[Capitolo 8] - ατελής*

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Il ragazzo urlò «Non devi fare così, è uno due tre- ripeté i passi e poi osservò il compagno cercare di copiarlo- No non così dall'altra parte» Taehyung sbuffò distrutto e si buttò per terra «Basta» disse.

Lui e Jimin avevano provato per ore le coreografie e il minore era esausto.

Jimin era stanco quanto lui ma era ostinato e maledettamente puntiglioso.

Non si fermava a meno che non si sentisse soddisfatto o peggio, non svenisse.

«Io non...non c'è la faccio Tae-iee» disse cadendo portandosi le mani nei capelli e nascondendo il viso nelle ginocchia.

Iniziò a dondolarsi avanti e dietro con le lacrime che minacciavano di uscire «Hey, va tutto bene...» cercò di calmarlo Taehyung.

«Sono un disastro» rispose il maggiore con rabbia scagliandolo lontano da sé.

Non riusciva ad arrendersi davanti agli errori e questo lo faceva entrare in crisi.

Con il cuore in gola l'amico si alzò e corse fuori dalla palestra alla ricerca dell'unica persona in grado di aiutarlo.

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Le lacrime erano gli specchi delle tristezze e per quanto cercasse di fermarsi «Jimin» i dolori alla gola glielo rendevano difficile «Jimin».

Una voce che lo chiamava «Jimin» era dolce ma nascondeva nota stonata da cui traspariva la preoccupazione «Jimin».

Non la conosceva, non era di uno dei suoi compagni e non sembrava neanche essere reale.

Mosse la mano come a scacciare via quel richiamo «Jimin» ma era dolce e troppo vicina per liberarsene.

«Jimin»

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«Mi spieghi che cosa sta succedendo?».

Seori aveva trovato Jimin accartocciato sul pavimento della palestra in una tempesta di lacrime e dopo vari tentativi, con un po' di fortuna, sotto lo sguardo attento di Taehyung, era riuscita a convincerlo ad uscire per prendere una boccata d'aria.

Non potendo evadere dall'ufficio aziendale, lo aveva guidato su per le scale antincendio fino al tetto lontano da occhi e orecchie indiscrete.

Si erano seduti sul cornicione interno del tetto ed erano rimasti in silenzio ad osservare i minuti passargli davanti agli occhi.

Da quell'altezza potevano vedere uno dei tanti parchi che abitavano le vie di Seoul ricolmo delle urla dei bambini che correvano dietro ai palloni e dei genitori che li rincorrevano a loro volta.

Aveva una lista infinita di cose da fare ma per quello che poteva valere, i suoi artisti erano più importanti di qualsiasi documento.

«Non ho nulla da dire» le rispose Jimin.

Era nervoso.

Non era abituato a dare spiegazioni delle sue scelte ed era stanco di essere tempestato di domande e ramanzine da chi non aveva il diritto d'intromettersi nella sua vita.

Seori fece un profondo respiro.

Doveva trovare il modo di farlo parlare per cercare una soluzione tempestiva al problema ormai troppo evidente per essere ignorato.

«Jimin-ssi ha bisogno di aiuto» le aveva detto Taehyung prima di prenderla per un braccio e portarla dal compagno.

«Davvero? -chiese sarcastica- eppure di cose da dire ce ne sarebbero tantissime».

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