Capitolo 3

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<<Papà!>> strillai euforica esibendo una voce dolce ed infantile: <<guarda qua!>>. L'uomo davanti a me si voltò con un gran sorriso stampato in volto e si accovacciò arrivando alla mia altezza.

<<Kathleen>> mormorò prendendomi in braccio: <<sei stata bravissima>>

<<Visto quante bolle papà? Tutte per te!>>

In mano avevo un tubetto blu scuro e, intorno, numerosissime bolle di tutte le dimensioni che cadevano a terra leggere. Mio padre mi strinse forte tra le sue braccia. Eravamo in giardino, mi ricordo ancora quella scena, mi ricordo ancora il suo profumo stampato sulla mia pelle per tutte le volte in cui andavo ad abbracciarlo. Ricordo ancora quella vita senza vizi ed inganni.

Poi, ad un tratto, l'erba sotto di noi si fece un fondo di oscurità, il cielo divenne tutto blu e senza nuvole, mio padre tornò ad essere un ricordo sfocato racchiuso in una bolla d'aria.

Allargai le braccia e con una grande bracciata tornai in superficie. L'aria fredda si sparò con forza sul mio viso. Feci un grosso respiro e mi guardai intorno spaesata. Tirai indietro i capelli completamente bagnati che mi coprivano fastidiosamente gli occhi e guardai in su, verso il punto da cui mi ero buttata. L'orso mi stava fissando ma dopo qualche istante si voltò e scomparve dalla mia vista ancora leggermente annebbiata.
Nuotai fino ad arrivare alla sponda rocciosa e mi appoggiai esausta, ancora con il respiro irregolare e incostante. Cosa diamine avevo appena fatto? Sarei potuta morire... grazie al cielo l'acqua era profonda. A quel pensiero sorrisi debolmente e mi tirai su con le poche forze che mi rimanevano. Riuscivo a percepire l'adrenalina che scorreva ancora nelle mie vene. Ora però si poneva un altro problema, non avevo idea di dove fossi. Mi guardai intorno preoccupata sia dal fatto che poteva arrivare un altro orso da un momento all'altro, sia dal fatto che avevo perso i due ragazzi e la strada per tornare a casa. Lo zainetto era completamente fradicio come, del resto, anche i miei vestiti. Mi appoggiai a terra e tirai fuori tutto quello che avevo. La torcia era inzuppata e rotta: <<no... non ci voleva>> mormorai afflitta. Di intatto mi erano rimasti solo la corda, i coltelli, la bussola salvata dalla custodia, la borraccia ancora piena d'acqua e... oh no...: <<le mie cicche!>> sbuffai vedendo che si erano tutte sciolte.

Poi un tonfo al cuore. Preoccupata cercai in tutte le piccole tasche dentro la borsa la cosa più importante che avevo sempre con me.

<<Fa che non sia rovinata>> pregai. La trovai dopo qualche minuto ma, per fortuna, la foto di mio padre e me da piccola era ricoperta da uno strato di plastica e non si era rovinata.
Mi guardai intorno un'altra volta, non c'era modo di arrampicarsi per quel dirupo dovevo per forza trovare un'altra strada. Rimisi tutto dentro lo zaino e ripresi a camminare.
Passarono minuti, ore e ancora non ero riuscita a trovare il modo per tornare a casa. Usai la bussola ma non mi aiutò più di tanto. Le gambe iniziarono a farmi davvero male, come la schiena che per tutto il tempo aveva dovuto reggere lo zaino pesante.

Il buio prese il posto della luce finendo per avvolgermi completamente. L'unico mio pensiero adesso era quello di trovare un posto per dormire dato che era pericoloso girare per la foresta a quest'ora. Decisi di arrampicarmi su un albero che avevo trovato sicuro ed accessibile e così feci. Mi posizionai su un ramo abbastanza alto e appoggiai la testa sulla vecchia corteccia rovinata. Rimasi sveglia per molto tempo ascoltando le cicale che cantavano e quando smisero, il silenzio della notte. Il cielo nero era coperto da tantissime stelle e la luna era la mia unica fonte di luce. A volte sentivo dei rumori provenire dal bosco ma cercai di non farmi prendere dalle emozioni e di rimanere concentrata. Qualsiasi sbaglio poteva costarmi la vita. La profondità del buio però era così invitante, sembrava mi stesse inducendo a chiudere gli occhi e a rilassarmi...

The Psyche Girl- un nuovo eroe MARVELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora