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Jackie

«Questa è la tua auto?» domando sconvolta.

Osservo la carreggiata rossa della macchina d'epoca, sfiorando la fiancata con le unghie mentre lui fa il giro per aprirmi la portiera. Gli getto una breve occhiata da sopra la spalla, aspettandomi una risposta.

«Sì, di cosa ti stupisci?» chiede apatico.

Appena fa il giro dell'auto, entra e si accomoda – intanto lo studio e mi meraviglio del suo bolide d'epoca. Mi domando solo quanto abbia speso per averla, sempre se sia sua... «Prima ancora che tu apra bocca, sappi che l'ho ereditata da mio padre» sorride per finta, accendendo il motore e mettendomi in imbarazzo.

«Non stavo pensando niente del genere...» mento.

«Farò finta di crederci» accenna, guardando dritto.

Insopportabile, ecco cos'è.

Non avrei dovuto accettare la sua proposta, ho un milione di motivi a dirla tutta. Non avrei dovuto accettare perché sto uscendo con Scott e mi piace, mi piace tanto e mi dà la serenità che in fondo cerco. Eppure, adesso mi ritrovo in auto con un mostro dalle mani sporche di sangue e gli occhi ghiaccio apatici. Mi perdo a guardare il paesaggio scorrere dal finestrino, a un tratto sento i suoi occhi addosso ma non mi volto comunque.

«Allora, dove mi stai portando?» chiedo dopo poco.

«Impaziente o solo annoiata?» chiede.

«La seconda, spocchioso» arriccio le labbra, gettandogli una breve occhiata.

«Mentre ero al penitenziario desideravo con tutto me stesso mangiare un solo piatto» alza un dito, guidando con una mano sola. Mi guarda brevemente, inclinando il viso di lato. «Alette di pollo piccanti» aggiunge, mentre io alzo un sopracciglio sorpresa. Pensavo stesse per dire una pizza, ma a quanto pare esce pazzo per le alette di pollo. Mi indico con espressione perplessa. «Mi sarei vestita in modo casual, se me lo avessi detto prima» sbuffo.

Sorride, cambiando marcia divertito. «Stai bene così.» «Mi piace vederti in tiro, con quei tuoi abitini sexy e attillati» gesticola, facendomi arrossire. Giro il capo dall'altro lato, imbarazzata per il suo complimento. Lo ringrazio lievemente, per poi spostarmi i capelli dietro la schiena. Dopo pochi minuti, finalmente arriviamo a destinazione e ci fermiamo a ritirare d'asporto. Attraverso lo schermo posto fuori dal Drive, ritiriamo sia le bibite che le alette di pollo. Tuttavia, Beltran mi stupisce di nuovo perché non mi fa mangiare in auto come una normale adolescente ma si dirige con verso una specie di riserva naturale. Lascia l'auto nel parcheggio e io noto che ci sono altre due automobili posteggiate. Scendiamo con le buste in mano, dirigendoci verso l'ingresso con ai lati delle siepi curate. Camminiamo nella lunga riserva, osservo le varie piante e i fiori colorati finché lui non mi fa cenno di seguirlo sul prato verde e immacolato.

«Sei sicuro che possiamo mangiare qui?» chiedo.

«Sì, stai tranquilla» si stravacca sul prato, poggiando le mani ai lati del suo corpo.

«Come mai non c'è nessuno a quest'ora?» titubo.

Insomma, è una riserva naturale e mi sembra strano che sia così deserta. «Perché i clienti che c'erano prima sono andati a visitare il museo, ci sono dei turni per visitarla e io ho prenotato questo posto per un'ora» mi informa, aprendo i sacchetti con zero interesse per le mie preoccupazioni. Scorgo un biglietto con su scritto che non si può mangiare o fumare qui, glielo faccio presente ma a lui non interessa affatto. «Inquineremo e ci cacceranno.»

Alza gli occhi al cielo. «Cristo santo, siediti e basta!»

Il tono d'ordine mi fa sbuffare, tuttavia lo ascolto e mi accomodo di lato abbassandomi il vestito sulle cosce. Scartiamo i vari contenitori e io mi accorgo di non avere neanche una forchetta. Non credo di aver mai avuto un primo appuntamento del genere, non che sia stata trattata con i guanti ma, non mi è mai capitato di mangiare a mani nude il pollo in una riserva in cui in realtà non potremmo neanche degustare niente. Mi viene da ridere, però mi trattengo e osservo di sottecchi Beltran. Mangia con vero gusto, addenta il pollo come se stesse attingendo al nettare della vita e io arrossisco perché mi vengono in mente idee piuttosto erotiche alla vista delle sue labbra sulla carne. deglutisco, imitandolo per poi addentare un pezzo della coscia. Mugugno in apprezzamento, mentre lui mi fissa con una luce compiaciuta. «Buono?» ammicca e io annuisco, guardandolo di rimando. Non importa quanto mi stia sporcando le dita, in qualche modo mi sento libera di poter sbagliare o anche di sembrare poco carina con lui. «Davvero delizioso, ma dovresti provare anche questa» mi passa la salsina barbecue.

«Non credo di aver mai mangiato in questo modo.»

«Il pollo lo mangi con le forchette?» chiede sconvolto.

«Più o meno, mia madre segue il Bon-ton, ha delle regole rigide; ancora oggi, se entro a casa con i tacchi me li fa togliere davanti al portone perché è germofobica.» Scuote il capo pigramente, scolandosi un sorso di birra. Non credevo di poter avere una conversazione così comune, tranquilla con un tipo del genere. Proprio mentre mangio, purtroppo, mi tornano in mente le sue vittime e un enorme groppo in gola mi ferma dal mangiare l'ultima aletta di pollo. «Lo stai rifacendo» mi ammonisce, mentre io devio i suoi occhi. «Cosa?» domando, sapendo già la risposta. Beltran guarda dritto davanti a noi, l'erba alta ci copre quasi tutta la visuale ma se alzassimo il viso potremmo vedere benissimo le stelle. «Pensare troppo.» «Pensi costantemente ai miei crimini, lo fai soprattutto quando le cose tra noi iniziano ad andare bene. È come se nel tuo cervello si innescasse un promemoria o roba simile» arriccia le labbra, frustrato.

Le sue parole hanno un filo logico, lo ammetto.

Ogni singola volta che stiamo bene nella mia testa iniziano a susseguirsi delle immagini: la morte di Nolan oppure la sua insegnante del College. Lascio l'aletta di pollo sullo scatolino, pulendomi le mani e alzandomi dall'erba con nervosismo. Do le spalle a Beltran, sentendo i suoi occhi addosso mentre mi allontano leggermente, incapace di respirare.

Sento di star arrivando al limite.

So che a breve mi metterà di fronte a un bivio, a una scelta e io sono spaventata perché non so cosa fare.

Accettare i miei sentimenti per lui nonostante la paura? Oppure ignorarlo, lasciarlo andare via con il terrore di non vederlo mai più? Sento che traffica alle mie spalle, presto mi raggiunge e io mi volto appena in tempo per notare che tenta di agguantarmi il polso. Mi allontano di un passo poi di un altro e alzo una mano, intimandogli di stare fermo. «No, così non può andare avanti» nego. Assottiglia gli occhi, prendendo un respiro profondo per poi scricchiolarsi il collo. «So cosa stai tentando di fare: cerchi di ammorbidirmi per ottenere quello che vuoi, ma io non partirò mai con te» perdo un battito mentre lo confesso. «Non rinuncerò alla mia vita, alla mia quotidianità per te» sputo fuori, iniziando a sentire della rabbia. Mantiene rigoroso silenzio, ha il mento alto e mi fissa come se fosse pronto a prendersi tutti i colpi. «Non sarai mai la mia scelta» mi trema la voce mentre lo dico. Inclina il viso di lato, come se fosse piuttosto colpito dalle mie parole. Annuisce, compie dei passi in mia direzione in modo lento, cauto e io sarei tentata di scappare di fronte alla sua calma. Abbassa il viso verso il mio, i nostri nasi si sfiorano e ammetto che mi era mancato questo nostro piccolo contatto. «È davvero questo quello che vuoi?» domanda.

«Sì» confermo con voce spezzata.

Osserva con serietà una lacrima solitaria che cade giù dalla mia guancia ma presto la scaccia via con il pollice e, dopo avermi guardato un'ultima volta le labbra, compie un passo indietro evitando i miei occhi. «Ti riaccompagno a casa, andiamo» intima, senza guardarmi più.

Stavolta lo sento lontano.

Stavolta capisco che è davvero finita.

Il Male In TeWhere stories live. Discover now