IN BILICO

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Credo di aver perso almeno dieci anni della mia vita. È come se fossi stata appena catapultata violentemente all’interno di un vortice dove è impossibile fare ritorno. Sono pietrificata. Josh… non può parlare dello stesso Josh. Non può essere il mio Josh. È altamente impossibile che sia lui. Altrimenti inizio a pensare di essere finita nella mani del destino sbagliato. Sono ammutolita, non so cosa rispondere, ho la testa piena che vuole solo scoppiare. Ragionando un attimo, è vero che un po’ di somiglianza c’è, ma non per questo devono essere fratelli. Ragiono ancora e ancora… Josh fratello di Noah? Solo all’idea di pensare ad una cosa del genere, scoppio in una fragorosa risata solitaria, risultando essere una pazza isterica. Manila si starà domandando il perché di tanta allegria, d’altronde eravamo nel mezzo di un discorso importante, perché mi guarda interrogativa. << Cos’è successo di così tanto divertente?>>, mi domanda, aggrottando la fronte. Continuo a ridere come se niente fosse, << Oh nulla. Scusami, mi era solo tornato in mente un aneddoto divertente e non ho potuto trattenermi. >>, le rispondo con più contegno. Allora non mi chiede altro di più. Alza semplicemente gli occhi al cielo, facendomi cenno di seguirla e nel totale silenzio, ci dirigiamo nella direzione che porta alla mia stanza, solo per stanotte.

Saliamo le scale in totale silenzio, oltrepassando un lungo corridoio abbastanza illuminato e raggiungiamo finalmente la porta che immagino essere quella della mia camera. Manila ed io ci fermiamo lì davanti. Mi fa una carezza alla guancia e mi sorride teneramente. Non mi sembra di notare più i suoi occhi essere lucidi. << Eccoci arrivate. Spero di non averti turbata questa sera.>>, sospira, preoccupata. Mento ancora una volta, negando con il capo. In realtà questa storia mi ha toccato abbastanza. <<No, non preoccuparti.>>, le dico abbozzando un lieve sorriso. << Cerca di riposare, tesoro. Ne hai bisogno. Ci vediamo domattina.>>. Ci salutiamo, augurandoci la buonanotte e mentre Manila torna sui suoi passi, rimango ancora un po’ li in attesa, finché non la vedo scomparire nell’ombra.

Tiro uno sbuffo, meditando giusto quel poco prima di decidere di entrare. Lo stupore che ho davanti agli occhi una volta aperta la porta di quella stanza, è incredibile. È gigantesca, quasi più grande del mio intero appartamento e moderna. Mi piace il colore delle pareti, un rilassante azzurro cielo ed il parquet del pavimento mi fa fare un gridolino di gioia; finalmente potrò camminare scalza senza congelarmi i piedi! Dato che patisco molto il freddo.
Chiudo la porta alle mie spalle e mi lascio guidare dalla curiosità di esplorarla tutta quanta. Di fronte, posto quasi accanto ad una grande porta a vetri scorrevole che da su un ampio terrazzo, un comodo letto matrimoniale imbottito da lenzuola blu notte molto di classe, sta chiamando la mia voglia di buttarmici sopra e farci una bella e lunga dormita. Accanto al letto, sono posizionati elegantemente due comodini bianchi con i bordi glitterati. Sposto lo sguardo e vedo un vero e proprio armadio; alto e a due ante scorrevoli, con due grandi specchi frontali. E c’è anche una bellissima specchiera. Anch’essa dello stesso colore dell’armadio e dei comodini e glitterata, con sopra ben posizionato, uno specchio ovale e piccole luci al neon che fanno da contorno. Giusto per curiosità, mi inoltro verso quella magica specchiera per vedere in che stato è ridotta la mia faccia.
Quanto avrei preferito non farlo… faccio veramente schifo! Mi sembra di essere dimagrita di non so quanti chili. Il mio viso ha l’aspetto di un cadavere e peggio sono i miei occhi, così spenti e vuoti. Mi passo una mano tra i capelli, ma non scorre a dovere, sono troppo annodati. Meglio lasciar perdere, altrimenti c’è il rischio che mi faccia molto male nel tentativo di strapparmi via qualche nodo. Preferisco andare sul letto e affondarmici sopra e penso sia la cosa più giusta e utile che possa fare adesso. Dormire e spazzare via i pensieri. Vorrei riuscire a chiudere occhio qualche ora e non sentire più il nome di Noah, di Josh e così via, togliermi tutto quanto dalla testa e spero di poterci riuscire, almeno quel minimo.
Non mi ero accorta prima, probabilmente per via del colore scuro delle lenzuola, che sopra ai cuscini e accuratamente piegato, c’è un pigiama violetto. Neanche il tempo di prenderlo, che già da vicino sento il forte e buon profumo della lavanda. È un odore che a me piace tanto perché mi rilassa, ottimo per aiutare a conciliare il sonno. Ho una voglia matta di togliermi tutti i vestiti di dosso ed indossarlo subito, ma prima dovrei farmi una bella doccia calda. Sono stata sdraiata fuori per terra fino a poche ore prima, non mi azzarderei mai a mettermi sotto quelle coperte ed indossare quel pigiama se prima non mi do una bella ripulita.
Allora mi spoglio, lanciando i vestiti un po’ qua e un po’ la e mi incammino in direzione di una porta che sta dall’altro lato della mega stanza, immaginando essere il bagno. Non potevo avere aspettative migliori; non ricorda per niente la micro scatola che sta all’interno del mio appartamento. Questo si che è un vero bagno! Due lavandini in marmo chiaro e una doccia che ti sussurra “usami”. Manila però ha pensato proprio a tutto, perché trovo uno spazzolino ed un dentifricio nuovi di zecca, così come la spugna per la doccia, lo shampoo ed il bagnoschiuma, saponette varie ed un accappatoio rosa ben piegato posto accanto ad uno dei due lavandini. Tutto questo mi ricorda un po’ di essere in un hotel a cinque stelle. Mi verrebbe da urlare per la gioia, peccato che sia solo per questa notte.
Faccio scorrere l’acqua della doccia finché non diventa bella calda, quasi bollente. Amo l’acqua così calda anche quando si toccano i quaranta gradi in estate. Arriva il momento finalmente, di lanciarmi dentro; il getto caldo e potente è un toccasana sia per il mio corpo che per i miei pensieri. Sto per un bel po’ così, ad occhi chiusi, ascoltando solo il suono dell’acqua. Il mio corpo si sta rilassando tantissimo e tutta la stanchezza la sta portando via con sé. Dopo chissà quanto tempo, riapro gli occhi lentamente e chiudo il rubinetto. Credo sia meglio uscire da qui adesso o c’è il rischio che possa addormentarmi in piedi e non credo sia una buona idea. Mi metto addosso l’accappatoio e noto che anch’esso profuma di lavanda. Mi sento stranamente contenta ora, magari è perché sono riuscita ad avere quel giusto relax di cui avevo bisogno, che ancora non è finito.

Mi preparo per andare verso il letto non vedendo l’ora di stravaccarmici sopra, ma quando sono lì, quasi pronta per mettermi addosso il pigiama, qualcuno bussa alla mia porta. Molto probabilmente è Manila che si è dimenticata di dirmi qualcosa o di lasciarmi qualche altro prodotto, magari delle ciabatte, visto che ne sono sprovvista.
Decido di andare ad aprire con indosso solo l’accappatoio, sono sicura al cento per cento che sia lei, quindi non ne ho imbarazzo e poi finalmente, posso andarmene a dormire. Quei pochi passi per arrivare alla porta sono micidiali, la doccia calda e la stanchezza hanno fatto in modo di rendere le mie gambe pesanti quando due macigni.
Quel qualcuno, presumibilmente Manila, bussa nuovamente. Non capisco perché non prova a chiamare il mio nome, forse perché immagina che stia dormendo. Ma è strano se pensasse una cosa del genere, non continuerebbe a bussare altrimenti. Decido di prendere per prima la parola, arrivata a questi punti, << Un attimo, Manila! Sto arrivando.>>, la mia voce suona abbastanza debole e roca. Nessuna risposta dal di fuori, è molto strano.
Apro la porta ed improvvisamente mi stringo fortemente l’accappatoio con una mano, anche se già allacciato per bene. So anche di essere diventata paonazza tutto di un colpo. Sbarro gli occhi e ho il petto che ricomincia con quella solita violenta palpitazione. Sono ammutolita, i miei occhi non vogliono credere a chi ora ho davanti.
<< Sarah…>>, il mio nome, il tono sottile, il modo di guardarmi un po’ afflitto… Noah è qui, di fronte a me, quasi dentro camera mia. Non so cosa voglia, non so perché sia qui, ma sento come se bruscamente, si fosse appena bloccato il tempo e le mie emozioni si fossero pietrificate. Rimango ferma immobile così come sono, neanche un misero suono ha intenzione di uscire dalla mia bocca. Fa cautamente un passo più vicino a me e, senza che io possa dire o fare qualsiasi altra cosa, mi afferra, stringendomi fortemente a sé.

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