Knocking On Heavens Door

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24 febbraio

È arrivata.

Calma, 'sta calma, si ripete, mentre lo stomaco è sottosopra e il labbro viene continuamente torturato.

Non se l'aspettava: non la telefonata, ovvio, quella le ha fatto piacere, ma che sarebbe ritornato così presto questa volta proprio non se lo immaginava.

Okay.

Sale velocemente i quattro scalini della veranda, sistemandosi la felpa che le è scivolata giù dalla spalla destra, scoprendole la pelle. Bussa alla porta, non suona il campanello. Uno, due e tre.

Adesso è lei, quella ad aspettare. Si passa una mano fra i capelli, accorgendosi solamente in quel preciso momento di non averli sistemati prima di essere uscita – di corsa – qualche minuto fa. Merda!, e non si è neppure cambiata: niente reggiseno nero, o di pizzo, niente mutandine coordinate.

Sta pensando di fare dietrofront perché non si ricorda neanche se si è passata il silk epil l'altra sera, quando la porta di fronte a lei si apre e Zayn compare sulla soglia.

Ha il viso stravolto.

La barba di qualche giorno.

I capelli disordinati, con la ricrescita scura dovuta alla tinta bionda di qualche mese.

I tatuaggi in bella vista, sui bicipiti, sulle spalle, sul petto nudo.

«Ehi.»

«Ciao.» risponde, la voce profonda, stanca anche quella.

Non le stacca gli occhi di dosso, a differenza di Lyn, che imbambolata a guardarsi le punte dei piedi cerca di non far trapelare niente: nessuna emozione.

E poi si fa avanti, alleluia, lo fa indietreggiare fino a quando non entra nel suo appartamento. Si chiudono la porta alle spalle. L'odore di chiuso, i mobili coperti da lenzuoli chiari, le stanze spoglie e le finestre chiuse come le serrande: tutto è come sempre.

Si chiede se anche lui abbia fretta di toccarla ancora, dopo giorni, anzi mesi!, dove nessuno dei due ha soddisfatto le proprie voglie, Zayn a causa del lavoro e Lyn per altri motivi.

Come da copione, dopo essersi guardati in silenzio per i primi cinque minuti, Lyn avanza di nuovo, piano, finge di non sentire quell'adrenalina che sale e che la spinge a saltargli addosso.

Lo vuole sentire.

Lo vuole sulla sua pelle, contro il suo corpo.

Lo vuole davvero.

Lo vuole anche questa volta!

Zayn prende la mano che Lyn gli porge. Si toccano dopo .. , dopo un lungo tempo.

«Sei tutto intero?»

La solita domanda.

«Tutto intero.»

La solita risposta.

Okay. Sta okay.

Le accarezza lentamente il palmo, tirandola pian piano verso il proprio petto. E Lyn appoggia l'altra mano sul suo fianco scoperto, dove l'elastico dei boxer e dei pantaloni militari gli fasciano la vita stretta. Si avvicinano l'uno con l'altra, lei gli abbassa il viso e lui la fa aderire completamente sui suoi tatuaggi.

I loro nasi prima si sfiorano, poi iniziano a giocare, a sfregarsi e a far incontrare le loro labbra: ma non si baciano. Si toccano soltanto.

«Stavo .. Impazzendo. Perché ci hai messo così tanto a tornare, questa volta?» mormora, famelica di lui.

Confronto alle altre volte, quando rincasava sì e no quattro volte all'anno, circa ogni tre mesi, non era niente.

Anche se quel "niente" sono sempre stati ben sessantadue lunghi giorni. 

«La missione durava due mesi. Te lo avevo detto.»

Ma non le ha mai detto niente, Zayn, entrambi lo sanno. Ed è forse per questo che si decide a baciarla.

Un bacio. Uno solo.

Perché che senso avrebbe? Parlarle. E di cosa?

Si guardano un'ultima volta negli occhi e poi mettono da parte tutto e tutti: si accorgono di avere fretta.

Adesso si baciano veramente.

Non arrivano nemmeno al letto. Contro la parete, i vestiti cadono ai loro piedi.

Di nuovo quel suono, «Za ..», che lo fa rabbrividire.

È di nuovo a casa. È ritornato.

Sono ritornati. E in silenzio si prendono.

The Only Easy Day Was YesterdayWhere stories live. Discover now