capitolo 23. Cattivo (Aggiornato)

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Sentii una porta aprirsi e mi resi conto fosse della stanza dove mi trovavo.

Qualcuno stava provando ad aprire l'armadio.

"Jason tieni qualcuno bloccato qui dentro" rise John amaramente.

"non ti avvicinare" urlò Jason.

"aiuto" urlai.

"Jason, non sei cambiato" esclamò John.

Sentii dei movimenti ed all'improvviso l'anta dell'armadio si aprì, vidi il padre di Jason, John.

"sta lontano da lei" disse a denti stretti Jason, mettendosi davanti a me.

John lo scansò e mi guardò attentamente.

"come ti chiami ragazzina?" mi chiese.

"sono Charlotte" sussurai.

"sei qui per tuo volere?" mi chiese ancora ma Jason non mi diede il tempo di parlare e mi prese, stringendomi a sé.
Cercai di liberarmi dalla sua presa, ma con scarsi risultati.

"Jason, lasciami" urlai arrabbiata.

"no, non posso" urlò spaventato.

"Jason smettila, questa ragazza non vuole stare con te" gli disse John.

"John non sono cazzi tuoi, se provi solo a dirlo alla polizia manderò qualcuno a far male a tua moglie" rispose con rabbia Jason.

John spalancò gli occhi.
 
"morirai per colpa di Jason" disse John rivolgendosi a me.

I miei occhi diventarono lucidi, era vero Jason mi avrebbe portato alla morte.

Jason mi strinse a lui e mi tenne ferma.

"Adesso vai via John" disse con tono gelido Jason.

John non disse nulla e se ne andò.

Jason mi lasciò ed andò al piano di sotto per chiudere a chiave la porta, scesi anche io velocemente e trovai Jason sul divano che piangeva.

Titubante mi avvicinai a lui e mi sedetti al suo fianco.

"Jason" sussurai.

Alzò la testa e vidi i suoi occhi pieni di lacrime.

Provavo pena per lui vedendolo soffrire molto.

"John è un pezzo di merda" disse Jason.

"credo-" mi interruppe prendendomi per le spalle.

"per quale cazzo di motivo hai urlato, facendo così in modo che John ti sentisse?" domandò con rabbia.

"lasciami mi fai male" urlai.

Poco dopo mi lasciò e ricominciò a piangere.

Gli accarezzai i capelli, cercando di farlo smettere di piangere.

"Jason, qual'è il tuo lavoro?" chiesi improvvisamente, non sapevo ancora molte cose su di lui.

"Il mio è un lavoro abbastanza complicato, io e alcuni ragazzi facciamo parte di una società" rispose.

"il tuo nome completo?" domandai.

"Jason Brown" rispose.

"vorrei portarti fuori oggi" disse con un leggero sorriso, tornando di buon umore.

"va bene" dissi contenta.

Andai sopra e mi cambiai, dopo scesi al piano di sotto. 

Uscimmo di casa ed arrivammo davanti un supermercato.
Non mi elettrizava molto il posto, ma almeno avrei visto nuovi volti.

Appena uscii dalla macchina, Jason mi prese la mano.

"Mancano davvero tante cose da mangiare" disse con un sospiro stanco.

Entrati nel supermencato, Jason mi strinse la mano, andammo nel reparto verdura e vidi qualcuno osservarmi.

Mi girai e lo vidi. Era mio padre.

Lo guardai con gli occhi spalancati, stessa cosa fece lui.

Jason era ignaro della situazione, impegnato nel scegliere quale verdura prendere.

Mio padre mi fece segno di stare in silenzio, prese il telefono e chiamò qualcuno.

Non sapevo per quale motivo mio padre fosse lì, ma il destino mi stava regalando una seconda chance per poter scappare.

Finalmente sarei tornata ad essere libera, il solo pensiero mi provocò le lacrime agli occhi.

Dopo poco sentimmo delle sirene della polizia, Jason si girò velocemente verso di me con occhi spaventati.

Mi prese il polso, mi dimenai dalla sua pressa e cercai di correre verso mio padre.

"dove vai?" mi urlò contro.

Non gli risposi, gli diedi uno schiaffo forte.
Alzò la testa per fissarmi ma qualcosa catturò la sua attenzione.

Mio padre, aveva una pustola puntata contro di lui.

"non toccare mia figlia" disse a denti stretti.

Altri polizzioti si riunirono intorno a me e Jason.

"lascia mia figlia ragazzo" continuò parlare mio padre.

"no" urlò Jason.

"agenti, bloccate il ragazzo" disse un poliziotto.

Altri polizzioti presero Jason, mentre quest'ultimo si dimenava.

Corsi da mio padre e lo abbracciai.

"è tutto finito" sussurrò dolcemente e mi accarezzò la testa.

"Non finirà così" urlò Jason con rabbia.

Jason prese dalla tasca un oggetto con un pulsante e premette il bottone.

Mi sorrise in modo diabolico, uno dei suoi sorrisi malati.

In pochi minuti arrivarono Ryan e altri ragazzi che iniziarono a sparare ai polizziotti.

Mio padre mi prese la mano ed inziammo a correre via, ma uno sparo catturò la mia attenzione.

Avevo sparato alla gamba di mio padre.

"papà" urlai preoccupata.

"sto bene, andiamo" disse mio padre senza arrendersi.

Corremmo fino ad arrivare ad un bosco ma caddi almeno tre volte, mio padre era appoggiato alla mia spalla e il peso rallentava i miei movimenti.

"chiama un'ambulanza" disse con dolore. 

Mi diede il telefono e composi velocemente il numero.

"papà che ci facevi qui?" gli chiesi.

"ti sto cercando da quando quel verme ti aveva preso l'ultima volta. Per lavoro mi trovavo nelle vicinanze, dovevo fare la spesa per la squadra. È stata una fortuna trovarti qui" disse dolorante ma sorridendo.

Gli sorrisi e mi levai la giacca per metterla intorno alla sua gamba.

All'improvviso sentii un panno sulla faccia, vidi mio padre urlare.

Venni presa in braccio e poi buio.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto

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