XV

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21 Novembre 2014

Chiamo Rebecca perché mi sento sola, è l'unico appiglio che mi rimane dopo mia madre, che non risponde quasi più al telefono.

I 5 Seconds Of Summer vogliono fare un EP, Somewhere New, "sarà il nostro trampolino di lancio" m'hanno detto.
Allora quando Luke registra nel suo studio, mi tocca stare a casa da sola.

"Pronto?"
Prendo un gran respiro mentre giocherello con la carta di caramelle che ho buttato prima sul tavolo, "Rebecca? Sono Beatrice."
"Oh, Bea, che piacere!"
Sento dei rumori in sottofondo, poi un pianto di un bambino, "cristo" impreca.
"Tutto bene?"
"Sì, è che devo badare al bambino da sola e sono un po' in casinata."
"Haha sei rimasta incinta anche tu?"

La prendo sul ridere.
So quasi per certo che la risposta sia un no. Una ragazza come Rebecca Johnson che si prende le sue responsabilità alla giovane età di diciannove anni? È tutto troppo assurdo per essere vero.

"Sì" mormora.
Rimango a bocca aperta dopo aver sentito la risposta. Mi sembra tutto surreale, è impossibile che si sia fatta mettere incinta da qualcuno. Lei era l'esperta del sesso, che è sempre stata attenta ad usare più precauzioni possibili, allora perché ha avuto un bambino?

"Chi è il padre?"
"Puck Alto."

Puck Alto? Quello che aveva la madre fissata con le opere di Shakespeare, lo sfigato degli sfigati, l'ultima persona della piramide sociale del liceo. Lui che ha messo incinta Rebecca Johnson? Quando hanno fatto sesso? È un paradosso.

Non rispondo e tossico un paio di volte per smorzare l'aria di tensione. Poi parla ancora lei, "ci andiamo a prendere un caffé?"
Dico di sì anche se sono le sei di sera, perché io di quel caffé ne ho bisogno, devo vedere qualcuno, uscire all'aria aperta, respirare un po'.

"Ciao" dice sedendosi al tavolo con la carrozzina incollata alla mano. "Ma sei ingrassata!"
"Sono al settimo mese" mi difendo, seccata. "Come si chiama?" chiedo affacciandomi al passeggino.
"Jacob."

Guardo quel bambino con la pelle un po' scura, quasi gialla. È un fagottino con gli occhi nerissimi, come quelli della madre.

Gli accarezzo la mano mentre dorme, non fa una piega. Tiene gli occhi chiusi nonostante il chiacchiericcio che riempiva il piccolo locale sulla Joy Road.

"È bellissimo."
"Pensa che tra poco avrai anche tu un marmocchio tutto tuo da coccolare e da sopportare, e curare, a cui cambiare il pannolino" dice dopo aver sorseggiato il suo caffé.
"Non vedo l'ora" esclamo felice.

La serata passa in fretta, stranamente. Rebecca mi accompagna a casa con la sua volvo nera, nuova di pacca.
"Ciao, grazie del passaggio."
"Non c'è di che!"
Chiudo la portiera ed entro nel condominio, il solito, triste e grigio.
Salgo le scale con l'aiuto del corrimano e finalmente arrivo davanti la porta di casa.

Non appena tocco le mattonelle del salone mi accorgo che le luci sono accese e per terra sono sparsi petali di rosa rossi. Alzo lo sguardo e una candela accesa sul il tavolo della cucina apparecchiato, con la tovaglia buona, quella di mia madre.

"Ciao."
Mi giro e trovo Luke di fianco a me che, premuroso, mi prende la borsa che mi pesa sulle spalle.
"Ciao" dico dandogli un bacio. Mi avvicino alla tavola con le mani sui fianchi, "E questo?"
"È una sorpresa" mormora aiutandomi a sedere. "Volevo cucinare ma poi ho cambiato idea quando ha preso fuoco la carta forno" dice avvilito. "Quindi ho preso il cinese."
Guardo Luke che mi porge le scatole bianche del take away e sorrido, "il cinese è perfetto."

Mangiamo tutto e quasi esplodo a causa di quello che ho ingurgitato.
"Sai di cosa ho voglia, ora?"
"Di cosa?"
"Di guardare New Girl con te."

E allora per coronare la serata finiamo sul divano a guardare la nostra serie preferita.

"Grazie" dico accarezzando i capelli di Luke che ha la testa appoggiata sulle mie gambe. "Abbiamo apprezzato il cibo."
"Per voi questo e altro."

Poi ci addormentiamo così, sul divano troppo scomodo su cui dormirci per una notte, infatti mi sveglio col mal di schiena.

"Quanto è scomodo questo divano" grugnisco sdraiandomi. Affondo la testa tra i cuscini e alzo gli occhi su Luke che mi guarda dall'alto, con la maglia tutta spiegata nei pantaloni e i capelli spettinati.

"Buongiorno" dice sorridente.
E Dio, quel sorriso. Mi si contorce lo stomaco quando lo vedo così, è bellissimo. Ogni volta mi fa sempre lo stessi effetto; le farfalle nella pancia.

"Giorno" mormoro ricambiando il sorriso. "Tu hai dormito bene?"
Mi metto seduta e lui si mette di fianco a me, mette il braccio attorno alle mie spalle e affonda le labbra nella mia guancia.
"Sì, Bea."

Mi tocco la pancia, "Luke, Luke! Marco si muove, senti."
Gli afferro la mano e la metto sul pancione. Lui sta lì, si avvicina con la testa e sorride quando sente Marco scalciare per l'ennesima volta, spinge i piedi contro di me.
"Sta prendendo un po' troppa confidenza nel darmi i calci però."

La giornata passa più veloce di quanto pensassi, Luke va a registrare, torna e io gli preparo da mangiare mentre lui si siede al tavolo della cucina e mi racconta di quello che ha fatto.

È così da giorni, ormai siamo stati travolti da un vortice irrefrenabile, la solita routine, l'arma letale, quella che ti uccide.

"Oggi abbiamo registrato la tua canzone" dice Luke con la bocca piena. "È uscita bene."
Mi siedo di fianco a lui, appoggio il gomito al tavolo, "voglio sentirla."
"Domani puoi venire in studio se vuoi, così la puoi sentire."

E ci vado, nello studio con Luke e i 5 Seconds Of Summer, i quattro ragazzini un po' troppo giocherelloni che mi cedono la sedia più comoda, "solo perché sei incinta."
Allora siedo sulla sedia, quel trono desiderato da tutti, quello con le rotelle sotto.

Luke è dietro di me, mi guarda dall'alto, "Pronta?"
Faccio cenno di sì e parte Beside You. È bellissima registrata così, senza rumori di sottofondo o grida di ragazzine isteriche che riempiono sempre i locali in cui si suona.
"Ti piace?"

Apro la bocca per rispondere quando un dolore lancinante mi parte dal basso ventre e si spande in tutta la pancia, facendomi uscire dalla bocca un gridolino.
Mi piego dal male, "dio" dico a denti stretti.

Tutti si accerchiano attorno a me, Luke mi afferra le spalle, "Bea, stai bene? Cos'hai?"
Un'altra pugnalata allo stomaco e mi chino in avanti boccheggiando. Poi sento i pantaloni bagnarsi, guardo in basso e mi tocco la stoffa chiara dei jeans diventata scura.
"Mi si sono rotte le acque!"

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Piccolo chiarimento, ovviamente il nome Puck è riferito all'opera di Shakespeare, A Midsummer Night's Dream, dato che sua madre era patita dell'autore inglese. (Se non l'avete capito.)

Ma cosa più importante, BEA STA PER PARTORIRE. È al settimo mese e sì, sta per avere il suo bambino. Un piccolo settimino.

Non vedo l'ora di scrivere il prossimo capitolo, per descrivere qualche momento di tenerezza, così, tanto per farvi soffrire.

Comunque, in questi giorni sarò molto occupata e quindi riuscirò ad aggiornare solo sabato prossimo. Abbiate pazienza.

Alla prossima, Martina.

Sotto il cielo d'ottobre, l.hWhere stories live. Discover now