3.36 • LA GRANDE CASCATA

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Nate era partito all'inseguimento di Maia, e Devon e Iulian si erano precipitati dietro di lui. E io e Yumi, senza stare neanche a pensarci, ci eravamo catapultate fuori dal cancello dell'acropoli per raggiungerli. Non c'era niente che tre sine imperio, benché militarmente addestrati, potessero fare contro una Creatura del genere. Stavano sottovalutando il pericolo.

«Tu resta qui» avevo detto a Rei, piantandogli le mani sul petto, quando mi ero resa conto che ci stava seguendo. «Non puoi lasciare l'acropoli senza permesso».

«Credi che la scorsa volta l'abbia avuto?» mi aveva risposto. «A chi dovrei chiederlo, poi? Al Pontifex

E quindi, poiché non avevo avuto alcuna argomentazione per ribattere, alla fine, era venuto anche lui. Ci muovemmo a passo svelto in mezzo ai sentieri innevati; seguendo il mantello nero di Rei mosso dal vento, ci dirigemmo verso la Grande Cascata. Un incessante e assordante scrosciare ci accolse ben prima che riuscissimo ad arrancare fino all'affaccio più alto, dove la temperatura, già molto rigida, sembrava essere ulteriormente scesa di parecchi gradi. L'ampio terrazzamento era innevato e costeggiato di ulivi secolari dai tronchi contorti, sotto i quali erano state sistemate alcune panchine. Immaginando di ignorare, per un attimo, la presenza di Yumi, dei miei amici, della Creatura immonda e di Maia con la sua morte incombente, pensai che potesse essere un posto perfetto per un appuntamento romantico. Davanti a noi e alla nostra sinistra, una ringhiera montata su un muretto di sassi dal quale i nostri amici si stavano sporgendo per guardare di sotto; alla nostra destra la montagna rocciosa con la sua vegetazione a fare capolino dalla neve.

«Nate!» urlò Yumi, tirandogli uno scappellotto.

Lui sobbalzò e si voltò di scatto, sfoderando il gladio.

«Fallo di Priamo, Yumi!» urlò. «Vuoi farti uccidere?»

«Sei un idiota!» gridò anche lei, più forte della cascata. «Cosa pensavi di fare contro un mostro del genere?»

«Ciao, Ania» mi disse Iulian, osservando la mia faccia con le sopracciglia aggrottate.

«Ciao» gli risposi, e mi sforzai di accennare un sorriso che sperai non risultasse esageratamente orribile.

«Guardate» disse Devon, invitandoci ad affacciarci.

Proprio nel punto in cui il fiume fuoriusciva prepotentemente dalla montagna e precipitava in un salto di oltre cento metri, quella bestia orrenda stava...

«Che accidenti sta facendo?» domandai.

«Sta nidificando» rispose Rei.

«Non possiamo permetterlo!» gracchiò Yumi con una strana voce gutturale, perché non voleva attirare l'attenzione della bestia ma, allo stesso tempo, doveva essere udibile sopra il casino della cascata e dei versi orribili della Strige. Effettivamente, l'idea di una bella schiusa ripugnante di uova di mostro in piena Villa Gregoriana non avrebbe entusiasmato neanche me. «Non ci sono Venatores nella tua legione, Devon?»

«Certo che ci sono» rispose lui, lanciando un'occhiata preoccupata a Nate. «Cerchiamo di salvare Maia in tempo; del resto, poi, si occuperanno loro».

Sì, giusto. Dovevamo salvare Maia. Sempre ammesso che fosse ancora viva, cosa di cui non ero affatto sicura.

«Ania» mi chiamò Yumi, scuotendomi per un braccio. «Ci puoi provare tu?»

«Sì, ci provo» dissi. «Datemi due minuti di tempo».

Come c'era riuscito Enea, ero certa che, con un po' di impegno, sarei riuscita a comunicare con quell'orrore pennuto proprio come avevo fatto con la Viverna al Colosseo, nonostante avesse il collare al collo e fosse quindi, formalmente, di proprietà di qualcun altro. Ma io, a differenza dei maledetti maiali che le avevano imprigionate, non avevo la minima intenzione di diventare la padrona di quelle povere Creature. Io le avrei portate dalla mia parte senza violenza. Quelle bestie erano assetate di libertà e di vendetta. E io, in quanto Vendicatore, avrei potuto garantire loro entrambe le cose.

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