La Guerra degli Alberi, 18 febbraio 2020

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L'ultima battaglia di questa sfiancante contesa di paese si è consumata lo scorso sabato, proprio mentre il sottoscritto (e aggiungo per fortuna) era in trasferta in quel di Bardonecchia.
Ecco quello che mi ha raccontato al telefono Pentesilea.

Prima di tutto, per capire meglio alcune dinamiche di quanto è accaduto, vi tocca una piccola descrizione del famoso viale alberato.

Forse già sapete che su un lato del suddetto viale si affacciano in sequenza lo studio medico, il Monumento ai Caduti e il municipio. Segue poi una piazzetta con una contenuta rotatoria, oltre la quale si erge la chiesa con il suo sagrato.

E forse ho già anche scritto che gli alberi incriminati sono una decina di ippocastani vecchi di mezzo secolo e che sull'altro lato del viale corre parallela una strada con una cinquina di parcheggi a disco da una parte e una catena di palazzi alti due piani che ospitano negozi di vario genere a pianterreno dall'altra.

Come stavo dicendo, sabato scorso era stato pianificato il taglio delle piante malate.

La Vinci aveva chiamato alle armi tutti i suoi probi e integerrimi paladini del verde, Penti compresa, importandone anche un discreto numero dai paesi limitrofi. Alcuni erano stati legati di nuovo con catene agli alberi. Qualcuno piazzato sopra le fronde. Aveva inoltre assoldato Gentile Pulici e la sua tromba (il socio dello zio di Alberto, quello che ha avuto l'incidente con il cinghiale. Ne avevo parlato giusto la settimana scorsa) oltre che una quaterna di chitarristi che intonavano slogan e canzoni popolari contro il sindaco e il suo gruppo di sostenitori.

Nello schieramento opposto, a fianco del sindaco, c'erano uno sparuto ma non meno determinato commando armato di motosega, la polizia municipale al gran completo e un paio di tecnici dell'ASL. Tutt'intorno, un battaglione di curiosi non schierati. Stendardi, striscioni e bandiere di ogni genere campeggiavano ovunque. Sul terrazzo del municipio erano state posizionate un paio di enormi casse.

C'era tensione nell'aria ma nemmeno troppa secondo la Penti. Si respirava più quell'aria goliardica degli scioperi che si facevano al tempo delle superiori, questo nonostante che qualche buontempone avesse pensato, nella notte, di stilizzare sul muro del municipio con l'ausilio di una bomboletta spray un uomo alto circa tre metri al cui posto della testa spiccava un'enorme patata e con a lato un fumetto che diceva: "Testa di patata: dura con i deboli, lessa con i forti."

Fino alle nove non è successo nulla. Ogni cittadino di Dovise sa che non bisogna superare la personale soglia del rumore del nostro benamato parroco quando sta celebrando messa. È capitato più volte che Don Fernando mollasse i fedeli nel bel mezzo dell'omelia per uscire sul sagrato a ripristinare il per lui giusto silenzio.

Ma appena dalla porta della chiesa è iniziata a sciamare la gente, il primo cittadino di Dovise si è affacciato sul terrazzo del municipio e, sotto una pioggia di slogan e insulti, ha dato il microfono a una donna.

― Mi chiamo Maria Susanna Palomba ― ha esordito.

E giù fischi da buona parte della platea.

― Sono responsabile dell'ufficio igiene della provincia.

E giù altri fischi.

― Se mi date soltanto un minuto, vorrei illustrarvi...

A quel punto qualcuno ha lanciato una patata e l'ha centrata dritta sulla testa.

Il sindaco le ha rubato il microfono.

― Va bene, come volete ― ha proclamato rivolgendosi ai miei concittadini ― fate come vi pare. Io mi dimetto. Non voglio finire in galera quando uno di questi rami malati finirà sulla testa di qualche povero diavolo, né voglio assistere al prosciugamento delle casse comunali per pagare le multe che voi testardi bifolchi obbligate l'intera comunità di Dovise a farsi carico.

La folla a quelle parole si è scatenata.

Buffone, codardo, patata lessa, sono gli insulti, per così dire, meno indecenti che si è beccato. La tromba di Gentile Pulici ha squillato uno stonato alzabandiera militare. Il quartetto di peones con chitarra in spalla ha attaccato Bella Ciao. Qualcuno ha esploso una raffica di petardi. Poi un raudo è deflagrato in un cestino di strada, proprio davanti allo studio medico.

In quello stesso istante, da uno degli ippocastani malati si è staccato un grosso ramo che è caduto sopra una Cinquecento posteggiata nel parcheggio dei disabili, sfondandone il tettuccio.

La folla si è zittita improvvisamente.

Da una finestra della palazzina oltre la strada si è affacciata una donna con i bigodini in testa.

― Ma porca... ― ha imprecato nel silenzio generale.

Quindi è rientrata in casa e poco dopo è uscita in strada continuando a sbraitare.

La donna era Filomena Lodo, la figlia della Vinci.

Nel giro di mezz'ora sono sopraggiunti carabinieri e pompieri che hanno disperso la folla, cintato la zona e dato modo alle motoseghe di far sentire la loro voce.

E qui si concludono quasi sei mesi di guerra civile. E Adesso alcune considerazioni più o meno personali.

1° Al comune di Dovise, stando alle voci, sono state notificate ammende da parte dell'ASL di competenza per un totale di euro 12.350 a cui vanno aggiunte la somma per la rimozione delle radici degli alberi e quella per la piantumazione di n°10 nuovi ippocastani adulti. Insomma, una bella legnata per le casse comunali.

2° Stando sempre alle voci (questa è quella del Marchino), pare che il suddetto ramo fosse in procinto di cadere già da due settimane ma che attendesse il momento più propizio, quello che si è presentato quando l'imbigodinata figlia della Vinci ha lasciato la macchina proprio nel parcheggio riservato ai disabili. Un dispositivo wireless di ultima generazione sembra essere stato determinante per l'incredibile tempismo con il quale il ramo si è staccato dalla pianta. Filomena Lodo si è beccata ben 84 euri di multa, oltre alla magra figura fatta davanti a mezza comunità di Dovise.

3° La Cinquecento ha subito danni per più di 6000 €. Vinci e figlia hanno fatto causa al comune che avrebbe dovuto prodigarsi per l'abbattimento degli ippocastani del viale in quanto malati e pericolosi.

4° Non si è capito bene se il sindaco si sia dimesso o meno, però altre effigi con la testa di patata sono comparse sui muri di parecchie case del paese.

5° La Penti, questo è certo perché me l'ha riferito lei, vuole candidarsi alle prossime elezioni comunali e, parole sue, ripulire il marcio che c'è nella politica (e nel paese).

6° I quattro chitarristi hanno assoldato la tromba di Gentile Pulici e organizzeranno un sit-in a difesa delle patate perché in questa guerra politico-ecologico ne sono state sprecate a bizzeffe e il nostro pianeta, per il riscaldamento globale, la sovrappopolazione e un'altra decina di motivazioni che vanno da una rinnovata guerra per la difesa degli orti alla libertà di espressione musicale per i suonatori di strada, non può più permetterselo.

7° In questi (e prevedo ancora molti altri) giorni, battutacce e doppi sensi sulle patate si sprecano.

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