Capitolo 1

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Lorenzo aprì gli occhi lentamente e cercò di mettere a fuoco l'ambiente intorno a lui. Si trovava in una stanza d'ospedale, con pareti bianche e un odore di disinfettante nell'aria. Non riusciva a ricordare come fosse arrivato lì.

Cercò di muovere le gambe, ma si accorse che la gamba destra non rispondeva. Iniziò a sentirsi inquieto e preoccupato, non capiva cosa gli stesse succedendo. La porta si aprì e una giovane infermiera entrò nella stanza.

"Buongiorno, signor Lorenzo. Come si sente oggi?" chiese l'infermiera, sorridendo.

"Non riesco a muovere la gamba destra. Cosa mi sta succedendo?" rispose Lorenzo, preoccupato.

" Chiamo subito il medico", disse l'infermiera, lasciando la stanza.

Lorenzo - che lavorava come steward su gli euronight per una compagnia di trasporto internazionale - cercò di ricordare cosa fosse successo prima di finire in ospedale. Ricordava di essere stato a Zurigo per lavoro e che il treno era diretto a Roma Termini e di essersi sentito male durante il turno di notte nel suo Office, tra il ventuno e il ventidue di ottobre, ma non riusciva a ricordare altro.

Il medico arrivò poco dopo e gli spiegò che aveva subito un ictus durante il viaggio in treno. Gli dissero che avrebbe dovuto rimanere in ospedale per un po' di tempo per recuperare e fare delle terapie.

Non riusciva a credere a ciò che gli stava accadendo. Si sentiva come se fosse stato strappato via dalla sua vita e gettato in un mondo sconosciuto.

La sua mente era confusa e annebbiata, e la gamba destra non rispondeva ai suoi comandi. Si sentiva intrappolato nella sua stessa pelle, incapace di fare ciò che prima gli sembrava scontato. La sua vita era cambiata in un istante, e non sapeva come avrebbe fatto ad affrontare tutto ciò.

Trascorse la giornata in quella stanza di neurologia del Gemelli, circondato da altri cinque pazienti che come lui stavano affrontando problemi di natura neurologica. Ognuno di loro aveva una storia diversa da raccontare, ma tutti condividevano lo stesso senso di smarrimento e di paura per il futuro.

Il paziente alla sinistra era un uomo anziano, con gli occhi chiusi e le mani posate sul petto. Sembrava dormire, ma ogni tanto emetteva dei gemiti di dolore. Il suo nome era Giuseppe, e aveva subito un ictus durante una gita in montagna con la sua famiglia.

"Lui è qui da tre settimane" disse l'infermiera che stava facendo la ronda. "Sta facendo progressi, ma sarà un lungo percorso per lui".

Il paziente alla destra era una donna di mezza età, con i capelli corti e grigi. Il suo nome era Maria, e aveva subito un incidente stradale che le aveva causato un grave trauma cranico. Era ancora sotto sedazione e il suo respiro era aiutato da un respiratore.

"È qui da una settimana" disse l'infermiera. "La sua situazione è critica, ma stiamo facendo tutto il possibile per salvarle la vita".

Gli altri tre pazienti erano tutti giovani, con lesioni cerebrali di diversa entità. C'era un ragazzo di vent'anni che aveva subito un grave trauma cranico in seguito a una caduta dalla bicicletta, una ragazza di diciannove anni che aveva avuto un'emorragia cerebrale in seguito a un aneurisma e un uomo di trent'anni che aveva subito un ictus come Lorenzo.

Lorenzo passò gran parte della giornata osservando i suoi compagni di stanza, cercando di capire quale sarebbe stato il suo futuro. C'era una tensione palpabile nell'aria, ma anche un senso di solidarietà tra i pazienti che si scambiavano occhiate di comprensione e di conforto.

La notte arrivò. Rimase sveglio a lungo, osservando il soffitto bianco della stanza e ascoltando il suono dei monitor che controllavano i suoi parametri vitali.

All'improvviso, una voce lo chiamò dal letto accanto. Era Giuseppe, che si era svegliato e aveva bisogno di aiuto per alzarsi e andare in bagno.

"Mi scusi, signor Lorenzo" disse Giuseppe, con una voce flebile. "Non volevo disturbare".

"Non si preoccupi" .

Lorenzo si alzò con difficoltà dal letto, ma riuscì a sorreggere Giuseppe fino al bagno. Era strano, ma quel piccolo gesto gli diede una sensazione di utilità e di speranza.

Forse, pensò, anche lui avrebbe trovato la forza di superare quella difficoltà.

Dopo una notte insonne, si svegliò stanco e confuso. Nonostante avesse passato la maggior parte della giornata a guardare il soffitto bianco della stanza, non era riuscito a prendere sonno. Si sentiva ancora più disorientato di prima, come se non fosse mai riuscito a scendere a fondo nel sonno.

Si alzò dal letto e si diresse verso la finestra. Fuori, il sole stava sorgendo, colorando il cielo di arancione e rosa. Era una vista bellissima, ma per qualche motivo, non riuscì a trovare la bellezza in quello che stava vedendo.

Il suo sguardo si posò sui tetti delle case, sulle strade vuote e silenziose. La città sembrava un luogo diverso da quello che aveva sempre conosciuto, come se fosse stata svuotata di tutta la vita che un tempo vi si respirava.

Sospirò e si girò per tornare al suo letto. Ma quando alzò gli occhi, vide Giuseppe che lo guardava con un'espressione di preoccupazione.

"Ciao, Lorenzo. Come stai?" chiese Giuseppe con voce flebile.

"Non molto bene, in realtà" rispose Lorenzo. "Non sono riuscito a dormire per tutta la notte".

"Lo so come ti senti" disse Giuseppe, sorridendo. "Anche io ho avuto le mie notti insonni quando sono arrivato qui. Ma non preoccuparti, passerà".

Lorenzo si sentì un po' meglio dopo aver parlato con Giuseppe. Forse non era l'unico a sentirsi smarrito e confuso in quella stanza. Forse c'era un modo per superare tutto quello che stava vivendo.

Durante la giornata, cercò di concentrarsi su qualcosa di diverso dal suo dolore e dalla sua paura. Chiacchierò con gli altri pazienti, ascoltò le loro storie e si accorse che tutti avevano un passato e un futuro. C'era una vita oltre quella stanza d'ospedale, e lui poteva ancora sperare di tornare a quella vita.

Nella notte, Lorenzo si sentì ancora un po' agitato, ma alla fine riuscì a prendere sonno. Forse era solo questione di tempo. 

Ultima fermata Zurigo - Last stop ZurichWhere stories live. Discover now