3. Solo due satelliti

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"Come quando avevo voglia di incontrarti anche per sbaglio 

Per le strade di un paese che neanche conoscevo 

Mi perdevo ed ero certo che ogni volta tanto, poi, ti ritrovavo"

Solo due satelliti - Marco Mengoni


La mattina seguente Marco era di nuovo alla fermata. 

Era solo Martedì eppure gli sembrava di aver già accumulato la stanchezza di un'intera settimana. Era completamente sovrappensiero quando il pullman raggiunse la fermata; si accorse della sua presenza appena un secondo prima che richiudesse le porte e ripartisse. 

Salì al volo e, facendo scorrere lo sguardo, notò un posto vuoto in fondo al mezzo. Si precipitò ad occuparlo e una volta sistematosi ripiombò nel caotico vortice dei suoi pensieri. 

Prima ora: filosofia teoretica. Kant. Le tre critiche. Libro. Il libro che aveva prestato a Cristian. Doveva chiamare Cristian per chiedergli come stesse suo padre. Papà. Avvisarlo che quella sera non sarebbe tornato per cena. Uscita. Chissà se avrebbe incontrato qualcuno. Magari la ragazza che aveva visto sull'autobus il giorno prima... 

Proprio mentre questi pensieri attraversavano la sua mente, la misteriosa ragazza salì sul pullman. Marco restò ancora una volta incantato a guardarla. I suoi lunghi capelli neri riflettevano la debole luce mattutina. 

Era così bella da svuotargli la mente da ogni altro pensiero. La vide guardarsi attorno alla ricerca di un ritaglio di spazio libero e poi muoversi nella sua direzione, fino a fermarsi a pochi passi da lui.

Doveva dirle qualcosa, subito. Non poteva lasciarla andare via senza sapere il suo nome. Ma come poteva esordire? Erano due perfetti estranei, se le avesse chiesto direttamente il nome sarebbe sembrato un tipo strano che cerca di rimorchiare le ragazze sui pullman. Non poteva assolutamente rischiare di fare la figura del marpione. Non con la ragazza misteriosa. 

Così si alzò, con il busto proteso nella sua direzione e con voce incerta disse: «Ciao, vuoi sederti qui al mio posto?»

Inizialmente lei sembrò non aver sentito, poi quando notò la presenza di Marco al suo fianco lo guardò negli occhi e con sguardo confuso disse: «Scusa, hai detto qualcosa? Perché non sono riuscita a sentire in mezzo a questa confusione.»

La sua voce era delicata e forte allo stesso tempo, sufficientemente alta da farsi udire nonostante i rumori del traffico e il brusio prodotto dagli occupanti dell'autobus.

Con la bocca completamente asciutta Marco ripeté: «Sì, ti ho chiesto se vuoi sederti al mio posto. Il tuo zaino sembra molto pesante...»

Era la prima scusa che gli era passata per la mente.

Lei guardò oltre le sue spalle il posto vuoto e con un sorriso garbato rispose: «Ti ringrazio, ma non preoccuparti, non manca molto al capolinea.»

Cavolo. Non aveva funzionato. Marco si guardò attorno, per un attimo smarrito, poi tornò ad occupare il suo posto. Ma lei era ancora lì, a due passi da lui. E non si sarebbe arreso. Doveva dirle qualcos'altro. Doveva sapere il suo nome.

«Così scendi al capolinea? A giudicare dalle dimensioni del tuo zaino direi che sei una studentessa di... Chimica!» azzardò Marco, sperando che lei non lo scambiasse per un impiccione e decidesse di procedere con la conversazione.

«Fisica, a dire il vero, ma ci sei andato vicino» rispose lei, un timido sorrisetto ad illuminarle gli occhi.

«Ci avrei scommesso che quello zaino contenesse libri scientifici!» disse Marco con voce squillante, contento che lei stesse parlando con lui.

BROKEN - Il passato tra noiWhere stories live. Discover now