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Jackie

«Mi dispiace, devi darmi le chiavi della cella.»

Assottiglio gli occhi, osservando l'espressione seria di Nolan. Non riesco a crederci, mi sta chiedendo seriamente di restituirgli le chiavi? Scuoto il capo, incrociando le braccia al petto mentre lui inclina il viso di lato. «Jackie, non sto scherzando» intima, fulminandomi con le sue iridi. Mi mordo il labbro inferiore, gettando occhiate distratte alla finestra del mio ufficio per prendere tempo e rispondergli. I detenuti sono da poco ritornati nelle loro celle, soddisfatti per l'ora d'aria ricevuta. Mi domando se loro siano stati informati di quello che ha fatto Beltran.

«Non posso dartele...» scuoto il capo.

«Non puoi o non vuoi?» alza un sopracciglio, infastidito. Sbatto le mani contro i fianchi, sospirando esausta. «Non andrò da lui Nolan, te lo prometto ma non posso darti le chiavi.» L'agente scuote il capo con stanchezza, passandosi una mano tra le ciocche biondicce. «Stai scherzando con il fuoco Jackie – e non ti credo quando dici che non andrai a visitarlo» sbuffa. La rabbia inizia a salire su per la gola, tant'è che mi volto a fronteggiarlo. «Cosa vorresti dire?» chiedo. Nolan si prende la base del naso con due dita, scuotendo il capo. «Ti ho visto prima, mentre lo sedavo: nei tuoi occhi ho letto del dispiacere per un uomo che per poco non soffocava Nito» alza il tono, costringendomi a deglutire in difficoltà. «Eri dispiaciuta per un assassino che non ha alcun briciolo di pentimento, te ne rendi conto?» sbotta.

Distolgo lo sguardo dal suo, non riesco a reggerlo.

Mai mi sono sentita così in colpa come adesso.

Nolan ha ragione, ho provato dispiacere nel vederlo sedare Beltran – un uomo che ha ucciso tante persone innocenti, ragazze e giovani coppie solo per la voglia di passarsi il tempo. Credo che ci sia qualcosa che non va in me, adesso ne ho la prova. Mi torno a sedere sulla poltrona dietro la scrivania e scambio una breve occhiata con l'agente. Prendo un respiro profondo, aprendo la tasca della mia tracolla per poi tirar fuori le chiavi.

«Tieni» gliele porgo, sentendomi colpevole.

Nolan prende le chiavi, annuendo come se fosse rilassato dalla mia scelta. Si dirige verso la porta, ma prima si volta in mia direzione. «Questa è la scelta giusta» dice. Se lo e, allora perché sento uno strano senso di oppressione dentro di me? Nolan mi getta un'ultima occhiata, per poi richiudere la porta del mio ufficio. Alla fine del turno serale guido fino a casa dei miei, so già che probabilmente finirò per mangiare da loro. Svolto nel vialetto, mettendo la prima per poi lasciare l'auto dietro quella di mio padre. Tiro il freno a mano e dopo spengo le luci, lasciando la tracolla sul sedile per poi chiudere lo sportello. Suono al portone, dopo dieci secondi scopro che è mia madre ad aprirmi. «Ciao tesoro» sorride. Le lascio un bacio sulla guancia, compiendo un passo in avanti. «Togliti le scarpe» mi lancia un'occhiataccia, mentre io sbuffo con pigrizia. Levo i tacchi a spillo, camminando scalza sul pavimento. Entro nel salotto a sinistra, trovando mio padre sulla poltrona e mio fratello con Judith sul divano.

«Ehi, guardate la partita?» chiedo.

La piccola scende dalle gambe di Glenn, sorridendo contenta appena mi vede. Ha i capelli legati in due code alte, le guance arrossate e un vestitino floreale lungo fino ai piedi. «Che bel vestitino, te lo ha comprato Glenn?» chiedo curiosa, prendendola in braccio. Nega con il capo, dicendomi che l'ha preso nonna.

Mi sembrava strano.

Le lascio un bacio sulla guancia, sentendo presto dei passi nel corridoio. «Mamma, stasera esco.» Dalle scale scende Sierra e, appena la vedo, non posso fare a meno che storcere il naso per il suo abbigliamento poco consono. Mi mordo il labbro inferiore, osservando con circospezione l'abito a rete che indossa: le vedo sia il reggiseno nero che il tanga. Gli occhi verdi di Sierra si posano nei miei, mi guarda dall'alto al basso con sufficienza e io avrei solo voglia di tirarle i capelli. Mia madre esce dalla cucina, guardandola con disappunto. «Scordatelo, non conciata così» l'ammonisce. Menomale che lei ragiona, penso. Sierra incrocia le braccia al petto, dicendo che al giorno d'oggi si vestono tutte in questo modo. «Non capisci niente» sbuffa a mia madre mentre io rimetto Judith a terra perché vuole andare in bagno. Glenn osserva Sierra, scuotendo il capo. «Stai passando ogni limite, vatti a cambiare» le intima. Volgo le spalle a mia sorella, andandomi a sedere di alto a Glenn. Sierra passa sotto l'arco del salotto, mio padre è troppo impegnato a guardare la partita per rimproverarla a dovere. Sierra si appoggia al muro, attorcigliandosi una ciocca bionda e liscia intorno dito. Scuoto il capo, ignorando le sue occhiatacce.

«Avanti, manchi solo tu all'appello delle persone a cui non ho chiesto l'opinione» presumo parli con me.

Mi volto a guardarla, poco espressiva. «Meglio di no.»

Alza un sopracciglio, sorridendo con disappunto mentre Glenn ci intima di finirla. «Guarda che è lei che ha iniziato» mi indica, mentre io corrugo la fronte.

«Non ho detto nulla» sbuffo.

«Sì, per ora» assottiglia gli occhi.

«Potreste stare zitte, ho una partita da guardare» borbotta mio padre, alzando il volume della televisione. Non sono venuta qui per litigare, ma a quanto pare Sierra non è della mia stessa idea.

«Sierra, vatti a cambiare» ribadisce mio fratello.

«Scordatelo» si guarda le unghie lei.

Glenn si alza dal divano impettito, spostandola dalla spalla per poi andare in cucina. Pochi secondi dopo, sotto i richiami di mia madre, vedo spuntare mio fratello con una caraffa d'acqua in mano. Trattengo un sorriso divertito, osservando la scena come se fosse a rallenti: l'acqua cade addosso a mia sorella, zuppandola tutta quanta e io mi mordo il labbro inferiore per non ridere. «Bastardo!» esclama mia sorella, spingendo Glenn dal petto. Mio padre si volta solo adesso e rimane a bocca aperta. «Ma che problemi avete?» sbotta. Scoppio a ridere, chiudendo gli occhi mentre mia madre rimprovera mio fratello per aver bagnato a terra. Sierra va al piano di sopra per cambiarsi, imprecando e sbattendo i piedi a terra come una bambina. «Siete uno peggio dell'altro» sbuffa mia madre mentre io e Glenn ce la ridiamo come due sadici sul divano e ci diamo il cinque. 

Il Male In TeWhere stories live. Discover now