LA SOLITA GRACE

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"Che cosa vuole quel manichino da me?!". Sto sfrecciando come una pazza il più lontano possibile da quel maledetto ufficio e da lui rischiando di inciamparmi sugli scalini scivolosi, ma prima mi levo dalla sua vista e meglio è. Non lo sopporto! Buona la scusa del caffè, si credeva di comprarmi col suo fascino da bello e misterioso, e sicuramente farà lo stesso procedimento con tutte le altre povere dipendenti. Che razza di farabutto!



Raggiungo senza più un fil di fiato ed il cuore in gola, l'area ristoro.


Mi do una sistemata veloce al vestito e cerco di tamponare inutilmente i capelli per aria e con grande sbuffo entro per mangiare un boccone, sperando in santa pace.


A confronto di questa mattina, adesso l'area è abbastanza chiassosa; voci, rumori metallici di piatti e posate e musica si mischiano tra loro creando un forte impatto sulle mie orecchie.


Sono su di giri, mi sento come un pesce fuor d'acqua e ho una gran voglia di tornarmene a casa nel più totale silenzio. Rimango per un bel po' immobilizzata sulla soglia, chiudo gli occhi e sento il cuore pulsare sulle tempie; la mia testa sta chiedendo pietà, il forte mal di capo ha preso il sopravvento. Vani tentativi di premermi forte il cervello con i polpastrelli nella fortuna che si tenui, ma è k.o. Sono sconfitta, sono morta. Non riuscirò mai ad arrivare al termine di questa asfissiante e tremenda giornata. Che cosa dovrebbe capitarmi di peggio? E che cosa mi sta capitando? Non avevo mai avuto una reazione del genere per nessun motivo al mondo. Forse sto esagerando, ma è come se ci fosse una attrazione negativa verso di lui, come se il mio intuito mi dicesse di stargli alla larga, come se dentro di lui ci fossero nascosti strani ed oscuri segreti. Eppure, c'è qualcosa che oltre a frenarmi mi dice di andare oltre il limite, di spingermi più in la, di spezzare quella barriera di odio che adesso provo nei suoi confronti, che mi tiene legata e frustrata dalla rabbia, che mi impedisce di capire veramente chi ho davanti.



La voce rintronante di Grace che aleggia nella stanza richiamando il mio nome, mi percuote e mi porta fuori dal mio pensatoio personale. La vedo sbracciarsi in mia direzione seduta ad un tavolo posto esattamente al centro.


Grace, con un sorriso a trentadue denti, mi fa cenno di raggiungerla e mi avvio, pregando che non mi riempia per la centesima volta, di tormentose domande su Stumphone Jr.


Mi siedo con nonchalance di fronte a lei che si protrae verso di me, quasi a sdraiarsi sul tavolino, e mi guarda sospettosa. <<Allora? Com'è andata col più figo di Manhattan?>>, la sua voce squillante mi rimbomba nelle orecchie arrivando al punto di infastidirmi, ma è Grace e mi rassegno.


<<Bene. Mi ha chiesto di diventare sua assistente personale.>>. La mia voce monotono senza un briciolo di entusiasmo quasi da sembrar schifata ed il mio sguardo a dir poco freddo e distaccato, la fanno allibire. L'astuta Grace ha già capito tutto. Strabuzza gli occhi, prova a boccheggiare una O senza suono; è sorpresa, è scioccata, probabilmente vorrebbe riempirmi di insulti e farmi il terzo grado, ma la santa cameriera mulatta arriva sorridente al tavolo nell'attimo esatto quasi a volermi salvare, giusto per ora. Sembra fatto apposta; interrompe la cruciale conversazione per prendere le nostre ordinazioni. <<Ciao, avete deciso cosa ordinare?>>, spontaneamente mi volto verso di lei ed annuisco divertita, ricambia e voltandomi verso Grace, noto un fulmine assassino nei suoi occhi che un po' mi intimorisce; la guardo interrogativa.


<<Per me un hotdog ed una cola, grazie.>>, rispondo alla simpatica ragazza.


Improvvisamente, non mi sento molto a mio agio. L'aria si fa tesa, percepisco ancora lo sguardo assassino di Grace come un soffio sulla guancia. <<Anche per me.>> risponde seccata, degnandola neanche di uno sguardo e facendola sentire come un terzo incomodo.


Mi ha sempre innervosito questo tipo di comportamento di Grace ovvero; fissarmi cruciata, con il palmo di una mano sotto il mento e picchiettando sul tavolo con le dita dell'altra, mostrando il silenzio intorno a noi quando in realtà non c'è. Aspetta qualche secondo in quella posizione il congedarsi della cameriera e riattacca con la snervante conversazione. Mantiene lo sguardo cruciato su di me come per voler studiarmi, <<Tu...tu hai accettato, non è vero?>>, il tono basso di sfida della sua voce non mi fa paura. Mi accoccolo comodamente allo schienale incrociando le braccia e prendo a parlare a tono calmo, <<Mi ha detto di pensarci su, ma vuole una risposta a breve.>>, prendo fiato immaginandomi la sua brutta reazione dopo averle detto ciò che sto per dirle; << Non credo di voler accettare.>>, proseguo con freddezza e noncuranza.


Il botto violento sulla fronte che Grace si stampa con il palmo, mi fa quasi cadere dalla sedia per lo spavento. Inizia a sbraitarmi contro per l'incredulità. << Che diavolo hai nel cervello?!Perché non gli hai risposto subito di si?! Che cosa sei diventata, ridammi la mia migliore amica!>>. Questo è troppo! Ragiona solo a modo suo e pretende che anche gli altri ragionino così. Adesso sono veramente arrabbiata e non ascoltandomi, provocherà un bel litigio.


Batto un pugno sul tavolo protraendomi in avanti quasi andandole addosso, ho i nervi a mille! <<Oh, Cristo, Grace! Possibile che proprio non ci arrivi?>>, adesso sono io che le sbraito in faccia facendola quietare. Mi ricompongo, inspirando profondamente per una manciata di secondi, e proseguo con sobrietà e serietà, <<Sono appena entrata in questa azienda e immediatamente il figlio del capo mi offre un lavoro tanto vantaggioso. Non ti pare un po'...strano?>>, Grace annuisce, aggrotta la fronte, sembra in pausa di riflessione. Forse finalmente sta iniziando a comprendere e ad ascoltare, speriamo sia la volta buona. <<Ascolta, non voglio passare per quella che si è fatta annusare le mutandine da Stumphone. Anche se...la cosa non mi dispiacerebbe affatto!>>. Silenzio imbarazzante, non mi rendo neanche conto della frase appena detta. Ci fissiamo incredule e divertite e prontamente, scoppiamo in una fragorosa risata che fa girare la metà della gente curiosa presente in quella sala.



Grace ed io, due amiche inseparabili. Sono così felice che tutto sia tornato come prima, i nostri disguidi messi da parte, stupidi battibecchi per un ragazzo il quale non merita neanche le nostre parole ed il nostro fiato.



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