Capitolo diciannove

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Quando aprii gli occhi mi ritrovai in una stanza bianca. Non ci vedevo affatto bene e facevo fatica a respirare. Avrei voluto tanto alzarmi, ma non ci riuscivo, ma soprattutto avrei voluto essere morta.
Mi accorsi di avere una flebo attaccata alla mano. Mi mossi leggermente.

"Oh mio Dio, si sta svegliando, si sta svegliando! Justin, chiama qualcuno!"

Iniziai a vedere qulcosa, ma con fatica. Cercai di alzarmi lentamente.

"Aspetta, ti aiuto io"

Due mani, dolcemente, mi aiutarono ad alzarmi e a mettermi a sedere decentramente. Ebbi modo di vedere meglio dove mi trovavo. Ci midi poco a capire che mi trovavo in una stanza d'ospedale.

"Oh mio Dio, Grace. Come ti senti?"

Sgaranai gli occhi.
Sara era in piedi vicino a me. Aveva appoggiato una mano sulla mia spalla.
Chiusi gli occhi un attimo e iniziai a realizzare tutto.

"Stai bene? Vuoi che chiami qualcuno? Vuoi dell'acqua?"

Era chiaramente sconvolta.

"Sto bene" la tranquillizzai.
La testa mi stava scoppiando.

"Ora arriva qualcuno. Justin è appena uscito" si portò le mani sua bocca "oh mio Dio. Io ero così preoccupata. Pensavo di non rivederti più. Pensavo di perderti per sempre. Non ce la facevo senza di te"

Sorrisi e aprii le braccia per abbracciarla. Corse da me. Le sussurrai un 'grazie' ma penso che non l'abbia sentito perché dalla porta entrarono un dottore e un'infermiera, seguiti da Justin.

Justin mi abbracciò sorpassando i medici. Per poco non piansi.
Il dottore venne da me.
"Ben svegliata, Grace"
Sorrisi debolmente.

"Come ti senti?"

"Bene, credo. Ricordo molto poco di quello che è successo" dissi mentre Sara mi porgeva un bicchiere d'acqua. Stava piangendo e Justin le tenava una mano sulla spalla. Doveva essersi spaventata molto. Non volevo che questo accadesse.

"L'ultima cosa che ricordi?" Mi chiese il dottore.
I suoi capelli ricci mi distraevano.

"Che volevo uccidermi" sputai tutto d'un fiato, senza nascondere nulla.

"Okay, Grace" l'uomo disse qualcosa alla donna, poi se ne andò.
L'infermiera si avvicinò a me.

"Da quanto tempo sono qui?" chiesi bevendo un sorso d'acqua.

"Due giorni" rispose l'infermiera con fare materno "hai rischiato molto grosso. Il taglio che ti eri fatta era molto profondo, se ti portavano qualche minuto più tardi in ospedale potevi anche andartene"

Guardai il mio braccio. Era avvolto in una benda.

"Tra qualche giorno potrai andare via, ma per ora preferiamo tenerti qui"

Annuii leggermente massaggiandomi le tempie.

"Ora è fuori pericolo vero?" le chiese Sara prima che la donna potesse uscire dalla stanza. Quest'ultima annuì.
L'infrmiera aveva l'aria di una donna che da giovane era molto bella, ma ora, come è giusto che sia, il tempo stava facendo il suo corso.

Io, Sara e Justin rimanemmo soli. Non sapevo che dire. Ero in imbarazzo. Li avevo fatti preoccupare inutilmente. Un altro motivo per odiarmi.

"Mi dispiace" farfugliai guardandoli negli occhi.
Odiavo guardare la gente negli occhi. Avevo sempre paura che l'altra persona potesse scoprire qualcosa di me.

Mi dispiaceva averli fatto tanto preoccupare.
Se Justin non fosse venuto da me l'altra sera, adesso probabilmente, come aveva detto l'infermiera, sarei morta e, forse? sarebbe stato meglio per tutti.

"Grace adesso la cosa importante è che tu stia bene" mi disse Sara con gli occhi colmi di lacrime "solo, non farlo più. Ti supplico"

La abbracciai e piansi con lei.

"Mi dispiace veramente tanto" singhiozzai in lacrime.

"Tranquilla. Adesso si sistemerà tutto"

Per tutto questo tempo, Justin era rimasto in silenzio, a fissarmi.
Era arrabbiato con me, si capiva. Non lo biasiamo.

Non capivo perché non riuscivo ad uccidermi. Era strano. Facevo qualsiasi cosa, ma niente. Qualcosa me lo impediva, ma che cosa? Eppure ci mettevo tutta me stessa.

Era passata qualche ora da quando mi ero svegliata, quando ripensai a mia madre. Mi venne da piangere, ma per fortuna mi trattenni.
Dovevo smetterla di piangere sempre.

"A che pensi, Grace?" mi chiese Sara.

Fissai il vuoto "a mia mamma. Mi manca"

"Oh tesoro"

Una lacrima stava per rigarmi il viso.
Fanculo, non devo piangere.

____________

Quando Sara se ne andò e rimasi sola con Justin decisi di parlargli. Mi sembrava il momento più adatto.

"Justin"

Si voltò.
Quel viso. Solo Dio sapeva come faceva ad essere così perfetto quel ragazzo.

Stavo seduta a gambe incrociate sul letto da ore ormai. Iniziavo a non sentire più le gambe.

"Dimmi" disse venendo verso di me accarezzandomi la testa, spostando alcuni capelli dietro l'orecchio.

"Sei arrabbiato con me?"

Mi guardò per un attimo che parve infinito.
Avevo provato poche volte il dolce sapere dei momenti infiniti, ma sicuramente quell'attimo era infinito.
Con quei pozzi color caramello mi spogliava dalle mie paure verso me stessa e verso il mondo. Non so come facesse a farlo, ma lo sentivo. Sentivo che, quando stavamo insieme, ero al sicuro dalle voci nella mia testa. Non dovevo avere paura, almeno quando stavo con lui.

In sua compagnia, sentivo anche lo stomaco andare a puttane, la mia testa andare a puttane e qualsiasi altra cosa possibile dentro di me non esisteva più, perché era troppo impegnata a guardare quanto fosse perfetto e, ogni volta, stupirsi molto di più della precedente.
Oh che mi fai, Justin.

"No, perché dovrei esserlo?"

Scrollai le spalle.
"Per averti fatto preoccupare, per averti scombussolato le giornate, per tutto" fece per dire qualcosa, ma lo stroncai subito "comunque sappi che mi dispiace, mi dispiace tanto per tutto quello che è successo"

Si mise seduto accanto a me e mi prese per la vita, facendo scontrare i nostri bacini.

"Smettila di dire così"
Le sue mani sui miei fianchi aumentarono la presa.
"Smettila. Tutto quello che hai detto è sbagliato, sbagliattissimo. Io non sono arrabbiato con te, non vedo perchè dovrei esserlo. Non mi causi problemi e smettila di dire che ti dispiace. Non devi scusarti con nessuno, eccetto che con te stessa"

Sorrisi. Lo abbracciai per poi buttarmi sopra di lui. Ridemmo fin troppo. Risi fino a farmi uscire le lacrime. Era da tanto che non facevo così.

Angel Guardian; jdbWhere stories live. Discover now