06. Memories

493 41 15
                                    

Capitolo 06: "Memories"

*Federico's Pov*

Mi sveglio di soprassalto, il respiro corto, il cuore che batte velocissimo e la fronte imperlata di sudore. Mi guardo intorno per un attimo e cerco di calmare il mio battito accelerato. Faccio dei profondi respiri, tenendo la mano ferma sul cuore martellante.
«Amore, tutto bene?» Lucia mi poggia una mano sulla spalla e mi volto ad osservarla per un attimo.
«Si, tutto bene, torna a dormire» le dico cercando di sorridere, non voglio farla preoccupare.
Mi alzo dal letto e mi dirigo in cucina.
Ho ancora il respiro corto e una sensazione di pesantezza all'altezza del petto. Non mi era mai capitato prima, non so spiegare cosa sia e perché mi fa sentire così maledettamente spaventato.
Mando giù un bicchiere d'acqua e mi metto seduto sul divano. Il respiro torna pian piano regolare e il cuore calma i suoi battiti. Mio malgrado quella strana sensazione è ancora presente. Chiudo gli occhi, respirando a fondo, il buio e il silenzio mi accompagnano per il resto della notte.
Sono confuso, la mia mente non fa che riportarmi ricordi di lei. Come se a seguito di un trauma, fossi stato colpito da un'amnesia totale e in un lampo tutti i momenti trascorsi con lei tornassero al proprio posto. È tutto così snervante.
Vederla, stretta in quel tubino color lime, mi ha catapultato nella triste realtà. Non l'ho mai dimenticata. Ho provato ad andare avanti, ci sono anche riuscito per un periodo, soprattutto grazie a Lucia, ma quando i miei occhi hanno incontrato i suoi, dopo due lunghissimi anni, ho capito che io non ho mai vissuto realmente. No, non ho vissuto, il mio era più un modo per sopravvivere. E in questo momento mi sento uno stronzo, perché Lucia è nell'altra stanza, tra le lenzuola del mio letto, mi ha aiutato ad andare avanti e io la ripago continuando a pensare a Chloe.
Sento le lacrime scendermi per le guance e mi impongo di tirarle indietro. Non c'è nulla che io possa fare. Mi sento debole. Ero consapevole che prima o poi sarebbe tornata e mi maledico per essere così vulnerabile.
Capisco che quella stretta al cuore, che sto provando da quando ho riaperto gli occhi, sia dovuta a Lucia, al male che mi sento gli farò, perché finisce sempre che io faccia soffrire chiunque mi stia vicino.
Cos'ho che non va? Perché deve essere tutto così difficile?
Mi alzo dal divano, faccio un paio di passi, su e giù per il salone e sbuffo.
Non riesco a toglierla dalla testa e non posso permetterlo. Ne deve uscire una volta per tutte.
Torno in camera e mi stendo accanto a lei.
Affondo la testa nel cuscino e mi stringo al suo corpo, come un bambino che durante il temporale si stringe alla propria madre.
Non posso permettermi di fare del male anche a Lucia, non lo merita. Non dopo tutto il bene che mi ha fatto in questo ultimo anno.
«Sicuro di stare bene?» sussurra nel buio della stanza.
«Non molto. Stringimi soltanto» sussurro io, aumentando la presa su di lei, quasi come se tra le sue braccia tutto il dolore potesse scomparire.
«Lo sai che puoi dirmi tutto. Sono qui» mi lascia un bacio in fronte e mi stringe di più.
Qualche lacrima scorre ancora per le guance e spero non se ne accorga, non merita di preoccuparsi a causa mia. Respiro a fondo il suo profumo, che in questo momento è come se fosse un calmante per il mio animo agitato.
«Grazie» sussurro solamente.
Resto sveglio per il resto della notte, mentre lei si addormenta dopo poco, tenendomi tra le sue braccia.
Mi capita di osservarla, di sentire continuamente una stretta al cuore. Dorme beatamente, il suo petto si alza e si abbassa in maniera regolare, é serena. Vorrei essere sereno come lei.
Sorrido leggermente, guardandola dormire al mio fianco. Ripenso ai momenti trascorsi insieme, a quanto mi abbia fatto stare bene, alla sua risata contagiosa. Ripenso a tutti i giorni passati insieme, agli allenamenti in cui è venuta a sostenermi, ai giorni di pioggia passati sul divano a guardare Netflix.

Mi diressi all'angolo bar. Quella serata si stava rivelando un vero schifo. Mi feci convincere da Dusan, come accadde spesso, ad uscire di casa.
Ordinai velocemente un drink al barman, e me lo servì in maniera rapida, continuando a muoversi frettolosamente dietro al bancone.
Giocherellai con il bicchiere, poggiato sul tovagliolino nero, quasi del tutto bagnato per via del ghiaccio presente nel bicchiere. Ero riuscito a scollarmi il mio amico di dosso, grazie ad Alba che lo chiamò al telefono. Quella sera aveva deciso di uscire solo con me, per tirarmi un po' su di morale.
Nell'ultimo periodo non ero più me stesso. Chloe era andata via per davvero, non si era voltata indietro, non era tornata da me. Mi richiudevo spesso a casa mia, dopo gli allenamenti, la voglia di uscire aveva smesso di esistere. La mia unica compagnia era quella di Marlon Brando, il mio cagnolone affettuoso. Ma quella sera, l'aveva avuta vinta Dusan. Mi aveva trascinato ad una stupida festa, di cui non comprendevo il senso. Qualcosa mi suggeriva che aveva a che fare con la moda, cosa che a noi due non toccava particolarmente.
Ero seduto sullo sgabello del bar. Il drink stretto tra le mani, in attesa di essere bevuto. Alzai il bicchiere dal bancone e lo portai alle labbra o meglio, ci provai, perché in quel momento qualcuno mi venne addosso, rovesciando il contenuto del bicchiere sulla mia camicia bianca. Il fatto che il bicchiere contenesse un Cosmopolitan, portò la mia camicia a macchiarsi di un rosso sbiadito. Imprecai, guardando l'enorme macchia diffondersi sempre di più sul tessuto candido.
«Scusami, non l'ho fatto apposta» la sua voce, mi arrivò come una nuvola, era di una leggerezza.
Alzai i miei occhi nei suoi e lei fece lo stesso. Aveva la bocca semi chiusa e mi osservava come se fossi una qualche divinità. Le sorrisi.
«Non preoccuparti, andrà via con un po' acqua» cercai di tranquillizzarla.
Lei era in compagnia di un'amica, la quale mi riconobbe subito.
«Scusala è un po' sbadata» iniziò.
«Lucia ti rendi conto che hai appena fatto sporcare Federico Chiesa?» pronunciò il mio nome come se fosse quello di un Dio e a dirla tutta, mi dava anche un po' fastidio.
Il fatto che lei non sapesse chi fossi, mi stupì, non perché mi sentissi chissà chi, convinto di far parte della vita di chiunque, ma in un certo senso mi incuriosiva.
«Non è niente davvero, Lucia, giusto?» fece, allungando una mano verso di lei.
«Esatto» la strinse titubante, ma la strinse.
Mi aiutò a rimediare al danno commesso, ma in quel momento non mi importava molto della mia camicia. In lei c'era qualcosa che mi attirava, come se fosse una calamita. Ero tentato, di voltare pagina e non pensare a Chloe.

L'intervista • Come tutto è cambiato || F.CWhere stories live. Discover now