Capitolo 23: Notte Stellata

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Per un piccolo momento lascio Cole muovere le sue labbra contro le mie, sdolcinato e odorante di birra. Poi, quando i miei smussati sensi entrano in azione e lo spingo via. "Che...che cosa stai facendo?" Farfuglio, "Tu hai una, una ragazza."

Cole ride e basta e va indietro nel cerchio. "E' tutto a posto Jackie, ho avuto quello che volevo."

Siamo tutti in silenzio per un lungo secondo scomodo mentre fissano Cole, lo stereo crepita nel sottofondo. Anche se le poche lattine di birra che ho avuto stanno avendo effetto su di me, so che quello che ha detto non è giusto.

Mi tiro su con qualche difficoltà e me ne vado dal gioco senza cadere. Non ho più il desiderio di giocare.

"Cos'ho detto?" Lo sento chiedere, come se non avesse idea della situazione.

"Sei un idiota Cole," gli dice Isaac.

Rischio uno sguardo veloce dietro di me, vedo Isaac alzarsi e spingere Cole in una posizione seduta. La sua faccia ancora coperta in domanda e le sue mani aperte chiedendosi cos'ha sbagliato.

Girando la maniglia arrugginita, spingo la porta pensate del deposito per aprirla ed esco.

"Vado a prenderla io," le parole di Isaac sono le ultime che sento prima che la porta si chiuda con un botto lasciandomi ai miei pensieri.

Il pavimento è vecchio e irregolare mentre vado verso il furgoncino dove posso raggomitolarmi fino a quando tutti vogliono andarsene. A metà strada, inciampo su una crepa e le mie ginocchia si piegano.

Distesa di faccia sul terreno posso assaporare un gocciolamento di sangue dove mi sono morsa il labbro, ma mi sento troppo la testa girare per sentire dolore. Con qualche difficoltà rotolo sulla schiena e guardo il cielo. La luna è più grande e più luminosa di quanto l'abbia mai vista, ma sono le stelle a prendermi. Mai nella mia vita ho visto così tanti chiari puntini scintillanti contro la scura tela.

E' in quel momento che lascio che le lacrime fluiscano, gocciolanti dagli angoli dei miei occhi e rotolando giù dalla mia faccia per schizzare il cemento sotto. Non sto piangendo per Cole, o perchè sono ubriaca. Non sto neanche piangendo per New York con un cielo notturno che ha una assoluta differenza da quello sopra di me.

Sto piangendo per le persone che mi mancano, non per quelle con cui sono bloccata ora. Voglio sentire la risata di mia sorella in questa orribile situazione, mio padre che mi mette in punizione per essermi comportata male, e mamma che mi tiene stretta mentre piango.

La porta del magazzino si richiude dietro di me avvertendomi dell'avvicinamento di Isaac, ma continuo a guardare il cielo, acqua fugge dai miei occhi.

"Vieni qui Jackie," dice porgendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi. La guardo per un momento e provo ad alzare la mia mano, ma è troppo pesante e la mia testa sta incominciando a girare sempre di più. Quando non prendo la sua mano, si allunga e mi tira su.

"Mi dispiace," dice tirandomi in un abbraccio scomodo. La mia testa gira peggio ora, ma so che si sta scusando per suo cugino; lui non capisce perchè sono veramente irritata.

"I miei genitori sono..." lascia la frase in sospeso per un momento, "Non sono qui neanche loro."

Sono stordita dalle sue parole mentre mi da colpetti sulla schiena goffamente. Voglio sapere di più, ma si stacca per guardare il mio viso.

"E' sangue?" chiede quando vede il mio labbro. Isaac porta la sua manica alla mia faccia e gentilmente lo pulisce.

"Inciampata," è tutto quello che riesco a dire prima di cadere in avanti e di nuovo nelle sue braccia.

My Life With The Walter Boys - ItalianoWhere stories live. Discover now