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6 maggio

Lyn corre verso il cordless che sta trillando. Si pulisce la mano sui pantaloni della tutta, come meglio può, cercando di togliersi il sale delle arachidi che ha appena iniziato a sgranocchiare sul divano.

«Pronto?» risponde, finendo di masticare.

Dall'altro campo del telefono si sente subito un ronzio fastidioso. La linea, infatti, non sembra essere completamente libera, ma parecchio disturbata.

«Cecilia.»

«.. No, non c'è in questo momento, vuole lasciarle un –»

«Lyn, sono io.»

Sono io.

Uno.

Due.

Tre ..

Le comincia a mancare il respiro.

Quattro.

Cinque ..

La sua voce le arriva così strana alle orecchie, quasi fosse totalmente sconosciuta.

Sei.

Sette.

Otto, nove ..

Ma è proprio lui, si cerca di convincere, mettendoci forse un po' troppo visto che lui prontamente la richiama dall'altra parte del mondo.

Zayn.

«Evelyn? Mi senti?»

Dieci.

«Sì ..» è tutto quello che riesce a dirgli, un misero e flebile sì.

Zayn inizia a parlare, ma lei non riesce a stargli dietro. Non sta capendo niente, non lo segue. È troppo veloce. E lei troppo stordita. È da una vita che non lo sente ..

Solo un problema, intuisce: c'è stato un problema.

Una sottospecie di imboscata?

«–Dobbiamo spostarci, i rivoltosi ci hanno bombardato quasi tutti gli accampamenti. Non so quando riavremo la linea .. Ho chiamato per questo. Dille di non preoccuparsi se non mi faccio più vivo per un po' o se il telefono chiama a vuoto.»

«Okay.»

«Okay?» le chiede, quando un'interferenza ha coperto la voce di Lyn.

Lei si ritrova stupidamente ad annuire, per poi finalmente aprire bocca.

«Sì, sì, okay.»

Rimane in silenzio, ascoltando il frastuono che non riesce a coprire definitivamente alcune voci. Non sa cosa dirgli e si ritrova a maledirsi da sola per non essere andata lei stessa a rifornire la dispensa al posto di Cecilia, che sicuramente avrebbe voluto risentire la voce del fratello esattamente come lui avrebbe preferito ascoltare la sua, anziché quella di Lyn.

Lyn ha ancora il telefono appoggiato all'orecchio, forse la linea è caduta nel frattempo. Non lo sa. Ancora non ci crede di aver parlato con lui, proprio con lui: è frustata, al tempo stesso felice e arrabbiata nei suoi confronti. Se ne è andato senza dirle una sola parola. Nessuna.

Poi però lo sente.

«Come state?» domanda.

Boccheggia, con le spalle sempre più tese e le noccioline che si fanno sentire sullo stomaco.

Che stupida! Non si è neanche preoccupata di chiederlo a lui, come stesse, presa alla sprovvista da quella chiamata totalmente inaspettata.

The Only Easy Day Was YesterdayWhere stories live. Discover now