C'è chi va a fare una passeggiata o dipinge per rilassarsi, noi semplicemente ascoltiamo musica.
Qualsiasi genere, qualsiasi cantante, basta che le parole arrivino dentro l'anima, la riscaldino e la rendano forte.

Un fidanzato per finta Where stories live. Discover now