XXIII

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Luke's pov

Le tre del mattino e io non ho ancora chiuso occhio, nonostante la stanchezza insopportabile che mi fa dolere tutti i muscoli.

Domani ho due interviste, una signing e ancora non dormo. Continuo a pensare a Bea, a Marco. Come faccio a farmi chiamare papà se non mi comporto da tale? Ma come diavolo faccio ad essere un padre se mi trovo all'altro capo del mondo?

Mi giro su un lato e guardo Calum dormire nel letto a due piazze di fianco al mio, uno di quelli coi materassi morbidi, pieni di cuscini, che trovi solo negli alberghi che hanno almeno un poco di rispettabilità.
"Cal, hey amico, sveglia!"
Grugnisce e muove le braccia come se stesse scacciando qualcosa che gli dà fastidio, muovendo un po' l'aria.

"Calum, ho bisogno di parlare con qualcuno" dico alzando la voce. "Cazzo, svegliati!"
Finalmente apre gli occhi e mi guarda assonnato, con le palpebre che gli cadono giù, "cos'hai, Luke? Sono le tre, cazzo. Domani ci dobbiamo svegliare presto e tu mi chiami nel bel mezzo del mio sonno."

Mi metto supino e fisso il soffitto della camera d'albergo di Glasgow, siamo tornati in Gran Bretagna e non l'ho nemmeno fatto sapere alla mia famiglia. Che razza di stronzo sono diventato?

"Non riesco a dormire."
"E per questo motivo hai svegliato anche me? Cazzo ma che..."
"Ho problemi con Bea" sputo fuori all'improvviso. "Mi ha detto che non ce la fa più a stare senza di me, che non riesce a fare tutto da sola: il matrimonio, Marco, la casa. E ha ragione, ma io che cazzo ci posso fare?"

Calum schiude la bocca, si alza scioccato, come se in tutto questo tempo non si fosse nemmeno accorto di quanto io stia di merda, è il mio migliore amico e non s'è nemmeno reso conto che sto male, poi si siede di fianco a me, "cazzo, Luke. Perché non ne hai parlato con noi?"
"Non lo so" farfuglio strofinandomi le mani sulla faccia. "Non so più niente."

Stiamo un attimo in silenzio senza dire una parola, intanto io mi metto di fianco a Calum, che mi tiene una mano sulle spalle.

"Che cazzo faccio, Cal? Cosa faccio?"
"Io credo che... Credo che dovresti prenderti una pausa."
"Una pausa da Bea? Non ci penso nemmeno."
"No, no, amico, una pausa da noi. Hai una famiglia, non puoi continuare ad ignorarla."

Sto zitto un attimo, con la faccia coperta dalle mie mani ruvide, piene di calli. I 5 Seconds Of Summer erano il mio sogno, come posso lasciarmelo scappare così?

"Troveremo una soluzione" dice Calum picchiettandomi il palmo sulla spalla. "Facciamo uscire il nuovo album e scappiamo subito a casa, facciamo delle pause più lunghe e poi ti porti dietro Bea e Marco. Così fai tutto con calma, c'è troppa pressione ora, non abbiamo nemmeno il tempo di cagare in santa pace."

Guardo Calum con gli occhi lucidi, non piangere, non piangere.
E invece piango, per la paura che vada tutto male, per paura che Bea se ne vada, che m'abbandoni come un povero stronzo, come io ho fatto con lei.
"Luke, vedrai che risolvo tutto."

Ci abbiamo provato, a risolvere tutto. Io ho chiamato Bea, m'ha detto quello che mi meritavo, che sono un povero stronzo, ma quando gli ho detto che tornavo a casa potrei giurare di aver capito che sorridesse dall'altro capo del telefono.

Tra poco torno a casa e mi sembra tutto così surreale. Abbiamo un album, delle fan e tra poco riavrò anche la mia famiglia.

Non faccio altro che pensare e ripensare a loro, Bea e Marco. Solo loro, impressi nella mia mente. Il mio unico pensiero.

"Luke, bello, sveglia. Dobbiamo muoverci" mi dice Michael toccandomi un braccio. "Alza il culo, siamo atterrati."
Mi guardo in giro, tutti si alzano, "Eh?"
"Cazzo, muoviti" grida Calum da dietro.

Sotto il cielo d'ottobre, l.hWhere stories live. Discover now