CAPITOLO 32

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Nulla mi avrebbe mai preparata a questo. Né le mille serie tv, né i mille libri letti, né i racconti che si sussurravano tra i banchi di scuola. Forse questi sono solo un'ulteriore ragione per stare male, infondo nei libri quella bella si mette con il ragazzo sexy e nelle serie tv lei scopre di amarlo e lui la accoglie a braccia aperte. Insomma, tutti hanno il lieto fine, tutti hanno la loro storia d'amore perfetta, e io la sognavo, la speravo, e quella che stavo vivendo sembrava davvero una favola. Insomma io e Gabriel? Il belloccio della scuola e la ragazza rinchiusa nel seminterrato a dipingere? Chi lo avrebbe mai immaginato? Eppure è successo e sembrava durare. In cuor mio speravo che questa fosse tutta una bugia, che lui fosse il classico ragazzo dal passato problematico che riemerge proprio quanto tutta andava liscio e cerca di proteggere la sua amata fidanzata. Mi deridevo da sola. La sola idea è assurda, Gabriel mi avrebbe raccontato qualcosa di così importante come un vecchio amico serial killer. La mattina dopo la disastrosa serata è stata traumatica. Mia madre insisteva con il fatto che dovevo andare a scuola e io le urlavo contro che ero a pezzi come la mia vita. Un po' tragica come cosa, ma si sa, con le mamme bisogna sempre esagerare per ottenere qualcosa. Infatti, alla fine, riuscii a ottenere quella mattinata e mi rimisi a dormire, cosa che non causava né dolore fisico, né mentale. Quando mi svegliai di nuovo e i pensieri tonarono prepotenti, decisi di fare qualunque cosa per liberare la mente. Si dice che chi è disordinato ha mille pensieri confusi, mentre chi è ordinato ha la sua vita sotto controllo. Io volevo tenere a bada i miei sentimenti e le mie emozioni, così cominciai a mettere a posto la mia camera, curando ogni minimo dettaglio. Per i primo 10 minuti sembrava davvero funzionare, ma la mia indole pigra e disordinata prese il sopravvento, incoraggiata dalla stanchezza sia mentale che fisica. Piangere fino a farti finire le lacrime è piuttosto stancante. Andai in cucina per preparami la colazione. Ero sola in casa, i miei lavoravano e mia sorella era a scuola, perciò avevo la cucina tutta per me. Cucinare qualcosa di dolce, come una ciambella, era fuori discussione, soprattutto non con la mente momentaneamente spenta, perciò optai per qualcosa di semplice. Ingozzarmi di cioccolata non mi sembrava produttivo: sarei ingrassata e poi, mentre riprendevo pian piano lucidità, svegliandomi definitivamente dal sonno e dai suoi postumi, mi resi conto che avrebbe solo peggiorato la situazione. La stavo prendendo piuttosto bene, sembra che la parte ' pioggia-di-lacrime' sia terminata. Ovviamente la parola 'cioccolata' non comprende la Nutella, che piuttosto la considererei ' paradiso'. Infatti preparai un paio di pane bianco strapieni di Nutella, mentre scorrevo annoiata sulla home di Facebook. Finito il mio spuntino, decisi di rimettermi a lavoro. Carte scarabocchiate di là, penne cadute e dimenticate sotto al letto, piccoli pupazzetti di cui ignoravo l'esistenza. Avevo mai avuto un Topolino con la testa mezza mangiucchiata? E da quando in qua possedevo una Barbie dalla testa più grande del corpo? Mentre sistemavo le borse trovai qualcosa che avevo quasi dimenticato: il mio ritratto, o meglio il disegno di una me girata di spalle e con la treccia fra le mani. Non mi ero molto impegnata a scoprire chi lo avesse disegnato e ho dato quasi per scontato che fosse opera di Simone. Insomma, le linee erano leggermente tremanti ma il tutto era fantastico. La mattinata trascorre lenta e noiosa e approfitto del tempo libero per studiare gli argomenti dell'ultimo compito di italiano dell'intero anno scolastico ormai quasi terminato. Il tempo è trascorso troppo velocemente, e tra le risate, i baci e i divertimenti non me ne sono quasi accorta. Istintivamente la mia mente viaggia verso l'evento più importante per la vita sportiva della scuola e cioè le finali di basket. Chris è davvero emozionato per l'evento e ogni volta che ci siamo incontrati non faceva che ripetere quanto sia determinato a vincere quest'anno conto la stessa squadra che l'anno scorso gli hanno rubato la vittoria sotto il naso. Cerco di concentrarmi sulla biografia di Francesco Petrarca, ma i miei pensieri vanno altrove, ritornando sulla partita facendo nascere in me un nuovo dubbio:

posso andarci anche io?

Mi sento una stupida a dover pensare a queste cose. Insomma, non stiamo più insieme ma le mie decisioni non possono dipendere da lui e dal nostro rapporto. O meglio, dal nostro non-rapporto. Dovrei andarci solo per il gusto di vedere una partita di basket, sentire l'emozione che si prova quando un giocatore della tua squadra segna un punto o la frustrazione quando gli avversarsi prendono sotto controllo la partita. Eppure non posso fare a meno di pensare a Gabriel che segna e invece di rivolgersi a me e dedicarmi il suo tiro, si gira verso Silvia, intenta a esultare per il nuovo punto, e sorriderle. Tutto questo sotto gli occhi di una ragazza dal cuore spezzato. Rinuncio allo studio, poggiando la testa sul libro mentre un'ondata di nuova tristezza mi avvolge. Avrei dovuto aspettarmelo, insomma, come poteva stare ancora insieme ad una ragazza che, in fatto di aspetto e bellezza, non è certo al suo livello? In più, in questo momento, non mi sento una ragazza matura, pronta per diventare la donna di qualcuno. Mi aspettavo che Gabriel stesse con me per tutta la vita? Che magari lo avrei sposato e avremmo avuto una famiglia insieme? Gli occhi mi si riempiono di lacrime che non riesco a frenare e che scendono calde sul mio viso, bagnandolo di nuovo. La verità è che si, lo avrei voluto, ho sognato un futuro insieme a Gabriel, anche se non mi sono mai permessa il lusso di immaginarlo nei dettagli. Insomma, i miei genitori si sono incontrati quando mia madre anche 15 anni, perché io non posso immaginare di sposare una persona che ho incontrato a 16-17 anni? Semplice, perché quella persona non è mio padre ma Gabriel, un ragazzo libero e incontrollabile. Mi sono illusa che mi amasse e questa illusione non ha fatto altro che farmelo amare di più. Che stupida! Avrei dovuto immaginare che non sarebbe durata, che io per lui non sarei durata. Rimango a girare intorno a questi pensieri per un molto tempo, fino a quando il rumore della porta dell'ingresso che si chiude mi risveglia. Vado in cucina e trovo mia madre intenta a stiracchiarsi, forse indolenzita per aver portato due buste della spesa piene che ora giacciono sul tavolo della cucina. Quando la saluto mia madre si volta verso di me e sospira abbattuta di fronte al mio viso bagnato dalle lacrime e si avvicina a me, asciugandomi le guance con le mani

Non Lasciarmi MaiWhere stories live. Discover now