XVI

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Luke mi prende in braccio e mi piazza sul sedile posteriore della macchina di Calum, "Luke, è meglio se guido io" dice al suo migliore amico, ma lui non ne vuole sapere, deve stare lui al volante, nonostante sia consapevole del fatto che non riuscirebbe nemmeno a stare in piedi un secondo di più da quanto è agitato.

Discutono in mezzo al marciapiede mentre io soffro come un cane, "possiamo prendere una cazzo di decisione?!" chiedo quasi urlando.
Luke alza le braccia e si siede dietro con me, mi stringe le mani mentre mi dice di respirare anche se io, di inspirare dal naso ed espirare dalla bocca, me ne infischio.
Nella mia mente c'è il caos.

Panico. Il dolore non fa altro che aumentare e grazie a Dio le contrazioni qualche volta si fermano per farmi prendere fiato.
"Cazzo" urlo. "Fa male da morire!"
"Amore respira, respira, calma."
"Calma un cazzo, Luke! Calma un cazzo!"

Sta zitto, se parla un'altra volta lo sbrano. Gli morsico la mano con cui continua a toccarmi nervosamente la spalla da ormai dieci minuti buoni.

"Eccoci."
Calum ci lascia davanti all'entrata dell'ospedale, scendo e Luke corre subito a prendermi una carrozzina. Arrivano due infermiere vestite di blu, Stalio e Olio in versione femminile.

"Dobbiamo correre in sala parto!"
"Chiamo il dottore."

Saliamo sull'ascensore, guardo Luke torturarsi le mani, mi guarda nervoso, più agitato di me. Quando vuole sa come farsi prendere dal panico.
"Stai tranquilla" mi dice. Non rispondo perché non ho voglia, sono troppo impegnata a sentire dolore.

Mi portano in sala parto, "è il fidanzato?"
"Sì."
"Allora può rimanere" dice Olio. "Se le fa impressione può mettersi dietro di lei."

La massa di capelli biondi si sposta dietro di me mentre io stringo le mani attorno alle maniglie del letto. Ha troppa paura per vedermi partorire da davanti, non vuole svenire e perdersi uno dei momenti più belli di tutta la sua vita.

Entra un signore col camice bianco, i guanti verdi e la mascherina, mi guarda attraverso gli occhiali trasparenti.

"Devi iniziare a spingere" mi dice dopo avermi fatto divaricare le gambe. "Quando senti una contrazione spingi."
Obbedisco e non appena sento dolore inizio a spingere il più forte possibile.

Grido per il male che sento, "Dio, non pensavo fosse così doloroso" dico a fatica.
"Forza Bea, manca poco, continua così."

Sento la mano di Luke asciugarmi le goccioline di sudore che mi cadono dalla fronte, sono completamente bagnata e quasi mi dispiace per lui che mi deve vedere in questo stato pietoso.

"Contrazione" dice Stalio. "Spingi!"
Obbedisco. Punto i piedi sugli appoggi che mi hanno attaccato al letto e spingo verso il basso.

Continuo così per mezzora finché non sento un peso togliersi dallo stomaco. Un pianto di un bambino.

Luke inizia a singhiozzare quando vede Marco. Me lo appoggiano sul petto, tutto sporco, piccolissimo e a questo punto non mi controllo più. Scoppio a piangere anche io nel riconoscere nostro figlio, mio figlio. Il risultato di una notte di passione, di una disattenzione. Il regalo più bello della mia vita.

È un'emozione troppo forte da poter descrivere a parole, è come un'esplosione di felicità.

Guardo Luke asciugarsi le lacrime, fisso l'infermiera portarmi via il mio piccolino e questo è il momento in cui capisci di essere davvero una mamma, di avere davanti a te una vera famiglia, la tua.

"Dobbiamo tenerlo sotto un'incubatrice per due, tre giorni, ma sta bene" dice Stalio togliendosi la mascherina. "Pesa 2.5 kg, è abbastanza grosso per essere un settimino."

Sotto il cielo d'ottobre, l.hWhere stories live. Discover now