Capitolo ventinove

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GRACE'S POV

Appoggiai la testa sul sedile della macchina e chiusi gli occhi nel tentativo di rilassarmi almeno in quei dieci minuti di strada. Sarei dovuta tornare alla clinica. Non ne potevo veramente più, non vedevo l'ora di uscire da quella merda di ospedale ed essere una persona normale.

Indossavo una maglietta a maniche corte dopo tanto tempo. Le cicatrici più evidenti erano coperte da alcuni braccialetti ed elastici per i capelli, ma ero comunque molto fiera di me. Era almeno un passo per avere una vita normale.

Aveva smesso di piovere e faceva leggermente caldo.
Da dentro la macchina continuavo a guardare la vita delle persone normali. Loro non avevano bisogno di ospedali. Non avevano bisogno di medicine né di psicologi. Non erano ossessionati dal loro peso. La notte dormivano e non facevano incunbi assurdi. Avevano una famiglia. Trovavano a loro vita terribilmente noiosa, ma agli occhi delle persone problematiche era tutto il contrario.

Infatti, esistono due categorie di persone. Quelle che definiamo normali e quelle che chiamiamo problematiche. Ognuno di noi, nel corso del tempo, degli avvenimenti, si scontra con la sua vera realtà. Esistono anche falsi casi di appartenenza ad un categoria anziché all'altra. Ci sono, ad esempio, casi in cui per un periodo, più o meno lungo, ci si ritrovi a causa di alcuni fatti avvenuti nello stesso periodo, nella categoria sbagliata. Non è detto che se una persona è depressa per un anno debba esserlo per sempre.
Però, a volte, la depressione non dura sei mesi o un anno o cinque anni. Dura per sempre.
Non è nemmeno detto che se una persona sia in possesso di molte cose oppure abbia molto amici, sia una persona felice. Le persone felici, infatti, non sono coloro che hanno tutto e tutti. Le persone felici sono coloro che hanno se stessi.

Vidi in lontananza quell'edificio biancastro che ormai era la mia casa da anni.
Mi morsi il labbro e mi schiffeggiai mentalmente per essermi lasciata affondare fino a questo punto.

Guardai Justin e lui guardava me.
Dopo questi due giorni passati assieme lo amavo ancora di più.
Amavo i suoi capelli sempre fottutamente perfetti.
Amavo i suoi occhi sempre così profondi.
Amavo le sue labbra.
Amavo il suo modo di affrontare la vita.
Amavo il suo sorriso.
Amavo il suo modo di farmi sentire speciale.
Amavo il suo modo di farmi sentire amata.
Lo amavo come amavo la pioggia e i felponi.
Lo amavo come amavo la notte.
Lo amavo come amavo le stelle.
Lo amavo come amavo il sorriso della mia migliore amica.
Lo amavo come tutte queste cose messe assieme.

"Sei pronta?" Mi disse con un filo di voce, dispiacere.

Distaccai gli occhi dai suoi e pressai le labbra. Portai lo sguardo sull'ospedale.

"Si, si posso farcela" dissi annuendo ogni volta più forte della precedente "Ne uscirò. Sono cambiata. Migliorerò. E voglio farlo adesso"

Come risposta ebbi un sorriso.
Scesi dalla macchina senza staccare lo sguardo dall'edificio.

"Ci vediamo dopo Grace. So che pui farcela"

Sorrisi guardando la macchina allontanarsi. Mi voltai e iniziai a camminare nel vialetto.
Le mie scarpe a contatto con qui piccoli sassolini bianchi facevano uno strano rumore. Aprii il portone e entrai nel corridoio.
Un'infermiera mi salutò nonostante non sapessimo nulla l'una dell'altra.

Per la prima fottuta volta mi sentii estranea da quel posto.Era come se la parte più importante di me avesse smesso di farne parte.

Mi affrettai ad entrare nella mia camera. Appoggiai con noncuranza la borsa sul letto quando la sentii di nuovo.
Secondo me era legata a quel posto.

'Grace lo sai che lui ti sta usando vero? Lo sai questo?'

Cercai di ignorarla.

'Oh avanti, non sarai così ingenua da credere che lui ti ami davvero. Grace per favore. Ti sta usando'

Mi alzai e me ne andai in bagno e mi lavai la faccia con l' acqua ghiacciata bagnandomi un po' i capelli.

'Io non ho più bisogno di te'

Mi ricordai che quel giorno avevo un incontro con la psicologa. Uno degli ultimi, pensai.

Me ne andai nel suo studio e aspettai che mi chiamassero. Quando fu il mio turno, la dottoressa mi accolse in modo caloroso, come aveva fatto da quattro anni a questa parte.

'Non sei normale. Non lo sarai mai. Le persone normali non hanno passato quattro anni della loro vita in una cazzo di clinica psichiatrica'

"Grace" disse abbracciandomi.
Imbarazzata, non ricambiai.
Facevo molta fatica ad esprimere i miei sentimenti. Potevo sembrare apatica all'apparenza, ma non lo ero. Ero solo chiusa in me stessa.

Mi accomodai sulla poltrona mentre la dottoressa si mise accanto a me, con il solito taccuino alla mano.

"Allora cara" disse aprendo e chiudendo la penna con un ritno frenetico, talmente frenetico che mi stava mandando fuori di testa, ma lei al mio contrario sembrava rilassata. Poco dopo smise di giocare con la penna e continuò a parlare.
"Come ti senti?"

Al contrario delle altre volte non mi torturavo le mani. Ero molto più tranquilla delle altre volte.
"Ehm...bene" risposi, questa volta sincera.

Però, la dottoressa non sembrò molto convinta.
Per una volta che ero sincera nessuno mi credeva. Fantastico.

"Sicura Grace? Non mi stai mentendo di nuovo vero?"

Osservai la sua espressione dipinta sul suo volto ancora non rovinato dalle rughe.
Era come se un lato di lei volesse credermi, ma la sua parte professionale le diceva di indagare ancora.

"Si, lo giuro. Lo giuro che questa volta sto bene"

Annuì scrivendo qualcosa.

"Ho saputo che questo finesettimana sei uscita. Non uscivi da tanto. È una cosa positiva per te, molto positiva. Che cosa ti ha spinto ad uscire?"

Mi morsi il labbro e ripensai subito a Justin che dopo mi sarebbe venuto a trovare. Già mi mancava.

"È scattato qualcosa dentro di me" dissi cercando di liquidarmi il più velocemente possibile dalle sue domande.

"Capisco" rispose semplicemente.
Non eravamo vicinissime ma riuscivo a sentire ugualmente il suo forte profumo.

"Ti ha servito uscire? Voglio dire...ora stai meglio?"

Mi limitai ad annuire.

"Voglio uscire da qua, voglio essere normale"

"Devo essere sincera con te Grace" sfogliò velocemente i suoi appunti "sei migliorata moltissimo, lo sai? Si vede che stai meglio. Non lo so che ti sia successo da pochi mesi a questa parte, ma so che ti ha migliorata. E so che questi pochi giorni fuori dall'ospedale ti ha fatto capire che genere di vita vorresti. So che adesso tu vuoi uscire per essere felice e te lo meriti, davvero"

I suoi occhi stavano esplodendo dalla felicità. Era strano vederla così, era sempre così seria, così professionale.

"Non voglio chiederti che hai fatto o chi hai visto in questi due giorni, non vorrei immischiarmi nella tua vita privata" sospirò pesantemente accenando un sorriso.

Ma come? Si era sempre immischiata nella mia vita e ora diceva questo?
Sorrisi mentalmente, apprezzando però il suo gesto.

"Grazie mille" dissi soltanto.

Non sapevo che altro aggiungere e lei se ne stava in silenzio, evidentemente aspettava che dicessi dell'altro.

"Sto molto meglio adesso. Sento veramente che sto cambiando in meglio. Sto cambiando e lentamente ne uscirò"

Stavo davvero cambiando. Stavo davvero migliorando.
Non sentivo più i sensi di colpa. Non sentivo più le urla dentro di me.
La Svolta stava arrivando. Era una cosa grande. La vera Svolta. La riconosci quando arriva.
Avevo avuto molti falsi allarmi, ma questo era quello buono, lo sentivo.
Dentro di me stavo sconfiggendo gli squali. Io stavo vincendo. Non avrei mai pensato di essere io quella forte, però ora lo ero. O forse sono sempre stata io quella forte e non me ne sono mai accorta.

Angel Guardian; jdbΌπου ζουν οι ιστορίες. Ανακάλυψε τώρα