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Jackie

Il mercoledì è la giornata delle visite al penitenziario.

So che tutti i detenuti sono agitati, in pensiero e quindi ho preferito evitare le sedute – in compenso ho deciso di far loro dei regali. Getto un'occhiata alla busta di cartone poggiata di lato alla scrivania, per poi richiudere il portatile quando sento qualcuno bussare.

«Avanti» esordisco.

Simonette sporge il capo dalla porta, sorridendomi. «Buongiorno, volevo consegnarti questo documento. Credo sia il permesso che hai chiesto al direttore la scorsa settimana» mi porge il foglietto e io tiro un sospiro di sollievo appena noto la firma in basso.

«Ti ringrazio» accenno.

Annuisce per poi dirigersi verso la porta, ma prima si volta e mi guarda intensamente. «Sappi che l'agente Nolan ha tentato di bussare alla tua porta ben due volte oggi, ma poi si è sempre tirato indietro.» Scuoto il capo divertita dalla sua sfacciataggine. Le dico che dopo andrò a parlargli, ma intanto le chiedo se mi può chiamare Rachel. Preferisco fare un giro tra le celle in sua compagnia oggi. Annuisce e, dopo più o meno quindici minuti, esco dal mio ufficio con la borsa di cartone in mano. Trovo Rachel di fronte al bancone di Simonette, appena scendo le scale. «Buongiorno, sei pronta per la visita?» domanda e io annuisco. Mentre ci dirigiamo verso le celle ripenso alla mia conversazione di ieri con Beltran. So che chi soffre di un disturbo dissociativo di identità soffre di blackout.

Quando l'altro ospite prende il controllo del corpo o si "risveglia", Beltran non è più cosciente. Inspiro, ripensando a tutte le vittime che ha massacrato. Credevo che non fosse lucido durante gli omicidi, ma mi sono sbagliata. Quell'uomo era già a conoscenza di tutto, anche del suo ospite indesiderato – e sembra anche apprezzarlo.

«A cosa pensi?» mi ridesta Rachel, tirando fuori le chiavi dalla sua tasca per metterle nella serratura.

«Al mio lavoro e a quanto mi faccia esaurire.»

Sorride, aprendo il portone per poi farmi cenno di entrare. Scendiamo i gradini, presto si aprono le porte scorrevoli e i detenuti iniziano a fischiare appena ci vedono. «Signorina Hole, lei è come il sole di prima mattina» ammicca Maxwell, un detenuto inglese dalla barba incolta e gli occhi vispi cioccolato.

Sorrido divertita, facendo segno a tutti di abbassare i toni. «Silenzio, ha qualcosa da dire!» alza il tono Rachel. La ringrazio con una semplice occhiata per poi prendere un profondo respiro e schiarirmi il tono. «Oggi non ci saranno sedute» li informo, sentendo delle imprecazioni. «Lo so, in compenso vi ho portato dei regali» sorrido, innescando della curiosità nei loro occhi. «Siccome oggi vi vedo molto agitati, ho deciso di regalarvi qualcosa che possa scacciare via lo stress» alzo un dito, tirando fuori dalla busta due palline di gomma anti-stress.

«Pensavo fosse una rivista di Playboy» mormora qualcuno alle mie spalle.

«Ti piacerebbe Costa» lo adocchia Rachel.

«Dunque, ho anche dei libri per chi fosse interessato» affermo, frugando nella busta mentre Rachel mi aiuta.

«Sono delle commedie esilaranti, di più o meno duecento cinquanta pagine» conteggio, chiedendo a Rachel di iniziare a distribuire una pallina e un libro per ogni cella. Le palline sono di vario colore: rosse, fluo o azzurre. Consegno alcuni libri di persona, arrivando alla cella di Hernandez per poi schiarirmi il tono.

«Ho da farti vedere una cosa» sorrido, prendendo dalla busta il foglio che mi ha consegnato Simonette. 

Hernandez assottiglia gli occhi mentre io giro il foglio in sua direzione, da fuori la cella.

Il Male In TeWhere stories live. Discover now