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GIORGIO POV'S

Lei era in piedi davanti al letto.
Le lacrime gli inondavano il viso come fosse una fontana.
Mi guardò un'ultima volta con tutto il disprezzo e l'odio del mondo.
La sua felpa grande qualche taglia in più gli era scivolata su una spalla dandogli l'aria di una ragazza distrutta. Le punte rosa gli cadevano scolorite sulle spalle.
Era dannatamente bella.
Poi si girò e corse via, lontana da me.
Una parte di me mi gridava di correrle dietro ma il mio corpo non voleva saperne.
Mi sentii un idiota.
Mi sentii come se una parte di me mi venisse strappata via con forza.
Rimasi a fissare il punto in cui lei era sparita.
Le sue parole riecheggiavano nell'aria come una freccia scagliata con forza.
Se solo lei avesse potuto capire.
Ma non poteva perché io non le avevo detto nulla. L'avevo tenuta all'oscuro di tutto, per paura di farla soffrire.
O forse ero io quello che avrebbe sofferto di più.
Sotto quella struttura fragile c'era in realtà un forte carattere, e io me ne dimenticavo sempre.
Passarono ore, ma non avevo il coraggio di muovermi, ne di alzarmi, ne di correrle dietro, a spiegarle che non era come lei pensava.
L'unica cosa che le correva dietro era il mio pensiero.
Passò un'ora o forse due, probabilmente tre quando finalmente mi alzai.
Diedi uno sguardo all'orologio, le otto. Fuori era buio.
-Cazzo!- Imprecai un paio di volte e poi uscii.
C'erano un paio di piazze enormi, e in una delle due sarebbe stato il posto in cui probabilmente avrei suonato.
C'erano strade e vicoli intrecciati fra di loro.
Alla fine sbucai in un parco e mi abbandonai alla prima panchina che trovai. Erano le nove e mezza e io non ero riuscita a trovarla.
Il parco era vuoto. Mi presi la testa fra le mani e urlai.
-Hei zuccherino smettila di urlare. Finirai la tua bellissima voce- disse una voce femminile.
Viaggiai con lo sguardo per vedere chi fosse la fonte di quelle parole.
Nell'ombra c'era una sagoma sottile che giocherellava con qualcosa.
-Ne vuoi?- la ragazza venne alla luce e io la riconobbi subito.
I lunghi capelli neri le ricadevano sulle spalle. Le labbra infuocate da un rossetto rosso scuro.
Indossava dei tacchi alti, dei leggins aderenti e una maglia nera aderente.
Tra le mani aveva una bustina bianca.
-Katerina- sibilai.
Lei si avvicinò sempre di più a me.
-Allora? Non hai risposto alla mia domanda!- mi fece notare porgendomi il sacchettino con la droga dentro.
Io la presi e la gettai a terra con tutto il disprezzo possibile.
Mi alzai.
-Lo sai che ho smesso tempo fa con quella roba!-
-Ma su dai!- lei si schiacciò contro il mio corpo. Era calda mentre io avevo il gelo che mi penetrava fin dentro le ossa.
-Vattene Katerina. Io con il vostro giro non ci sto piú!- quasi urlai, arrabbiato.
-Oh oh, qualcuno sta diventando verde dalla gelosia...- sussurrò al mio orecchio.
Sbiancai.
Sapevo a chi si stava riferendo.... Ilaria.
Avevo paura di girarmi, avevo paura di vedere la sua delusione e il suo disprezzo.
All'improvviso sentii una fitta all'altezza dell'addome, Katerina si scostò di qualche passo e io crollai in ginocchio, nel buio più totale.

Supereroe FallitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora