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Entrai nel parco.
Era tutto apparentemente vuoto.
Come nel sogno.
-Giorgio!- chiamai senza aspettarmi una risposta.
Feci per andarmene quando un bagliore dall'altra parte del parco attirò la mia attenzione.
-Giorgio!-
Nulla.
Mi avvicinai pronta al fatto che sarebbe potuto andare tutto come avevo sognato.
E lui era lì.
Non aveva il cappuccio tirato su, ma il coltello in mano si.
-Giorgio ti prego... Dammi quella lama- tesi la mano verso quella che impugnava l'arma.
-Me lo ricordi cosí tanto! Avete la stessa struttura fragile...- la sua voce era piatta. Priva di emozioni.
Sembrava una macchina.
Percepivo la freddezza nella sua voce.
-Smettila. Così fai male a te e... A me..- cercai di essere razionale ma in quel momento non ero al massimo della lucidità.
-Avete gli stessi occhi...-
-Smettila! Dammi quel coltello!- dissi alzando un po' di più la voce cercando di nascondere in qualche modo la voce che mi tremava.
Una lacrima rigò il mio volto.
-Anche lui piangeva mentre lo stavamo picchiando... Ho visto la luce lasciare i suoi occhi... Lentamente...-
Ogni sua parola era una tortura. Come una spada che ti trapassa il petto più e più volte.
Cominciavo a sprofondare nell'oscurità, l'ultima cosa che vidi furono gli occhi di Giorgio che assomigliavano a quelli di un demone.
Caddi in ginocchio.
La lama era a pochi centimetri da me.
Iniziai a piangere.
Mentre lui rideva.
Ma non era una risata divertente, era spaventosa, quasi godesse del fatto che stessi soffrendo così tanto.
Presa da uno scatto d'ira gli strappai il coltello dalle mani e glie lo puntai contro.
La situazione si era ribaltata. Ora ero io a tenere il coltello e contro di lui.
Pian piano i suoi occhi tornarono normali e spaventati.
-Ila... Io...- provò a dire ma io lo aggredii, noncurante del fatto che se avessi urlato probabilmente le persone si sarebbero svegliate e avrebbero chiamato la polizia.
-No Giorgio. "Io" un cazzo! Mi stai riducendo l'anima a brandelli! Ogni cazzo di volta che siamo soli tu ti... Trasformi... Non sei più tu! Guarda questo Giorgio!- gli misi davanti agli occhi il coltello e lo incitai con violenza a guardarlo -Guardalo cazzo!- spostò finalmente gli occhi sulla lama ma la sua espressione non sembrò cambiare. Era terrorizzato. Forse da me, che in quel momento ero proprio irriconoscibile, forse da quello che aveva fatto.
-Stavi per uccidermi con questo!- non urlavo più ma ero distrutta.
Ero stanca.
Lui cadde in ginocchio davanti a me e si prese la testa tra le mani.
Le nocche gli erano diventate bianche.
Sembrava volesse farsela esplodere fra le dita.
In quel momento era così indifeso.
Sembrava un angelo con un aurea nera attorno.
Mi inginocchiai accanto a lui.
-Va meglio?- gli chiesi e lui si limitò ad annuire.
Poi mi guardò ma non mi vedeva veramente guardava oltre, come se fossi uno specchio.
Iniziò a cantare sotto voce.
Così piano che non riuscivo a sentirlo nonostante fossi molto vicina a lui.
Lo osservai.
Era così indifeso.
Provai un moto di pena e... forse amore...
Si, lui mi è sempre piaciuto anche se è sempre stato irritante.
Ma è proprio quello che amavo di lui.
Sapeva tenermi testa.
Spostai la mia mano sul suo viso e lo carezzai.
Passai con il pollice sulle sue occhiaie.
Come se toccandole potessero sparire.
Gli brillarono gli occhi.
Si alzò facendo alzare anche me.
La lama giaceva a terra inerme.
Almeno non mi avrebbe fatto del male.

Supereroe FallitoWhere stories live. Discover now