XVII

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"Puoi rimanere mezzora da solo con Marco? Pensi di potercela fare?"
Luke ha sbuffato un paio di volte prima di liquidarmi con un "ce la faccio, Bea. Tu vai, ci penso io al mio ometto".

Allora esco da sola. Chiudo la porta alle mie spalle con la speranza di tornare con ancora Marco sano e salvo, senza che Luke abbia incendiato qualcosa o abbia per caso vestito nostro figlio come un cantante punk rock degli anni novanta.

Inserisco le chiavi della macchina e parto. Me ne vado al cimitero, da Mila. Le avevo promesso che la sarei andata a trovare ogni settimana ed eccomi qui, seduta sul prato vicino alla sua lapide, intenta a raccontarle tutto quello che è successo in quest'ultimi giorni.

Il parto, Marco, Luke impanicato, le dico tutto e non tralascio nemmeno un dettaglio. È come se lei fosse ancora qui, con quei suoi occhiali abnormi che le cadevano sempre sul naso, ad ascoltarmi parlare, come faceva sempre.

Lei stava zitta, si sfogava raramente. Le bastava ascoltare i miei problemi per dimenticarsi dei suoi. Mila era una gran ascoltatrice, una grande amica; e tanto è vero che la terra gira attorno al sole, non smetterò mai di dire che mi manca da morire.

Mi è morta una sorella.

"Hey, B."
Vedo Michael avvicinarsi con un mazzo di fiori bianchi in mano, li mette nel vaso piantato nel terreno e mentre cambia l'acqua continua a parlare: "è come se fosse ancora qui ad ascoltarti, vero?"
"Già" dico strappando qualche filo d'erba.
"Mi manca" sputa fuori.

Si siede di fianco a me con le ginocchia piegate su cui ci appoggia le braccia pesanti, mi guarda e si passa una mano nei capelli rigorosamente tinti di blu.

Io non rispondo, non voglio dire "manca anche a me", mi sembra già fin troppo evidente. Eppure Michael sembra cercare di tirarmi fuori una risposta con quegli occhi tristi che si ritrova.

Allora gliela do questa risposta, "lo so, Mike, manca anche a me."
Gli cingo la vita con un braccio e appoggio la testa alla sua spalla.

Poveraccio, Michael. S'è ridotto peggio di uno straccio, con quelle occhiaie viola che gli contornano gli occhi sembra abbia la pelle più bianca del solito. Pare un morto che cammina.

"Bea" mormora.
Alzo la testa e lo guardo, "cosa c'è?"
Non risponde, s'avvicina a me e ad un tratto lo spazio tra noi si è ridotto a pochi centimetri. Siamo così vicini che riesco a sentire il suo respiro premermi sulla pelle.

Mi guarda dentro con quegli occhi chiari, si avvicina ancora un po', poi succede l'impensabile: mi bacia. Fa combaciare le sue labbra secche con le mie. Sa di dolce, di bambino.

"Michael, Cristo!"
Lo spingo via, gli tiro un buffetto sul petto e lui si mette le mani sulla bocca, come se fosse scioccato per quello che ha appena fatto. Sgrana gli occhi, che cazzo fai quell'espressione? Sei stato tu a baciarmi!

"Che cazzo fai?" chiedo stizzita.
Mi guarda e incrocia le braccia attorno al mio collo prima di scoppiare a piangere sulla mia spalla. Sento le lacrime calde bagnarmi la stoffa della maglia.

Piange disperato dopo aver accumulato fin troppa malinconia. Chissà da quando non si sfoga, questo poverino. Avrà avuto bisogno di qualcuno, qualcosa a cui aggrapparsi, e ha trovato le mie labbra.

"Mi dispiace" dice dopo essersi calmato un po'. Lo guardo mangiucchiarsi le unghie e mi metto una mano in faccia.
"Dio, Michael" mormoro. "Cosa facciamo ora?"
"Niente, non facciamo niente" risponde. "Non devi dirlo a Luke."

Alzo gli occhi al cielo perché so che non riuscirò mai a tenere un segreto all'oscuro di Luke, non una cosa del genere, è come un tradimento.
Devo dirgli verità.

Sotto il cielo d'ottobre, l.hWhere stories live. Discover now