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Jackie

Il rumore di un portone che si chiude mi ridesta dal sonno, costringendomi ad aprire gli occhi in modo frettoloso. Sbatto le ciglia, guardandomi intorno per la camera da letto buia e illuminata solo dai raggi lunari. Mi passo una mano in volto, controllando l'orario sul telefono. Passo il dito sullo schermo, vedendo che sono le quattro del mattino.

Beltran è tornato a quest'ora?

Scosto le coperte, scendo dal letto e mi dirigo verso la porta per aprirla. Poggio una mano sul corrimano delle scale, vedendo che la luce in cucina è accesa. Scendo gli scalini con addosso il mio pigiama di lino grigio, grattandomi il gomito per poi entrare in cucina. Beltran è appoggiato al mobile del lavandino, ha gli occhi rossi e le vene sul suo collo sono evidenziate. Ha un viso distrutto, i capelli scomposti e l'abito che prima lo fasciava adesso è completamente stropicciato. La camicia è aperta e, ciò che attira subito i miei occhi sono i segni dei graffi sul suo collo e il segno rosso a forma di bacio sulla sua clavicola. Non prendiamoci in giro, è evidente che non sia stato solo. Irrigidisco la mascella, stringo i pugni e aspetto che si volti a guardarmi. Qualcosa nella sua espressione mi fa capire che non è aria, se ne sta immobile a osservare la finestra con occhi iniettati di sangue. «Dove sei stato?» domando.

Non risponde, continua a ignorarmi.

Lo richiamo e finalmente si volta a guardarmi, non credo mi abbia mai fissata con così tanto risentimento.

«Non hai neanche il coraggio di rispondermi?» sbotto.

«Eveline» dice solo, facendomi perdere un battito e poi un altro ancora fin quando non resto senza parole.

«Sei stato a letto con lei?» chiedo titubante, pregando nella mia testa che dica di no. Non dovrebbe importarmene, non stiamo insieme e io ho più volte chiarito che non sono neanche sicura dei miei sentimenti, eppure... solo l'idea che lui sia stato con quella donna mi uccide. Mi fissa con una smorfia, guardando il papillon che ha lasciato sul mobile. «Rispondimi» alzo il tono.

«Era una serata importante per me e tu» mi indica con occhi infuriati. «Te ne sei andata via» si lecca il labbro inferiore. «Eveline c'era, era presente e, anche se non me può fregare un cazzo di quella donna, almeno lei ha capito quanto quella mostra potesse farmi piacere ed è stata tutta la serata al mio fianco» mi informa con occhi assottigliati.

Adesso la colpa sarebbe anche mia?

«Spero tu stia scherzando» strido i denti.

«Ti sembra il volto di uno che scherza?» si indica.

«Sei tu che non hai fatto altro che ignorarmi, hai preferito chiacchierare con i tuoi ospiti invece che prestarmi un minimo d'attenzione» gli recrimino.

«Devo ricordarti del cameriere?» alza un sopracciglio.

«Mi stai incolpando di cosa esattamente?» compio un passo in avanti. «Scusami se ho preferito parlare con Mathias invece che stare ferma e impalata di lato a una colonna» gracchio. Beltran si tocca la fronte, chiudendo gli occhi per non impazzire probabilmente. «Avrei potuto benissimo scoparmela, anzi, avrei dovuto farlo» si riferisce a quella donna, certo.

Mi scocca un'occhiataccia che io ricambio con piacere. «Eveline striscerebbe ai miei piedi con gran piacere, mi mostrerebbe lealtà e non avrebbe problemi ad accontentarmi» scuote il capo, parlando quasi da solo mentre io incrocio le braccia al petto stizzita. «Certo, ti mostrerebbe la stessa lealtà che regala a suo marito» lo sbeffeggio. Assottiglia gli occhi, compiendo un passo in avanti e poi un altro finché non mi raggiunge. Non è solo rabbioso, rancoroso o risentito da me c'è qualcos'altro che mi nasconde e che a malapena tira fuori. «Potrebbe scoparsi chi le pare e per me sarebbe tutto più facile comunque, perché so che almeno tornerebbe da me» specifica, scandendo bene.

Ennesima frecciatina.

«Non avrei il timore continuo di vederla scegliere un altro perché so che sceglierebbe sempre me» usa un tono peccaminoso. «Anteporrebbe me a tutti quanti: suo marito, la sua famiglia, le sue amiche e tutto il resto del fottuto mondo» alza il tono, mentre io schiocco le labbra infastidita. «Quindi è questo è il tuo problema» boccheggio, poggiando un dito con forza contro il suo petto. «Vorresti che io mandassi al diavolo la mia famiglia, la mia vita e la mia carriera per te» mi infurio. «Ma chi ti credi di essere?» continuo ormai al limite della pazienza. «Vedi, è per questo che io non posso sceglierti» sputo fuori. «Vuoi che io rinunci a tutto quanto per te e io non voglio farlo» scuoto il capo, sentendo il mio cuore indurirsi. Qualcosa nel suo sguardo cambia alle mie parole, la rabbia cede il posto al dolore e presto lo trovo freddo e impietrito.

«E allora che ci fai qui?» scuote il capo.

A questa domanda non trovo risposta, o meglio... la risposta la so ma non ho il coraggio di aprire bocca.

«Non lo so» mormoro, guardando altrove.

Annuisce, sembrando impietosito dalla mia risposta. «Buono a sapersi» conclude, prima di superarmi con una leggera spallata e salire le scale. Quando la porta della sua camera sbatte mi passo una mano tra i capelli, inspirando esausta. Questa convivenza è più complicata di quanto pensassi, non solo sembra che non riesca ad avvicinarmi a Beltran, ma sembra anche che tra noi ci siano dei grossi problemi di comprensione oltre che comunicazione. Ci rinfacciamo a vicenda i nostri errori e non troviamo una soluzione neanche sotto tortura. Mentre ritorno in camera mia getto occhiate alla porta che ha chiuso poco fa, domandandomi quale sia la scelta più giusta da prendere in questi casi.

Magari è meglio chiudere la faccenda per stasera.

Discuterne ora non porterà a niente di buono: Beltran è arrabbiato con me per ciò che ho detto prima e io sono ancora delusa dalle sue affermazioni su quella donna. Presto mi getto sul letto, sentendo come l'eco della sua voce ripetere che in realtà la sua vita sarebbe più facile con una come Eveline che con una come la sottoscritta.

Quelle parole hanno fatto più male di una coltellata.

Non credo di potermele levare dalla testa tanto velocemente. 

Il Male In TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora