Alone

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29 marzo

«Che ti è successo, per la miseria!»

Non si è mai sentita così.

Umiliata.

Sola.

Indifesa.

Moriva dalla voglia di correre lontano. Di prendere la macchina e di accelerare, accelerare e basta ..

«Non è possibile!»

Suo padre che si era alzato in piedi e le aveva iniziato ad urlare addosso. Sua madre che piangeva, insieme a lei, con la mano tremante per coprire i lamenti che le uscivano dalle labbra.

«Come hai fatto ad essere così tanto stupida?»

Stupida.

Non lo sapeva nemmeno lei, questo. Non l'ha fatto apposta.

«E cosa pensi di fare, adesso?»

Quella domanda, è bastata solo quella per farle capire che lui, loro – mamma stava sempre dalla sua parte – , non lo avrebbero voluto, non lo avrebbero mai accettato.

«Ma ti rendi conto, Evelyn?»

Certo che se ne rendeva conto, , anche se era spaventata, se le veniva da vomitare a forza di tutte quelle accuse e quei pregiudizi prepotenti, anche se era da sola a sopportare tutto.

Cosa pensavano che avesse fatto per l'intera settimana?! Era lei quella che rimaneva sveglia tutta la notte e piangeva sotto il piumone del letto, tenendosi tutto dentro.

«Sono .. Non so più cosa dire, non so più chi ho d'avanti.»

Non ti riconosco più.

Non ti riconosco più.

Non ti riconosco più.

Non ti riconosco più.

Non ti riconosco più.

Non ti riconosco più.

Lyn riapre gli occhi: suo padre non la smetteva di sbraitare, ma mai e poi mai si sarebbe immaginata che arrivasse a tanto, a quel « .. esci subito da qui.» strozzato dalla rabbia.

Scende dalla macchina, che ha lasciato sul bordo della strada. Lo sa che sta andando per niente, lo sa bene che non le aprirà nessuno, che dovrà aspettare ancora un bel po' e prima o poi ritornare indietro. Dio, questo lo sa ma non riesce a capacitarsene, non riesce a smettere di piangere. Di cercarlo.

Sale i quattro gradini, si stringe nelle spalle e bussa alla porta di Zayn. Ti prego.

Prega, prende a pugni la porta, si inginocchia sullo zerbino fino a perdere la sensibilità delle ginocchia. Si accosta sullo stipite ma lui non arriva ad aprirle: Zayn è ripartito, lo scorso mese.

Se ne è andato, non sa dove, non sa quando finirà l'ennesima missione, non sa quello che farà una volta tornato.

Sta ancora singhiozzando, quando la porta alla quale è poggiata si apre. Il cuore le batte forte.

Alza lo sguardo e, anche se non riesce a vedere bene – per via delle lacrime che le annebbiano la vista – e sente la testa scoppiare, il sorriso che le è appena nato sulle labbra muore subito non appena incontra il viso di una ragazza.

«Scusa, stavo facendo la doccia .. Stai bene?» le chiede corrugando le sopracciglia, trovandola praticamente inginocchiata di fronte a lei.

Si sistema l'asciugamano attorno al corpo, ricoperto ancora da leggere goccioline d'acqua. I capelli folti, neri, ricadono su una spalla, bagnandole maggiormente la pelle.

«Zayn.» è tutto quello che riesce a dire, quando la paura di non vederlo mai più le si insinua nel corpo.

«Zayn?»

No, no! No, no, no, no!

«Ha venduto la casa?» se ne è andato del tutto?

La ragazza pare sorpresa.

Lyn si sente male, la testa le gira, le manca quasi il respiro.

«No, ma mi stai facendo preoccupare.»

«Ho bisogno di parlare con lui.»

O vederlo. Si accontenterebbe di vederlo anche solo da lontano. Perché ha tutti contro, adesso. Tutti.

«Zayn non c'è.»

«Quando torna?»

Non sa più come risponderle.

«Vuoi entrare? Mi asciugo un attimo e poi parliamo se vuoi, ti vedo un po' scossa.»

«No, io .. Ho fatto un casino. E ho ..» paura.

Ma se ne va prima di concludere la frase.

Si rinchiude in macchina.

Merda, merda, merda e merda ancora!

The Only Easy Day Was YesterdayWhere stories live. Discover now