Denied (Pov Sarah/Ethan)

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Sarah

«Spero tu abbia un regalo per farti perdonare» rispondo al telefono senza neanche lasciare parlare il mio interlocutore, tanto so che è per questo che sta chiamando.
«Cosa significa?»
«Non sei appena tornato a casa e hai scoperto che Juliet non ti parla?»
«Adesso prevedi anche il futuro?»
«No. Ricordo i compleanni, Ethan!» gli rispondo, piccata. Torna a casa praticamente ogni fine settimana, e la sua vita è ormai talmente concentrata su se stesso, i suoi desideri e la sua Esther, che spesso non ha il tempo neanche di giocare un po' con i nostri fratelli, o di ricordare i loro compleanni. E non mi importa che Esther si ritenga ormai priva di famiglia. Ethan ha la sua, e lei dovrebbe tenerlo presente.
«Cazzo. Era ieri, vero?»
«Spero che non ci siano Jay o Joey lì intorno, perché lo sai che ripetono tutto. Anche se mi piacerebbe vedere Renesmee che ti corre dietro con la padella come ai bei vecchi tempi. Sì, comunque, era ieri. E spero che tu abbia un regalo per lei per rimediare»
«Che vai dicendo? Sai perfettamente che non ce l'ho, fino a due minuti fa non ricordavo neanche che fosse il suo compleanno! Ma se c'è qualcosa che desidera, tra cinque minuti esco con Esther e magari posso provare a tro-»
«Pezzo di imbecille! Torni a casa, tua sorella non ti parla e l'unica cosa che sai dirmi è 'sto per uscire con la mia ragazza'?»
«Modera i termini, Sarah!»
«Modera i termini. Modera. I. Termini? Ethan, nelle ultime tre settimane, quando sei andato a casa, quanto tempo hai passato con i nostri fratelli?» aspetto che risponda, ma ovviamente non lo fa, e all'altro capo della cornetta recepisco solo il suo respiro pesante.
«E' una risposta abbastanza eloquente, Ethan. E ora, se ritorni a ragionare con il cervello, anziché con il tuo apparato riproduttore, forse capirai cos'è che vuole July»
Attacco, prima che abbia il tempo di replicare, e che riesca a farmi arrabbiare più di quello che ha già fatto. Devo uscire a cena con Jen, Matt e altri quattro o cinque ragazzi che ho conosciuto all'università. Ma tutto ad un tratto non sono più dell'umore giusto. Lancio il telefono sul letto ed accendo il portatile. Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno, ma ... chiamare papà contribuirebbe solo a far aumentare la sua rabbia verso mio fratello, e non ce n'è proprio bisogno, e chiamare Seth sarebbe controproducente. Finirei solo per farli litigare ancora una volta. Ethan è convinto che 'si impicci troppo'. Poco importa se, lui, fa parte della famiglia.
Spengo di nuovo il computer e finisco di prepararmi per uscire. E' mentre passo il lucidalabbra che mi viene in mente un'idea geniale. Mi sdraio sul letto allungandomi su di esso per riprendere in mano il cellulare e cerco il numero nella rubrica. Lo trovo. Schiaccio il tasto 'chiama' e mi avvicino il telefono all'orecchio. Squilla per qualche secondo.
«Pronto?» la voce è incuriosita, e credo che sia perché non si aspettava che la chiamassi. Del resto, non lo faccio mai. Se posso, la evito.
«Ciao, Esther. Sei con Ethan?» le chiedo, con la voce più innocente che mi riesce di fare.
«No, dovrebbe arrivare a momenti, ma se ti serve urgentemente dovrebbe avere il cellulare acceso» mi informa, come se non conoscessi affatto mio fratello, come se il fatto che io sia la persona che ha condiviso con lui diciotto anni della sua vita non contasse. Non credo sappia il motivo per il quale la sto chiamando, ha la voce cauta ed implicitamente interrogativa di chi si aspetta che qualcuno stia per sganciare una bomba. Che poi è effettivamente quello che sto per fare.
«No, è perfetto così, volevo parlare un po' con te»
«E di cosa?» ok, sì, ha ragione. In effetti sono del tutto sospetta, siamo usciti insieme per quasi due anni io, lei ed Ethan, ma se avevo bisogno di qualcuno con cui parlare lei non è mai stata esattamente la mia prima scelta. E neanche la seconda o la terza.
«Sai che ieri era il compleanno di July?»
«Sì, ma -»
«E sai anche che Ethan se ne è dimenticato?»
«No, non ne avevo idea»
«Ora, tu cosa faresti se ti fossi dimenticata il compleanno di Judith?»
«Cercherei di farle un gran regalo per farmi perdonare»
«E se la cosa che lei vuole di più fosse passare un po' di tempo con te?» lascio cadere la domanda, ed aspetto che ne afferri il senso. E' intelligente, molto, e non ci mette troppo a capire dove voglio arrivare.
«Sarah ... non ... non lo vedo da una settimana!»
«Già. - dico, secca e rammaricata - Scusami, non avrei dovuto chiamarti»
«No, Sarah è -»
«E' che ha ragione mio padre, Esther. Tu ed Ethan siete perfetti l'uno per l'altra. Una bella coppia di egoisti!»
Aggancio di nuovo. La telefonata non ha avuto l'effetto sperato e se conosco un po' mio fratello e la sua ragazza, presto avrò un terzo round da affrontare.
Finisco di prepararmi. Tra venti minuti arriveranno Jen e Matt, e prenderemo una delle auto dei Cullen, per uscire. Probabilmente la Volvo di Edward, visto che è la meno appariscente, tra tutte.
Controllo che nella borsa ci sia tutto, chiavi, lucidalabbra, fazzoletti, portafogli, documenti ... ed è mentre afferro il telefono per infilarlo dentro, che il maledetto inizia a squillare.
«Ciao, Ethan» rispondo tranquilla, senza neanche guardare il display.
«Cosa le hai detto?» mi chiede rabbioso. Sono sicura che sta tremando, neanche potessi vederlo.
«A chi?»
«Non fare la finta tonta, Sarah! Cosa le hai detto? L'ho trovata in lacrime. In lacrime! E l'unica cosa che sono riuscito a capire è stata che aveva parlato con te!»
«Si sta facendo sempre più furba, devo ammetterlo. Sempre più frignona, ma sempre più furba»
«Sarah, smetti di tergiversare -»
«Oh, usiamo anche i paroloni? Mi sento onorata!»
«Stai cercando di farmi incazzare? Perché ti viene bene e naturale! »
«No, stavo cercando di far ragionare il signore e la signora Egoismo. Ma sembra che ormai i vostri cervelli siano stati sostituiti dalle vostre gonadi!»
«Andiamo, Sarah. Tutto questo casino solo perché mi sono dimenticato un compleanno»
«Davvero non capisci?» gli chiedo, con la voce stanca.
«Non capisco cosa?»
«Che non è per il compleanno che July è rimasta male, Ethan. E' per le tre settimane precedenti, che sono culminate con il suo compleanno. July sperava che ti ricordassi di lei, non del fatto che compiva due anni! Voleva che tu le dedicassi un po' di tempo, quello che non sembri più avere, da quando hai iniziato a fare sesso con la tua ragazza»
«Sarah, stiamo parlando di una sorella, non di una figlia!»
«Sì, hai ragione, Ethan» dico, accondiscendente. Ho solo voglia di chiudere questa chiamata, mi spezza dentro sapere cosa sta diventando mio fratello.
«Sarah - »
«Senti, fammi un piacere - lo interrompo, prima che abbia il tempo di dire qualsiasi cosa - chiamami quando mio fratello sarà tornato dalla sua vacanza a Honolulu» chiudo la chiamata, e inserisco la vibrazione. Conosco mio fratello. Proverà a richiamarmi almeno dieci volte, prima di arrendersi all'evidenza. Mi sento ... delusa dal suo comportamento. Mentre mi infilo le scarpe, bussano alla porta.
«Se sono arrivati, dì loro che sto scendendo» urlo, pensando che sia mia madre che viene ad avvertirmi dell'arrivo dei miei amici. La porta si apre delicatamente, invece, lasciando entrare la testa di Jasper.
«No, non sono ancora arrivati. Volevo parlarti per qualche minuto. Posso?»
«Certo, finché Jen e Matt non saranno qui!»
«Oh, allora, con la puntualità di Jennifer, abbiamo delle ore per parlare!» ride, e strappa un sorriso anche a me.
«Così sei più bella» mi dice. Arrossisco, perché Jasper non è tipo da fare complimenti a vuoto, sebbene la sua educazione da gentiluomo del sud del diciannovesimo secolo glielo imporrebbe. L'unica alla quale ne fa continuamente è Alice, ma lei è la sua donna.
«Cos'è successo? - mi chiede, ma non mi fa parlare. Non subito, almeno - Sai, non abbiamo sentito con chi stessi parlando per via delle stanze insonorizzate, né tantomeno Edward ha potuto sentire quello che pensavi per via del regalo che ti ha fatto tua madre quando ti ha messa al mondo, ma né le mura, né gli scudi mentali possono trattenermi dal sentire quello che provi, e a tratti ho ricevuto rabbia, frustrazione e delusione, provenire da te. Hai litigato con Seth?»
Scuoto la testa.
«No, non con Seth. Ethan mi ha fatta arrabbiare da morire, e anche Esther. E siccome nessuno dei due riusciva a capire perché me la prendessi tanto per il fatto che Ethan ha scordato il compleanno di Juliet ... beh, ci sono rimasta male»
«Te la sei presa solo per il compleanno di tua sorella?»
«No, ce l'ho con Ethan perché sta permettendo ad Esther di trasformarlo nel ragazzo che non sarebbe mai voluto essere, quello che per la ragazza trascura gli amici, i fratelli, chiunque non sia lei»
«Ce l'hai con Esther perché ti sta portando via tuo fratello?»
«No, io ... Forse un po', ma è soprattutto perché lui non ha più tempo per nessuno che non sia lei. Voglio dire, "imprinting" non è sinonimo di 'sto solo con lei, tutto il tempo, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo'. L'imprinting è la garanzia di un legame. La certezza che una persona ti starà accanto sempre, anche quando fisicamente non può starti vicina. E invece lei non lo lascia respirare un secondo ... e papà non dice più nulla perché lui e Ethan hanno già litigato troppe volte a riguardo. L'unica carta che gli è rimasta è un ordine alpha, ma ha deciso di non usarla, a ragione. Ethan si ribellerebbe, data la forza del suo sangue, e si creerebbe una frattura insanabile in seno al branco. E in questo momento non ne abbiamo proprio bisogno»
«Sei sicura che non sia qualcosa che vuole anche Ethan? Che la necessità di passare tutto il tempo con Esther sia solo di lei?»
«Jazz, è ovvio che la necessità sia di entrambi, ma prima, quando Ethan non conosceva le gioie del sesso, riusciva a bilanciarsi tra lei e la famiglia. Ora ... ora arriva a casa, svuota il borsone ed esce. Rientra quando i cuccioli dormono già e non fa neanche una parola con papà o Nessie. Sono preoccupata, perché sta diventando esattamente chi non voleva diventare»
«Forse quello che vuole è cambiato. Forse dovresti preoccuparti un po' più per te stessa e soffrire meno per quello che fa lui»
«E diventare esattamente quello che sta diventando lui? Un'egoista senza coscienza del male che fa agli altri? No, grazie»
«L'indignazione per le mie parole ha un peso minore della delusione per quello che fa tuo fratello»
«Cioè, stavi solo cercando di farmi sentire più leggera?»
«Devi uscire a divertirti, è questo che volevo, sì»
«E non potevi farlo con i tuoi poteri?»
«Fuori dalla porta di casa, o nel momento in cui ti fossi allontanata da me, avresti di nuovo provato quel sentimento pesante. Dovevi liberartene da sola» sospiro e lo abbraccio.
«Ehi, tu! Stai cercando di rubarmi il marito?» Alice entra come un tornado - cioè nel suo solito modo - nella mia testa, e si infila tra me e Jasper, entrando nel nostro abbraccio. Come se veramente potessi considerare Jazz qualcosa di diverso da uno zio.
Zio ... Zio Paul, certo! Come ho fatto a non pensarci prima? Lui è sempre stato l'unico a riuscire a far ragionare Ethan, quando si impuntava su qualcosa! E adesso che ci penso è un secolo che devo sentire lui o zia Rachel. E mi mancano.
«Ehi, è ... speranza quella che sento?» mi chiede Jazz, guardandomi stupito. Annuisco. Alice non può prevedere quello che ho deciso di fare, ma, come se ne fosse in grado, mi sorride, e prende Jasper per mano, uscendo dalla stanza con lui.
Riprendo il telefono in mano, dopo averlo tirato fuori dagli anfratti della borsa in cui l'avevo lanciato prima e trovo cinque chiamate perse. Le ignoro, tanto so chi mi ha chiamata, e cerco il numero di zio Paul nella rubrica.
«Pronto?»
«Zia Rachel! Come stai? E i piccoli? E zio Paul?»
«Ehi, piano, Sarah! Una domanda per volta! Io sto bene, la tua cuginetta scalcia un po' troppo, ma sto bene! Nate e Zack sono due cicloni, come al solito, e ringrazio gli spiriti per avermi regalato tuo zio Paul, perché altrimenti non saprei come stare loro dietro! E adesso viene la parte in cui ti rimprovero per essere sparita per ben due settimane!»
«Zia, lo sai com'è ... sono all'università tutto il giorno, chiamo papà e Seth tutte le sere ... devo studiare ... e non è colpa mia se con la storia del branco mi ritrovo ad avere più zii e zie di quanti abbia il tempo per contattare! Vi chiamo a turno, ma anche così non sembra mai abbastanza. Mi mancate...»
«Ci manchi anche tu, Sarah, e ... Ouch!»
«Zia, tutto a posto?»
«Sì, tranquilla, era la tua cuginetta che voleva salutarti!» ride, e sorrido anch'io. La zia, come papà, ha sempre avuto la capacità di dire la cosa giusta al momento giusto.
«Senti ... non mi hai chiamata solo per fare quattro chiacchiere, vero?»
«A dire la verità volevo parlare un po' con lo zio Paul»
«Per via di Ethan?» rimango in silenzio. Come -
«Sarah, ne ho parlato con tuo padre. E' dispiaciuto e non sa come affrontare tutta la situazione con lui. Senza contare il casino che si è creato tra Sam e sua figlia. Da una parte capisco Esther, la voglia di tenersi stretto suo fratello, che è l'unico che è sempre stato sincero con lei, ma dall'altra la prenderei a schiaffi, se fosse mia figlia. Si è intestardita su cose che non dovrebbe neanche sapere. Se le hanno tenute nascoste c'era un motivo preciso, ed era proteggere la nuova generazione. Sono problemi che sono morti con il matrimonio di Sam e Emily e sono stati sepolti con quello di Leah e Embry. E' assurdo che se la sia presa per una questione alla quale neanche Leah pensa più, come dimostra il fatto che dopo quasi vent'anni lei e Emily si parlino di nuovo»
«Ma ci hanno messo vent'anni»
«Tesoro, quando ci sono questi problemi, tendono ad ingrandirsi con le parole che le persone si rivolgono. Poi c'è il silenzio, e l'abitudine ad esso. Leah aveva già iniziato a guarire quando è tornata dal suo viaggio alla ricerca di se stessa. Credo che quella Denise l'abbia aiutata molto, come ha aiutato Seth»
«Hai ragione»
Sento qualcuno che bussa alla porta, e so che è ora di scendere.
«Zia, scusami, ti devo salutare. Sono arrivati i miei amici, e sto per uscire!»
«Certo, Sarah. Non preoccuparti. Goditi la serata e non pensare troppo ai problemi di tuo fratello. Manderò comunque tuo zio a strigliarlo un po'! Abbiamo già aspettato troppo, per intervenire»
«Grazie, zia»
«Di niente, Sarah»
Chiudo la telefonata e getto di nuovo il telefono nella borsa. Afferro il cappotto e lo infilo, allacciando con cura i bottoni, prendo la borsa e respiro profondamente.
Sono pronta per uscire.

Broken Hearts - Loging ForOù les histoires vivent. Découvrez maintenant