[Capitolo 3] - Un caffè

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L'ascensore salì nuovamente verso il piano più alto dell'edificio.

L'addetta guardava le spalle della ragazza avanti a sé con confusione, chiedendosi chi fosse.

I capelli castani erano raccolti in uno chignon alto e gli occhi del medesimo colore erano stabilmente infissi sul tabellone numerato posizionato al di sopra della porta da dove si poteva tenere d'occhio la propria posizione.

Il «din» segnò la fine dell'ascesa e dopo averla salutata, la nuova arrivata lasciò che le porte le si chiudessero alle spalle.

Seori camminò fino alla porta dell'ufficio del CEO e bussò con riluttanza.

Attese il permesso di entrare continuando ad inveire interiormente contro sé stessa e le scelte compiute.

Quando la figura robusta del direttore le comparve avanti, alzò il capo leggendo un sorriso vittorioso dipintogli in volto.

Bang Sihyuk non la fece entrare ma la precedette nel tragitto verso un ascensore privato che li avrebbe condotti in maniera più spedita verso i piani più bassi.

«Siamo felici che abbia accettato la nostra offerta» le disse una volta all'interno.

Seori non aveva avuto scelta.

La sera del colloquio era stata l'ultima volta in cui aveva creduto di poter scegliere cosa fare della sua vita, rendendosi conto troppo tardi che le sue possibilità si erano limitate.

Il signor Jong il proprietario del bar era arrivato nel locale verso le cinque e mezzo di sera urlando e sentenziando che i suoi dipendenti lo volessero derubare.

Come se questo non bastasse se l'era presa con Seori perché a suo dire, essendo l'ultima arrivata faceva in modo che i suoi colleghi si ribellassero.

La situazione era arrivata ad un punto tale che Seori era stata costretta a lasciare il locale per permettere che l'uomo si calmasse ed evitare che venissero contattate le forze dell'ordine.

Quando era rientrata a casa si era resa conto che l'orologio segnava le sette meno due minuti.

Il caso l'aveva posta davanti all'ennesima scelta. Era ancora in tempo per rifiutare il lavoro ma nel rivalutare l'offerta non le sembrò una cattiva idea.

Avrebbe potuto continuare a nascondersi.

Avrebbe potuto trovato un nuovo lavoro e un nuovo appartamento, ma i suoi problemi non si sarebbero risolti anzi, sarebbero aumentati con il passare del tempo.

L'agenzia poteva risolverne alcuni ed aveva la sicurezza che nessuno all'interno del consiglio d'amministrazione avrebbe avuto da ridire se avesse avanzato qualche condizione.

E quindi eccola lì, in un corridoio sconosciuto dietro al suo nuovo capo diretta verso la stanza dove avrebbe incontrato i suoi protetti.

Camminarono lungo un ambulacro più scuro degli altri, esente da finestre o lucernari che permettessero un ricambio d'aria.

Su entrambi i lati c'erano delle porte di legno scuro, le cui uniche differenze erano dettate dalle targhette poste sulla parte alta.

Bang Sihyuk aprì diverse stanze prima di arrivare davanti ad una grande superficie in plastica rigida con la maniglia rossa.

Dall'interno fuoriuscivano un mix di suoni. Della musica e delle grida in sottofondo allo scalpitio delle scarpe da ginnastica a contatto con il pavimento liscio della palestra.

Il CEO bussò con una certa energia e la musica si abbassò radicalmente.

Le ordinò di aspettarlo fuori mentre si chiudeva la porta alle spalle lasciandola sola.

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