Capitolo trentasei

3.3K 165 24
                                    

Per essere un giorno di luglio, quello era un giorno con un vento piuttosto fresco.

Io e Justin continuammo a camminare sul lungomare senza una meta ben precisa.

Staccai con l'indice e con il pollice una piccola parte dell'enorme nuvola di zuccero filato rosa che mi si presentava davanti e senza pensarci la misi in bocca.
Subito percepii con la lingua l'enorme quantità di zucchero che c'era in quella piccola nuvola rosa, anche se la cosa non mi disgustò affatto.

Erano anni che non mangiavo lo zucchero filato e, detto con sincerità, non me lo ricordavo talmente buono.

Riuscii a sentire su di me lo sguardo di Justin. Allungai la mano che teneva il bastoncino con lo zucchero filato accanto a lui, il quale fiondò la faccia in esso, mangiandone una parte.

Mi soffermai sulle borse che teneva in mano Justin e poi mi soffermai sulle mie.
Dal numero delle borse che avevano in mano, a prima vista, potevamo sembrare dei rapinatori.

"Non era necessario comprare tutte queste cose" ammisi sentendomi un po' in colpa per aver fatto spendere a Justin tutti quel soldi.
"Mi vizierai se continui così" dissi infine ridendo sotto i baffi.

Lui rise mettendo tutte le borse su un'unica mano per passarsi l'altra tra il ciuffo biondo.
"A volte è bello viziare qualcuno"

Mi allontanai un attimo da lui per poter buttare il bastoncino dello zucchero filato in un cestino.

Quando tornai accanto a lui mi prese per il braccio e mi fece voltare verso di lui.
"Che ne dici se torniamo a casa?" mi domandò.

Lo guardai meglio in volto e mi accorsi che sul lato della bocca aveva dei piccoli resti di zucchero filato.
Sorrisi e passai il pollice vicino alla sua bocca per pulirlo.
"Okay, andiamo"

Il sole stava iniziando a calarsi nel mare e tutto attorno ad esso c'erano delle meravigliose sfumature di colori.
L'odore del mare mi riempiva le narici e quella fresca e profumata brezza estiva sulle coste mi penetrava dentro la pelle, fin dentro le ossa, dandomi una sensazione di liberà e spensieratezza.

_____________

"Allora" mi disse Justin buttandosi a peso morto sul suo letto accanto a me "come ti è sembrato questo compleanno?"

Staccai gli occhi dello schermo del mio cellulare e li posai su di lui.
"Beh" ammisi mettendomi a gambe incrociate "è stato sicuramente il più bel compleanno che ho trascorso negli ultimi anni, se non dire delle mia vita" gli dissi sorridendo per poi appoggiare la mia fronte sulla sua spalla.

Sentii il suo braccio avvolgermi la vita per poi intrecciare la mia mano con la sua.
Alzai lo sguardo e non riuscii a non guardare i suoi occhi color caramello. Quegli occhi che mi avevano sempre fatta sentire al sicuro, quegli occhi che mi avevano fatto sperare, morire per poi rinascere. Quegli occhi che mi avevano fatto innamorare dal primo maledettissimo istante, quegli occhi che mi avano dato uno scopo.

Nonostante la temperatura della stanza in cui mi trovavo, iniziai ad avere brividi ovunque e le mie mani doventarono imprvvisamente come due cubetti di ghiaccio al sole.

Una ciocca di capelli mi cadde sul volto.
Justin prese il mio mento tra l'indice e il pollice, spostandomi i capelli del volto.

Non so dire chi dei due fu stato a fare il primo passo, ma senza accorgermene ritrovai le mie labbra sulle sue. Aveva in bocca ancora l'odore del caffè che aveva bevuto prima.

Misi le mie mani sul suo collo e presi in un pugno i suoi capelli, tirandoglieli leggermente.

In quel momento mi resi conto di quanto la mia vita fosse cambiata dopo l'impetuoso arrivo di Justin. Mi resi conto di quanto fosse cambiata in meglio, di quanto Justin l'abbia scombussolata rendendola talmente diversa in modo che nemmeno io podessi più riconoscerla. Però era sicuramente meglio così. È meglio vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo della nostra vita che non vivere affatto.

Andammo avanti così per chissà quanto tempo, fino a quando Justin non mi tolse la maglietta e subito dopo, tolse anche la sua.
Passai con il pollice sopra il suo tatuaggio nel bel mezzo del petto.

Lui era così bello, così gentile. Lo era sempre stato. Era come dovrebbero essere tutte le persone di questo fottutissimo pianeta. Era sempre così dolce, così Justin.

Inutile dire che facemmo l'amore. Facemmo l'amore non una, ma ben due volte. Lui continuava a sussurrarmi cose dolci all'orecchio e il continuavo a dirgli che lo amavo. Perchè cazzo, lo amavo da impazzire. Lo amavo come non avevo mai amato nessuno nella mia fottuta vita. Lo amavo tanto. E in quel momento mi resi conto di quanto avessi bisogno di lui. Avevo bisogno di lui come un lucchetto ha bisogno della sua chiave, come una penna ha bisogno dell'inchiostro, come un bimbo ha bisogno di sua madre, come la Terra ha bisogno dell'atmosfera, come Grace ha bisogno di Justin.

Non ti accorgi di quanto ami qualcuno finchè non lo hai perso per sempre.
Capii la sincerità di questa frase soltamente quando persi mia madre, ma questa volta non avevo intenzione di ripetere lo stesso stupidissimo errore. Non con Justin.

"Devo ammettere che odio le cose dolci" ammisi accarezzandogli il braccio" le odio davvero tanto. Ho sempre pensato che siano penose. Penose, false e ipocrite.
Io non sono dolce, e lo sai. Non lo sono per niente, eppure cazzo, con te riesco ad esserlo.
In tutta la mia vita piena di acidità e apatia, sono sicura che questo è stato il momento più dolce di sempre e non penso che possa essere superato da qualcos'altro, davvero. Non lo so perchè con te sono così, so soltanto che non lo sono con nessuno".

Appoggiai la fronte sulla sua spalla, le mie mani continuavano ad essere gelide.

Pensai a quanto la mia vita avesse senso in quel momento. A quanto bastava per renderla così ogni giorno. A quanto fossi stata felice.
Pensai a tutto quello che mi era successo negli ultimi anni. Pensai al mio cambiamento. Pensai a tutto il possibile ed immaginabile e alle fine trassi la conclusione alla mia favola, la quale, nei primi diciassette anni della mia vita, era stata solamente una storia dell'orrore che si raccontano i bambini al campeggio attorno ad un fuoco.
Però quella non era solo una storia. Non era una storia ormai scritta nero su bianco, immutabile. Era la mia storia e io potevo cambiarla.

"Justin" sussurrai, anche se di più al cuscino.
Lui si voltò, aspettando in una mia parola, una frase, un qualcosa.
Sentivo il cuore esplodermi nel petto.
Quella era davvero la frase decisiva della mia vita, la svolta.

Anni di false svolte, falsi miglioramenti. Ma questa era la svolta decisiva, lo sentivo. Era una grande cosa. Davvero grande. Era più forte e più decisa rispetto alle precedenti. Era quella vera, quella che aspettavo da anni.

Feci un respiro profondo. Ora le mie mani erano calde.
Guardai il soffitto.

'Puoi farcela Grace' pensai tra me e me 'puoi farcela. E ce la farai'.

"Grace?"

"Ho deciso che domani esco dall'ospedale, per sempre" dissi velocemente.

Justin mi guardò, non disse nulla per qualche istante.
"Ormai posso farcela da sola" continuai sperando di convincerlo "davvero, non ho più bisogno di stare là per star bene. Ormai sto bene, non sono più quella di prima. Sono cambiata. Voglio vivere la mia vita, voglio viverla davvero"

Dopo quel discorso, nato per convincere Justin, divenni ancora più determinata.
Volevo davvero vivere.

Guardai Justin, annuì.
Gli sorrisi e lo abbracciai.
"Sei sicura?" chiese baciandomi la fronte.
Sfoggiai uno dei miei sorrisi migliori "Mai stata più sicura in tutta la mia vita"

"Ti amo Justin" dissi con più sincerità possibile. Non ero stata mai più sincera che in quel momento.

Angel Guardian; jdbWhere stories live. Discover now