Capitolo 1.27

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Victoria aveva chiuso a chiave la porta della stanza d'albergo e senza riuscire ancora a respirare normalmente, aveva tolto scarpe e vestito e aveva indossato jeans maglione e stivali. Si era raccolta i capelli in una coda e aveva passato l'acqua sul viso cercando di togliere un po' di trucco.

Sentiva tremare le stanze per i fuochi d'artificio e il grande spettacolo pirotecnico sulla neve che avevano organizzato per la mezzanotte.

Dentro di sé però quel rumore era niente. Era rimasta nel silenzio dei suoi pensieri, come se ci fosse un blackout nella sua testa, Victoria non riusciva a pensare a niente, a cosa poteva pensare infondo? Aveva visto una scena che le aveva spezzato il cuore in mille piccoli pezzi come se qualcuno avesse tirato un forte pugno ad uno specchio; il suo mondo, tutto quello per cui aveva lottato, quello che desiderava, la sua felicità, si erano tutto sgretolato sotto i suoi piedi come se fosse un castello di sabbia in riva al mare che la tempesta aveva portato via. Una tempesta che non sarebbe mai passata e non avrebbe mai più riportato l'arcobaleno.

Avrebbe voluto fare un sacco di cose in quel momento: fare le valige e ripartire ma fino all'indomani non ci sarebbero state corriere per il ritorno a Madrid, chiamare Ines ma non voleva spiegare e rivivere ciò che era successo, avrebbe voluto scappare lontano perdersi in mezzo ai boschi soffrire in silenzio senza coinvolgere il resto del mondo. Tutto però la bloccava, tutto la faceva rimanere di fronte al letto a guardarlo. I fuochi d'artificio coprivano ogni pensiero, fortunatamente. Piangeva. L'unica cosa che riusciva a fare. Le lacrime non riuscivano a fermarsi, anche se scendevano silenziose, senza essere accompagnate da disperati singhiozzi. Dentro di sé si sentiva morire lentamente. Come aveva potuto fidarsi? Come aveva potuto essere così ingenua da pensare che esistesse tale perfezione?

Era stata ingannata dalla vita, era stata ferita come mai lo era stata prima. Una ferita che bruciava nel petto, era il suo cuore in pezzi dilaniato da quel ricordo, da quel bacio, da quel momento. Ad un tratto, mentre ripensava per l'ennesima volta le stesse cose, notò qualcosa vicino al suo cuscino mai visto prima. Era...una busta o qualcosa di simile. Corrugò la fronte, si avvicinò e si sedette sul suo lato del letto. Effettivamente era una busta, una busta bianca con una scritta sopra, c'era qualcosa dentro di solido, assieme ad un biglietto. Sentì per un attimo il profumo di Sergio nell'aria.

Sergio. Solo il nome la faceva rabbrividire. Ricordarselo in quel momento e associarlo a quella scena il momento era come essere attraversata da una scarica elettrica che le avrebbe dato la morte da un momento all'altro.

Scartò con le mani tremanti la busta senza leggere cosa ci fosse scritto dietro. Aprì il biglietto prima. La scrittura del ragazzo in penna nera.

Le persone passano la vita a cercare il paradiso

senza mai trovarlo del tutto.

Io posso dire di averlo trovato e per questo ti ringrazio.

Sei la ragione per cui a me non serve desiderare nient'altro che questo.

Io ti amo.

Victoria chiuse gli occhi e non fu più possibile trattenere il dolore. Le lacrime cominciarono a rincorrersi lungo le sue guance fino a bagnare il biglietto. La penna sbavò quasi subito su quel "ti amo". Sembrava fatto apposta. Un "ti amo" che andava sciogliendosi. Rovesciò la busta sul palmo della mano e ne cadde un braccialetto. Era fatto a catena e appeso a questo c'era un cuore che illuminava tutta la stanza. Era la cosa più bella che avesse potuto vedere in quel momento.

Chiuse di nuovo gli occhi stringendolo tra le mani. Tutto questo era assurdo, pregò che fosse solo un sogno, che non fosse realmente successo, che non dovesse rinunciare a tutto questo per un bacio... ma non poteva, non poteva perdonarlo, non poteva nemmeno chiedere spiegazioni perché non ne voleva. Non sarebbe stata abbastanza forte per sentire nessun tipo di scusa.

Trilogia con Sergio RamosWhere stories live. Discover now