Congratulations (Pov Sarah/Seth)

375 22 0
                                    

Sarah
«Seth che -» rispondo al telefono senza neanche guardare chi chiama, come mia pessima abitudine, sicura di sapere sempre chi sia. Stavolta, però, vengo bloccata da quattro parole dette con voce strozzata. Quella di chi sta trattenendo il pianto, e comunque non ci sta riuscendo.
«Sarah, non sono Seth». La voce è roca, come se avesse già versato tutte le lacrime a sua disposizione, e probabilmente è così, perché per prendere il telefono e chiamare proprio me, che fra tutte le persone sono la più vicina a quella che causa il suo malessere, deve essere proprio disperata. Se penso che quella notte, quando ho trovato Ethan in lacrime, rannicchiato sul pavimento in posizione fetale, le ho tirato dietro i peggiori insulti, mi sento ancora più in colpa.
«Esther, scusami. Pensavo fosse Seth, doveva essere qui a prendermi dieci minuti fa e invece ancora non ne vedo neanche l'ombra»
«Sei... a Seattle?»
«Sì, sto tornando a casa, e no, non passerò da lui. Hai bisogno di qualcosa?»
«Volevo... solo parlare un po'. Ma non voglio rovinarti il finesettimana con zio Seth»
«Non mi rovinerai niente, Seth lo mandiamo a fare la spesa, tanto al supermercato è una lumaca perché si ferma a leggere tutte le etichette e mi chiama ogni tre secondi per chiedere pareri sulla marca da acquistare, e noi ci facciamo una bella chiacchierata. Va bene?»
«Sì, va bene, ma...» si interrompe titubante.
«Sì, sono sicura che non mi darai fastidio. Non avrei problemi a dirtelo, Terry, sai come sono fatta, no?»
«Ma non darà fastidio a lui?» Lui. Ethan. Il centro di ogni cosa, per quanto la riguarda.
«Non è necessario che lo sappia»
«Non vuoi dirglielo?» mi chiede, sorpresa, mentre soffia il naso.
Sospiro, non devo rispondere a questa domanda, ma farle un discorso più ampio, che purtroppo comprende anche mio fratello, perché l'ha tirato in ballo lei.
«Terry, io e te non siamo mai state grandi amiche, perché ho sempre pensato che prima o poi mi avresti portato via Ethan. Quando vi siete messi insieme, invece di incontrarci a metà strada, abbiamo litigato come due bambine per un bambolotto, e lui si è sentito spezzato e tradito. Quello che ha fatto dopo l'ha fatto solo per questo motivo. Credimi, se ti dico che non voleva lasciarti, specialmente... in quel modo, ma sentiva di doverlo fare. Per darsi la possibilità di crescere e cambiare, e per dare a te la possibilità di crescere e cambiare. E io ho capito che non devo più mettermi in mezzo tra voi due, e per farlo devo necessariamente conoscere meglio te, per non sentirmi più minacciata dalla tua presenza»
«Tu pensi che ci sarà un futuro per noi, quindi?»
«Vi amate. Sarei una stupida a pensare il contrario, quando vi ho visti rinunciare l'uno all'altro per un futuro in cui darvi quello che meritate. Io faccio il tifo per voi due» sorrido, cercando di infonderle un po' di coraggio per telefono, ma lei scoppia di nuovo a piangere.
«Esther, che c'è? Ho detto qualcosa di - la parola 'sbagliato' rimane impigliata nella mia gola, uccisa dalla mano festosa di Seth che mi saluta allegro - Terry, ti devo lasciare, adesso. Fatti trovare tra un paio d'ore sugli scalini di casa nostra. Ti aspetto»
«Ci... ci sarò» mormora tra i singhiozzi, e chiude la chiamata.

***************

«Cos'hai, principessa?» mi chiede Seth per l'ennesima volta, mentre superiamo il cartello con la scritta Forks e ci immettiamo nella strada principale. Sono in macchina con lui da due ore e ancora non gli ho dato l'accesso ai miei pensieri.
«Niente, Seth» ripeto, per l'ennesima volta. Il niente, però, si materializza di fronte ai nostri occhi, quando parcheggia l'auto sul vialetto di casa.
«Ora capisco» mormora, spegnendo l'auto ed aprendo lo sportello. Faccio un sospiro e scendo anch'io. Esther è seduta sugli scalini di casa, e non si è mossa di un millimetro dalla posizione in cui si trovava quando l'abbiamo vista poco fa.
Mi avvicino, e mi accorgo che è addormentata. Sorrido. Tutto quel piangere l'avrà sfinita. Poggio una mano sulla sua spalla, per scuoterla, e mi rendo conto che la sua temperatura non è uguale alla mia. Vengo subito presa dal panico. Se le succede qualcosa, Ethan mi ammazza.
Ethan... dalla sera di Capodanno si è chiuso in sé stesso. Quello che so l'ho dedotto dall'averlo trovato in lacrime sul pavimento della sua camera, con il letto sfatto e l'odore di sesso che gridava "Sono stato qui!" da tutte le parti. Ma comunque non vorrebbe che le succedesse qualcosa. Se non altro per le tre parole, anzi quattro, che mi ha detto dopo che l'ho tenuto stretto a me per un po'.
«Seth... è congelata» mormoro, e la sua espressione non migliora. Passa solo da accigliata a furiosa. Prende Esther tra le braccia e la porta rapidamente in casa, nella stanza al piano superiore, quella che abbiamo sistemato per gli ospiti.
Li raggiungo, più lentamente, cercando di capire il significato di quella sua temperatura. Lei non dovrebbe essere così fredda, non con la sua natura di mutaforma. Quando entro nella stanza, Seth è appoggiato alla finestra e guarda con affetto Esther, che dorme avvolta dalle coperte del letto dove l'ha posata lui, come guarderebbe Harry dormire nel suo lettino.
«Seth, cos'ha?»
«Forse è meglio che ne parli con lei, quando si sveglierà. Del resto, le mie sono solo supposizioni, non c'è nulla di certo»
Annuisco, mentre lo raggiungo e mi rifugio tra le sue braccia. Ho un po' paura, perché non mi sembra niente di buono quello che sta succedendo.
«Ethan»
E' una sola parola, quella che sfugge dalle sue labbra, ma detta con un tono dolce, inconfondibile. Sta sognando mio fratello. Quanto vorrei che Joey fosse qui per curiosare nella sua testa.
«Lasciamola sola, ha diritto a qualche momento con lui almeno quando dorme - mi sussurra Seth, soffiando tra i miei capelli e spingendomi verso la porta, che si richiude alle spalle - E poi, noi due non avevamo una lista della spesa, da fare?»

Broken Hearts - Loging ForWhere stories live. Discover now